Cosa c’è da sapere sul sabotaggio di Nord Stream

Nella notte del 26 settembre 2022 tre forti esplosioni sono state registrate a largo dell’isola di Bornholm, zona economica esclusiva di Svezia e Danimarca, dove passano i giganteschi tubi del gasdotto Nord Stream e del suo raddoppio, il Nord Stream 2. Dei due, soltanto il primo era operativo dal 2011, mentre il secondo, i cui lavori sono stati terminati nel 2021, non era mai entrato in funzione. All’interno delle condutture passavano ancora svariati metri cubi di gas naturale per mantenere stabile la pressione, dopo la decisione presa un mese prima dalla Russia di fermare il flusso di gas verso la Germania.

La deflagrazione è stata talmente violenta da squarciare i tubi e generare una maxi nube di metano che si è estesa dalla Scandinavia all’Italia, salvo poi diluirsi, oltre a un km di bolle marine che per giorni hanno impedito l’ispezione del sito della falla. I sismografi svedesi hanno inoltre misurato una scossa di terremoto di magnitudo 1.9 della scala Richter intorno alle ore 02:03 e un’altra di magnitudo 2.3 alle 19:04.

Da settembre scorso, questa vicenda dai contorni opachi e intorno alla quale aleggia la voce di una presunta operazione segreta ordinata da Usa, Russia o Ucraina, è stata avvolta da un alone di mistero. Le indagini ufficiali non hanno avuto risvolti significativi e sulla stampa internazionale sono state avanzate numerose congetture sulle origini delle falle. Un incidente, un attentato o un sabotaggio: sono queste le tre piste più citate, ma dopo cinque mesi quella più accreditata è diventata la terza, ovvero un atto umano volontario condotto di nascosto, come confermato dagli investigatori tedeschi e svedesi. Una domanda però resta, forse non per molto, senza risposta: chi ha detonato davvero gli esplosivi quel lunedì notte nelle profondità del mar Baltico?



L’andamento delle indagini sul sabotaggio di Nord Stream è stato rallentato nelle prime settimane dai rischi ambientali. Le autorità danesi e svedesi hanno immediatamente aperto un fascicolo, ma la pressione nei tubi è tornata stabile soltanto il 3 ottobre. Copenhagen e Stoccolma sono comunque riuscite a giungere a una prima, parziale conclusione: “I danni riportati sui gasdotti Nord Stream 1 e 2 nel Mar Baltico sono stati causati probabilmente dalla detonazione di diverse centinaia di chili di esplosivo“, si legge in una lettera inviata dai due governi al Consiglio di sicurezza dell’Onu.

La tesi danese e svedese è stata ripresa anche dall’Unione europea. “Tutte le informazioni indicano che le perdite sono il risultato di un atto deliberato. Riceverà una risposta robusta e unitaria”, ha dichiarato l’alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell. Per determinare la responsabilità di questo sabotaggio un inedito asse transatlantico si è formato, quello tra Washington e Varsavia. Il presidente Usa Joe Biden e il governo polacco non hanno esitato ad attaccare Mosca, ritenuta l’unica colpevole delle esplosioni nelle acque territoriali danesi, ma proprietaria di entrambi i gasdotti attraverso il colosso dell’energia Gazprom.

“È stato un atto deliberato di sabotaggio e adesso i russi ci stanno riempiendo di disinformazione e bugie”, ha commentato pochi giorni dopo l’esplosione Biden. Dichiarazioni simili sono giunte anche dal primo ministro polacco, Matheusz Morawiecki: il premier esteuropeo il giorno dopo l’esplosione di Nord Stream celebrava l’apertura del Baltic Pipe, che a suo dire “metterà fine al dominio russo nel settore del gas”. Più esplicito invece il ministro degli Esteri di Varsavia, Zbigniew Rau: “Qualcuno – ha detto – cerca di intimidire i Paesi del Mar Baltico. Con l’eccezione della Russia, tutti questi Paesi sono membri della Nato o aspirano a farne parte”.

Il Cremlino, dal canto suo, lamentava di essere stato escluso dall’inchiesta e ha sempre respinto le accuse ricevute dalla Nato, rilanciando invece la teoria di un “attentato terroristico” contro gli interessi della Russia. Singolare la risposta del presidente russo Vladimir Putin, convinto che dietro il sabotaggio di Nord Stream ci fossero quelli che lui chiama con il generico e dispregiativo epiteto “anglosassoni”. “Per gli anglosassoni le sanzioni non sono più abbastanza, adesso sono passati al sabotaggio. Incredibile ma vero”, ha affermato con sarcasmo Putin.

La posizione russa parte tuttavia da un dato di fatto: agli Stati Uniti non era mai piaciuto Nord Stream 2. Prima Donald Trump e poi Biden, pressati dal Congresso e dai loro stessi partiti, hanno cercato in tutti i modi di evitare che Berlino desse luce verde al progetto di ampliamento del primo gasdotto. L’ex presidente repubblicano arrivò a denunciare i piani tedeschi in un acceso confronto pubblico sulla spesa militare degli Stati membri con il segretario della Nato Jens Stoltenberg nell’estate del 2018.

Nord Stream è stato progettato dalla Russia per trasportare fino a 110 miliardi di metri cubi di gas dal maxi giacimento russo di Yamal, in Siberia, all’Europa. Lungo i loro 1.224 chilometri di percorso i gasdotti si inabissano a Vyborg e Ust-Luga, in Russia, per poi riemergere a Greifswald, in Germania.

L’opera, costata circa 11 miliardi di dollari, è stata pensata come una soluzione strategica per garantire l’approvvigionamento di gas del Vecchio Continente, prima di tramontare per sempre in seguito alla guerra in Ucraina. Ma già nel 2021 Washington era preoccupata per le ripercussioni che Nord Stream avrebbe avuto sulla politica energetica tedesca ed europea. Basti pensare che soltanto grazie al raddoppio il fabbisogno italiano sarebbe stato ampiamente coperto da Nord Stream. “Sarebbe un pessimo accordo per l’Europa”, ammonì Biden appena insediatosi.

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Infografica di Alberto Bellotto

Distruggerlo, o sabotarlo, faceva quindi comodo agli Usa. È quello che sostiene il giornalista premio Pulitzer Seymour Hersh. Il reporter investigativo, famoso per aver rivelato al mondo il massacro di My Lai in Vietnam e lo scandalo di Abu Ghraib nel 2004, informato da una fonte della Cia, ritiene che la pianificazione del sabotaggio sia incominciata nel 2021 durante una serie di incontri tra il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan, e i vertici della Cia. L’inchiesta è stata pubblicata sul suo blog l’8 febbraio con il titolo “Come l’America ha fatto fuori il gasdotto Nord Stream”.

Hersh accusa gli Stati Uniti di aver organizzato il sabotaggio in coordinazione con la Norvegia: secondo lui, dei sommozzatori della marina statunitense avrebbero piazzato delle cariche di esplosivo sui tubi approfittando dell’esercitazione Nato Baltops 2022. A innescare gli esplosivi sarebbe stata poi una boa sonar sganciata il 26 settembre da un aereo dell’aviazione norvegese. Per ora la versione di Hersh non ha avuto altri riscontri e si basa sul racconto di una fonte dell’intelligence come altre, una nuova “Gola profonda” di nixoniana memoria.

La Casa Bianca ha smentito categoricamente la tesi del giornalista americano, come aveva già fatto nel 2013 e nel 2015, quando Hersh mise in dubbio l’operazione che portò all’uccisione di Osama bin Laden e accusò i ribelli siriani di un attacco chimico ideato dalla Turchia. “È una notizia assolutamente falsa e completamente inventata”: così Adrienne Watson, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, unendosi alle smentite di Cia e dipartimento di Stato, ha spento le polemiche, che si sono trascinate per qualche settimana venendo abbracciate soprattutto dai media russi.

A rincarare la dose ci ha pensato il presidente russo: Mosca sostiene di aver trovato un’antenna per detonazioni a 30 km dal sito delle esplosioni. Putin non ha dubbi: “Solo degli specialisti avrebbero potuto attaccare i gasdotti. È difficile per la Russia portare avanti le proprie indagini sull’attacco terroristico al Nord Stream se non le è permesso l’accesso”, ha denunciato il leader del Cremlino.

Il 7 marzo 2023 il New York Times allerta i suoi iscritti con una notifica: “Breaking News: Intelligence Suggests Pro-Ukrainian Group Sabotaged Pipelines, U.S. Officials Say“, ovvero secondo l’intelligence americana il sabotaggio di Nord Stream sarebbe imputabile a un gruppo pro-Kiev. Non Zelensky o i suoi sottoposti, ma un gruppo di sabotatori filo-ucraini.

Il governo ucraino nega qualsiasi coinvolgimento diretto. “Non c’entriamo nulla con l’operazione di sabotaggio ai danni dei gasdotti Nord Stream: sarebbe un bel complimento per i nostri servizi speciali, ma quando si concluderanno le indagini si vedrà che l’Ucraina non ha nulla a che fare con tutto ciò”, ha ironizzato il ministro della Difesa di Kiev Oleksij Reznikov a margine del consiglio informale della Difesa a Stoccolma, dove sono state chieste nuove munizioni e armamenti agli alleati.

Risposta beffarda anche dal consigliere del presidente Zelensky, Mykhailo Podolyak, che ha preferito liquidare la notizia con un tweet in cui ammette di trovare “divertenti” le “teorie del complotto contro il governo ucraino”. “Cos’è successo ai gasdotti Nord Stream?”, si chiede Podolyak. “Sono affondati, come dice la Federazione russa…”.

La Russia ha attaccato l’articolo pubblicato sul New York Times, bollandolo come “disinformazione”, e ha continuato a richiedere un’indagine urgente e trasparente con la partecipazione di tutti coloro che possano far luce sull’accaduto. “Le notizie dei media sugli attacchi al gasdotto Nord Stream sono uno sforzo coordinato per sviare l’attenzione e il Cremlino è perplesso su come i funzionari statunitensi possano supporre qualsiasi cosa sugli attacchi senza un’indagine. C’è odore di un crimine mostruoso“, ha fatto sapere il portavoce della presidenza russa Dmitry Peskov, raggiunto dall’agenzia Ria Novosti.

L’esclusiva del quotidiano americano è stata però poi integrata dalle indiscrezioni del giornale tedesco Die Zeit, il quale ha aggiunto dei dettagli importanti sugli identikit dei responsabili. Gli investigatori tedeschi, riportano Zeit, Ard e Swr, sono riusciti a ricostruire gran parte dell’operazione, identificando un gruppo di cinque uomini (tra cui un medico) e una donna che si sarebbero serviti di passaporti falsi per noleggiare, grazie a una società ucraina, uno yacht polacco salpato da Rostock il 6 settembre scorso.

I sei avrebbero usato l’imbarcazione come base per piazzare gli esplosivi nelle profondità del Baltico e sarebbero originari della Russia e dell’Ucraina. La procura generale federale tedesca (Gba) ha confermato di aver perquisito lo yacht incriminato tra il 18 e il 20 gennaio scorso poiché c’è il “sospetto che possa essere stata utilizzata per trasportare gli ordigni esplosi il 26 settembre 2022”. La rivista Der Spiegel  scrive addirittura che si tratterebbe di una barca a vela di 15 metri, con 11 posti, 5 cabine e un motore a diesel, che costerebbe 3 mila euro a settimana. Un portavoce dell’azienda Mola Yachting GmbH ha confermato che si tratterebbe della barca Andromeda.

Che sia finalmente questa la svolta che tutti stavano aspettando sul sabotaggio Nord Stream? Gli inquirenti in realtà sono molto più cauti. Per il momento, infatti, non sono stati ancora individuati il movente, né tanto meno si conoscono le identità degli autori. Sull’inchiesta regna il silenzio assoluto, si suppone per via del possibile coinvolgimento di un attore statale da cui dipenderebbero i sei sospettati, evidentemente dei professionisti ben addestrati per missioni speciali come questa.

“Dobbiamo distinguere chiaramente se si tratta di un gruppo ucraino, se è avvenuto su ordine ucraino o se si tratta di un gruppo filo-ucraino che ha agito all’insaputa del governo”, ha risposto ai giornalisti il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, che sembrerebbe propendere per l’idea che si sia trattato di un’operazione false flag con lo scopo di screditare l’esecutivo ucraino. “Dobbiamo aspettare e vedere cosa verrà effettivamente confermato. Non credo sia utile commentare ipoteticamente i se. Tutto deve essere chiarito”, ha concluso.

Anche la Nato prende ufficialmente posizione, schierandosi per la stessa cautela predicata da Berlino. “Ciò che sappiamo è che c’è stato un attacco contro i gasdotti del NordStream, ma non siamo stati in grado di determinare chi fosse dietro l’attacco”, ha evidenziato il segretario generale Stoltenberg. “Vi sono in corso indagini nazionali e credo che sia giusto attendere che siano concluse prima di dire altro su chi ci sia dietro l’attacco”, ha aggiunto. Insomma, ci stiamo avvicinando alla scoperta della verità.

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