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Cosa sono le milizie Ypg e qual è il loro ruolo in Siria

Con Ypg si indica l’anagramma di Yekîneyên Parastina Gel, che in lingua curda vuol dire “Unità di autodifesa popolare”. Le milizie Ypg nascono nel 2004, ma soltanto nel 2012 vengono organizzate come vero e proprio esercito dei curdi siriani. Proprio dal luglio del 2012 le forze Ypg appaiono tra gli attori protagonisti della guerra civile siriana iniziata pochi mesi prima. Attualmente controllano gran parte della regione del cosiddetto Rojava, ossia la regione del Kurdistan siriano.

Gli equilibri della regione mediorientale sono destinati a cambiare nel 2003, a seguito dell’invasione americana dell’Iraq e della successiva caduta di Saddam Hussein. Con la deposizione dell’ex leader iracheno, viene creata la regione autonoma del Kurdistan nel nord del Paese. Questo fa temere ai paesi confinanti che ospitano minoranze curde la possibilità dell’emersione dell’indipendentismo curdo. Non fa eccezione la Siria: il governo di Damasco inizia a temere le velleità curde di maggiore autonomia se non addirittura di indipendenza. Non è un caso se nel 2003 nasce il Partito dell’Unità Democratica del Kurdistan (Pyd), che ben presto diventa formazione leader dei curdi siriani.

Ma la vera svolta si ha l’anno successivo. Nella città di Qamishli, la più importante dei curdi siriani, durante una partita di calcio tra la locale squadra e quella di Deir Ezzor, i tifosi ospiti iniziano a sventolare immagini ed effigi di Saddam Hussein. Ne nasce una violenta rissa, con la popolazione curda che vede nel gesto dei tifosi avversari un vero e proprio affronto.

Da qui prende il via un’intensa settimana di scontri che, dal campo di calcio, si trasferiscono tra le vie di Qamishli. Il governo di Damasco è costretto ad intervenire con l’esercito e ad usare il pugno duro: si tratta della tensione più importante negli ultimi vent’anni tra governo centrale e curdi siriani. Alla fine degli scontri si contano trenta morti tra la popolazione civile curda. Poco dopo, per reagire a quanto accaduto, nascono le milizie Ypg. 

La nuova forza di autodifesa dei curdi siriani appare come vero e proprio braccio armato del Pyd, propagandando l’ideologia di un Kurdistan libero od autonomo che segue i dettami del leader del Pkk, Abdullah Öcalan. “Confederalismo democratico” diventa in qualche modo la parola d’ordine del Ypg e del partito Pyd: l’obiettivo è portare nel Rojava questa impostazione ideologica.

Già dal marzo del 2011 la Siria è attraversata da importanti manifestazioni, le quali vengono organizzate in molte città. Di fatto il paese inizia a sperimentare quanto accaduto in altre nazioni del medio oriente, ossia la cosiddetta “primavera araba“. In Siria nel giro di pochi mesi le manifestazioni si trasformano in guerriglia e poi in un conflitto generale aperto, dove islamisti e jihadisti iniziano a penetrare all’interno del territorio e del tessuto sociale siriano.

In questo contesto, dominato dall’instabilità politica e militare della Siria, i curdi iniziano a loro volta ad organizzarsi. Nella primavera del 2012 le principali città curdo siriane assistono alle prime manifestazioni, dove se da un lato si scandiscono slogan contro Assad, dall’altro si chiede però una maggiore autonomia da Damasco. Approfittando delle difficoltà dell’esercito siriano in alcune delle principali città, quali la stessa capitale ed Aleppo, nel luglio 2012 entrano in campo le milizie Ypg. 

Organizzate come un vero e proprio esercito, le forze curde Ypg avanzano nelle principali città del Rojava. Tale avanzata viene favorita da un ritiro senza combattere da parte delle truppe di Damasco. In tal modo, lo Ypg entra definitivamente all’interno della guerra siriana e si pone come vero e proprio esercito della nascente regione autonoma curda del Rojava.

Quando le forze Ypg diventano un vero e proprio piccolo esercito dei curdi siriani, al suo interno si formano diversi sottogruppi ed aderiscono diverse sigle. Tra queste, spicca senza dubbio la Yekîneyên Parastina Jin (Ypj), che in curdo significa “Unità di protezione delle donne”. Si tratta di un gruppo formato da sole donne curde, le quali entrano in campo soprattutto quando il Rojava e le città curde vengono da vicino minacciate dall’Isis.

Il contributo da parte delle forze Ypj è importante sotto il profilo militare, ma lo è ancora di più sotto quello simbolico ed ideologico. Infatti, l’entrata in campo delle donne curde vuole testimoniare il ruolo della donna assunto nella società curda contrapposto a quello invece sostenuto e propagandato dagli estremisti islamici. La secolarizzazione e l’emancipazione delle donne curde, per il Rojava appare da subito come uno dei simboli identitari più significativi ed importanti.

Sono migliaia le donne che aderiscono a questa formazione, c’è chi parla addirittura di circa diecimila giovani donne che si sono arruolate volontarie nel Ypj. Come detto, è soprattutto contro l’Isis che le donne curde danno il proprio contributo a livello militare. Lo scoppio della battaglia a Kobane, una delle più significative che interessano il Kurdistan siriano, dona alle donne del Ypj una grande risonanza mediatica a livello internazionale. La lotta delle donne curde contro l’estremismo dell’Isis diventa ben presto uno degli elementi più conosciuti all’estero della battaglia che, nel Rojava, contrappone curdi e jihadisti per diversi anni.

L’estate 2014 è quella dell’avanzata dell’Isis tra Siria ed Iraq. I miliziani guidati da Al Baghdadi conquistano Mosul, Raqqa, diversi territori e città compresi tra i due paesi ed il loro leader proprio a Mosul proclama a giugno la nascita dello Stato Islamico. In questo contesto, i miliziani jihadisti riescono a spingersi anche in prossimità delle regioni a maggioranza curda in Siria.

Anche il Rojava dunque appare in difficoltà. Emblema di questa situazione è la battaglia di Kobane: qui l’Isis assedia la cittadina curda al confine con la Turchia a partire dal mese di settembre, arrivando anche a conquistare l’80% del suo centro urbano. Ma è proprio da qui che inizia anche la vera lotta del Ypg contro l’Isis. Le milizie curde infatti si organizzano, ricevono supporto ed aiuto dai curdi iracheni e dall’estero, oltre che l’apporto dei bombardamenti della coalizione internazionale a guida statunitense.

La battaglia di Kobane è uno spartiacque sia militare che mediatico. Sotto quest’ultimo profilo infatti, tutti i principali network internazionali dedicano dirette e servizi a Kobane ed al conflitto in corso tra Ypg ed Isis. Anche le unità di protezione delle donne acquista, come detto in precedenza, una certa eco internazionale e diviene simbolo della lotta curda contro gli estremisti islamici. Sotto un profilo militare invece, la vittoria delle forze Ypg a gennaio 2015 decreta la prima grande sconfitta dell’Isis dalla proclamazione del califfato. Da questo momento in poi, nel Rojava le Ypg iniziano un’avanzata che da lì a breve determina un progressivo indietreggiamento dell’Isis.

Un elemento importante anche per comprendere le avanzate dei curdi, riguarda il fatto che i territori del califfato a ridosso del Rojava vengono ad un certo punto considerati periferici dai vertici dell’Isis. Per tal motivo, la resistenza dei jihadisti nel nord della Siria appare molto più blanda rispetto a quella messa in atto nella Siria centrale ed in Iraq.

Nel nord della Siria in parte si segue dunque lo stesso modello perpetuato nel nord dell’Iraq: in entrambi i casi, Usa e diversi paesi occidentali decidono di armare i curdi contro l’Isis. In Iraq a beneficiare dell’appoggio di Washington sono i peshmerga, i quali guadagnano territori anche al di fuori della regione autonoma curdo irachena nata dopo Saddam Hussein. In Siria invece si decide di appoggiare le forze Ypg e di integrarle in una coalizione più vasta, in grado di contenere al suo interno anche alcune formazioni arabe. Nasce così nell’ottobre 2015, sulla scia delle avanzate curde nel nord della Siria, la coalizione definita Sdf (Syrian Democratic Forces).

All’interno di questa nuova formazione la componente curda è maggioritaria ma non monopolistica: al fianco delle Ypg infatti, ci sono alcuni gruppi ex Esercito Siriano Libero (Fsa), tribù locali ed altri combattenti siriani anteposti alle forze del governo di Damasco. Si tratta di una coalizione appoggiata pienamente dagli Usa, sia sotto il profilo politico che finanziario e militare.

Le forze Sdf dilagano tra il 2015 ed il 2016 nel Rojava, andando poi oltre i confini del Kurdistan siriano. Nel luglio 2016 viene conquistata la città di Manbji, a nord di Aleppo ed in maggioranza araba: è il primo caso di milizie Ypg che controllano un’importante città dove i curdi non sono maggioranza della popolazione. Le forze Sdf capitanate dalla componente curda del Ypg, si spingono quindi in gran parte della Siria nord orientale e quindi nella parte del paese al di là dell’Eufrate.

Progressivamente tutti i territori in mano all’Isis in questa parte della Siria, sono conquistati da Ypg e dall’intera coalizione delle forze Sdf. Nell’estate del 2017 è proprio questa coalizione ad iniziare la battaglia per la cattura di Raqqa, che tre anni prima è stata dichiarata capitale dello Stato Islamico da Al Baghdadi. Sostenuti dagli americani, curdi ed alleati avanzano nelle campagne attorno la città, ma la lotta urbana si rivela molto più difficile del previsto. Nonostante i miliziani islamisti appaiono assediati infatti, essi combattono strenuamente ed approfittano delle maggiori difficoltà dei curdi nelle battaglie urbane. Inoltre, la popolazione anche se non ha mai appoggiato l’Isis guarda con sospetto, essendo a maggioranza araba, l’avanzata della coalizione a guida curda.

Raqqa viene presa soltanto nell’ottobre 2017: il prezzo pagato dalla città appare molto salato. Gran parte del centro abitato è raso al suolo per via dei bombardamenti alleati, la popolazione è allo stremo e le incognite sul futuro sono perennemente dietro l’angolo. Nell’estate del 2018 le forze Sdf completano la conquista dei territori ex Isis ad est dell’Eufrate.

Nate come milizia di autodifesa dopo le prime tensioni tra curdi e governo centrale nel 2004, le forze Ypg oggi controllano assieme agli alleati della coalizione Sdf gran parte del territorio della Siria nord orientale. Non solo Kurdistan siriano, ma anche regioni e province storicamente arabe e non del tutto in sintonia con le minoranze curde. Sono dunque diverse le incognite sul ruolo che le Ypg hanno oggi e su quello che potrebbero avere nel dopoguerra.

Non mancano le difficoltà: per i combattenti Ypg amministrare territori conquistati durante il conflitto non è affatto semplice, sia nelle zone a maggioranza curda che a maggior ragione in quelle arabe. Proprio in tal senso non mancano accuse relative a crimini commessi dalle forze Ypg a danno della popolazione: secondo un rapporto di Amnesty International, in alcune occasioni i curdi avrebbero volutamente fatto allontanare tribù e famiglie arabe per rendere a maggioranza curda alcune aree fuori dal Rojava.

Oltre alle oggettive difficoltà di governo delle regioni occupate, le forze Ypg si trovano in un delicato equilibrio geopolitico. Da un lato esse sono appoggiate dagli Usa, che nei territori in mano a Ypg ed Sdf hanno anche installato alcune basi militari all’interno del suolo siriano. Dall’altro però, i curdi non hanno mai lottato contro Assad ed hanno invece sempre chiesto soltanto maggiore autonomia da Damasco. Dunque, il loro posizionamento oscilla tra Washington e la volontà – necessità di dialogo con Assad, mentre nel frattempo devono anche fronteggiare l’aggressività turca nel nord della Siria. Ankara con l’operazione “Ramoscello d’Ulivo” ha conquistato il cantone a maggioranza curda di Afrin, togliendolo alle milizie della Ypg: per i curdi dunque appare essenziale mantenere un certo equilibrio diplomatico per evitare ulteriori minacce della Turchia che, è bene ricordarlo, vede in queste forze un forte potenziale alleato del Pkk.

Molto dipende comunque da quanto succede lungo l’asse tra Mosca e Washington. Se i rapporti tra Cremlino e Casa Bianca dovessero portare a dei risultati positivi sulla Siria, si potrebbe anche assistere ad un sostanziale via libera per i curdi per trattare con Damasco. Già negli ultimi giorni sono stati fatti significativi passi avanti, con i curdi che hanno permesso ad alcuni soldati siriani l’ingresso nei loro territori al fine di recuperare i resti di coloro che sono deceduti nelle battaglie contro l’Isis nell’estate del 2014.

Ma tutto comunque appare un’incognita. In particolare, ci si chiede cosa ne sarà delle forze Ypg a guerra finita. Saranno inglobate nell’esercito siriano in caso di accordo con Damasco? Si staccheranno per davvero dall’influenza Usa nel caso di positivi riscontri del dialogo tra Russia e Stati Uniti? Oppure torneranno ad essere semplici milizie a servizio della (eventuale) futura regione autonoma curda? L’impressione è che la risposta a questi interrogativi è ancora molto lontana.

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