Che cos’è lo Stato islamico? La genesi della rete del terrore

L’Isis è un’organizzazione terroristica di stampo islamista sorta nel 2014, sulle ceneri della “vecchia” filiale di Al Qaeda in Iraq. Opera in Medio Oriente ma anche, con le sue tante ramificazioni, in Europa, in Africa, in Russia e negli Usa. Si è resa protagonista, negli anni, di numerosi attentati terroristici ed è diventata tristemente famosa quando nel luglio 2014 il suo leader, Abu Bakr al Baghdadi, ha proclamato la nascita del califfato islamico (Chi è Abu Bakr al Baghdadi).

La storia dell’Isis inizia nel 2004 , subito dopo la caduta di Saddam Hussein in Iraq, avvenuta il 9 aprile 2003 dopo un’intensa guerra combattuta dagli Stati Uniti d’America.

Durante i primi mesi di occupazione, tra i sunniti inizia a prendere piede la preoccupazione di essere messi all’angolo dalla maggioranza sciita. Saddam, infatti, appartenendo alla minoranza sunnita, aveva governato il Paese in perenne contrasto con gran parte degli sciiti, che rappresentano la religione più diffusa in Iraq.

Il vuoto di potere scaturito dalla caduta del Raìs favorisce inoltre le condizioni per l’emersione dell’estremismo islamico e, in particolare, dei gruppi legati alle ideologie jihadiste di Al Qaeda. Diverse le sigle che cominciano a mettere nel mirino sia gli sciiti che i soldati americani. L’Iraq, in poco tempo cade in una spirale di violenza in grado di destabilizzare ulteriormente le fragili istituzioni del Paese post Saddam.

Nel caos generale del dopoguerra, ad emergere è una figura che diverrà ben presto tristemente nota per mostrare in appositi video la decapitazione di alcuni ostaggi: si tratta, in particolare, del terrorista giordano Abu Musab al Zarqawi. Leader del gruppo jihadista al-Jamāʿat al-Tawḥīd wa l-Jihād (Gruppo per l’Unicità di Dio), nel maggio del 2004 uccide in una tremenda esecuzione  Nicholas Berg, un giovane imprenditore americano di origine ebraica ostaggio del gruppo. Il video della decapitazione di Berg diventerà un punto di riferimento per l’Isis.

Un frame dl video della decapitazione dell'imprenditore Nicholas Berg
Un frame dal video della decapitazione dell’imprenditore Nicholas Berg

Nell’ottobre 2004, Al Zarqawi giura fedeltà ad Al Qaeda ed al suo leader Osama Bin Laden: il suo gruppo diventa di fatto la filiale irachena dell’organizzazione guidata dallo sceicco del terrore. Nasce dunque il gruppo Al Qaeda in Iraq, guidato dallo stesso Al Zarqawi.

Centinaia di terroristi, sia iracheni che stranieri, si legano ad Al Qaeda. In Iraq, il gruppo è protagonista di decine di attentati contro obiettivi militari americani e del ricostituito esercito iracheno. Spesso a finire nel mirino sono anche i civili. Al Qaeda in Iraq rivendica inoltre diversi rapimenti culminati, come nel caso di Nicholas Berg, con la decapitazione degli ostaggi seduti dinnanzi ad una telecamera con la tuta arancione.

Al Zarqawi ben presto diventa l’uomo più ricercato dell’Iraq: gli americani mettono sulla sua testa anche diverse taglie. La caccia al terrorista giordano finisce il 7 giugno 2006 nei pressi di Baquba, cittadina irachena non lontana da Baghdad. Al Zarqawi viene rintracciato all’interno di un edificio che verrà prontamente bombardato dall’aviazione americana: il leader di Al Qaeda in Iraq morirà in seguito alle ferite riportate nell’attacco.

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Abu Al Masri, leader di Al Qaeda in Iraq dopo la morte di Al Zarqawi

A subentrare ad Al Zarqawi è, poche settimane dopo, una vecchia conoscenza di Ayman al-Ẓawahiri, numero due di Al Qaeda: si tratta di Abu Al Masri, egiziano (come il vice di Bin Laden) e suo fidato collaboratore già dai tempi della Jihad islamica egiziana negli anni ’80. Al Masri sarà protagonista del cambiamento del nome del gruppo: da Al Qaeda in Iraq a Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isil).

Il 2007 è l’anno dell’esplosione delle violenze settarie in Iraq, specialmente tra la comunità sciita e quella sunnita. Attentati, rapimenti, uccisioni di civili. La situazione nel Paese appare drasticamente difficile. L’Iraq è nel caos e, in questo contesto, l’organizzazione guidata da Al Masri appare molto più forte e radicata nelle province sunnite.

L’Isil colpisce non solo obiettivi militari, ma anche cinema e teatri, così come posti frequentati da numerosi cittadini: il gruppo è protagonista di un’intensa stagione del terrore in tutto l’Iraq.

Il 18 aprile del 2010, però, Al Masri viene scovato nella città di Tikrit. Ne segue un lungo scontro a fuoco tra i suoi uomini ed i soldati iracheni ed americani, al termine del quale Al Masri viene ucciso. Al suo posto viene nominato un giovane terrorista capace in pochi anni di scalare le vette del gruppo del terrore: si tratta di Ibrahim Al Badri, che da questo momento in poi verrà chiamato con il nome di battaglia di Abu Bakr Al Baghdadi.

Nel 2011 inizia la guerra in Siria: dopo lo scoppio delle prime proteste, la situazione degenera, diventando un vero e proprio conflitto armato che vede la contrapposizione tra l’esercito fedele al presidente Bashar al Assad e le forze dell’opposizione.

Al Baghdadi intuisce l’opportunità data dall’indebolimento dello Stato siriano ed inizia, a partire dal 2012, ad inviare propri uomini a combattere contro Damasco. L’Isil conquista le regioni orientali del Paese al fianco di altre organizzazioni jihadiste. Nasce così l’alleanza con il Fronte Al Nusra, la filiale siriana di Al Qaeda.

L’obiettivo di Al Baghdadi è quello di ampliare il raggio d’azione del suo movimento terroristico e portare la jihad in una Siria sempre più nel caos.

Al Nusra ed Isil collaborano assieme e dilagano in Siria, specialmente a partire dai primi mesi del 2013, quando viene conquistata Raqqa e gran parte della provincia di Deir Ezzor. Le sigle jihadiste strappano inoltre la provincia di Idlib all’Esercito siriano libero.

Ben presto iniziano però a sorgere frizioni tra Al Nusra ed Isil: Al Baghdadi infatti, annuncia unilateralmente la fusione tra i due gruppi e la  creazione dell’Isis, ossia lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria. Il progetto non va a genio né ai vertici di Al Qaeda, né a quelli della filiale siriana del fronte Al Nusra. Le due sigle jihadiste entrano quindi in conflitto e si contendono il controllo dei territori strappati all’esercito siriano durante le avanzate avvenute tra il 2013 ed il 2014.

Tra i due gruppi prevale l’Isis. I miliziani fedeli ad Al Baghdadi iniziano ad espandersi sia in Siria che in Iraq, stabilendo un totale controllo militare e para statale nei territori occupati. In Siria il dominio è essenzialmente su Raqqa, mentre in Iraq l’Isis controlla ad inizio estate del 2014 Mosul, Ramadi, Falluja e gran parte della provincia sunnita dell’Al Anbar.

Spinto da questi successi, Abu Bakr Al Baghdadi il 5 luglio 2014 diffonde un video in cui, dalla moschea principale di Mosul, proclama la nascita del califfato e dello Stato islamico. L’Isis di fatto tenta di trasformarsi in un vero e proprio Stato, attuando una struttura di potere para statale e ben ramificata nei territori conquistati. Raqqa  diventa la capitale del Califfato in Siria.

I territori controllati dall'Isis in Siria e in Iraq nell'estate del 2015 (Isisliveuamap)
I territori controllati dall’Isis in Siria e in Iraq nell’estate del 2015 (Isisliveuamap) – Clicca sull’immagine per i dettagli

L’apice dell’espansione dell’Isis si raggiunge nell’estate del 2015, quando le bandiere nere di Al Baghdadi sventolano dalla periferia di Baghdad a quella di Aleppo e Damasco, passando per il deserto tra Siria ed Iraq e per la città di Palmira.

Così come in Siria, anche in Libia si vive nel 2014 una situazione di grave stallo politico ed istituzionale. La caduta del regime di Gheddafi, avvenuta nell’ottobre 2011 e culminata con l’uccisione del Raìs, determina il collasso dello Stato libico che a sua volta, come in Iraq nel 2003 ed in Siria nel 2011, favorisce l’ascesa di gruppi integralisti.

Diverse fazioni jihadiste che operano già in Libia, nell’estate del 2014 decidono di giurare fedeltà ad Al Baghdadi. Prima a Derna, poi a Sirte, anche la Libia è costretta a vedere la nascita all’interno dei propri confini del califfato islamico.

In questo caso, però, l’estensione territoriale dello Stato islamico sulle coste del Mediterraneo non sarà mai tale da poter essere paragonata a quella tra Siria ed Iraq. Nell’estate del 2016, dopo il via libera formale del governo di Al Serraj, di base a Tripoli ma di fatto senza alcun controllo territoriale, i raid americani cominciano a colpire Sirte e il territorio circostante. Nel giro di pochi mesi, le milizie di Misurata (fedeli ad Al Serraj) scalzano l’Isis da Sirte e determinano la fine del califfato in Libia. Ancora oggi però, i seguaci di Al Baghdadi restano molto radicati specialmente nel sud del Paese.

Ben presto il terrore dell’Isis non si limiterà soltanto ai territori conquistati tra Siria, Iraq e Libia: il califfo Al Baghdadi preme per l’esportazione del terrorismo all’estero, soppiantando in tal senso la leadership di Al Qaeda nella rete jihadista globale. Dal 2014 in poi, chiunque abbia compiuto attentati tra Europa ed Africa l’ha fatto indossando le vesti dell’Isis.

Il primo grave attentato è quello di Parigi del 7 gennaio: due miliziani del califfato penetrano nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo, uccidendo molti redattori in risposta ad alcune vignette giudicate oltraggiose nei confronti Maometto. Due giorni dopo, gli autori della strage saranno uccisi da un blitz delle forze di sicurezza francesi. Sempre nella capitale francese, un commando dell’Isis  entra in azione nella sera del 13 novembre 2015: vengono colpiti lo Stade de France, il teatro Bataclan e diversi locali affollati durante quel venerdì sera. A fine giornata, si conteranno 130 vittime civili.

Da Parigi a Bruxelles: il 22 marzo 2016, un kamikaze si fa esplodere all’interno dell’aeroporto mentre un altro colpisce una stazione della metropolitana della capitale belga. È l’ennesima strage. Anche in questo caso, sarà l’Isis a rivendicare l’azione terroristica. Pochi mesi dopo a Nizza, durante i festeggiamenti del 14 luglio, un tunisino alla guida di un tir entra nel lungomare della città francese uccidendo più di ottanta persone che aspettano i fuochi d’artificio. Il 19 dicembre, invece, il terrore dell’Isis colpisce Berlino: ancora una volta un tir su una folla fa strage di civili all’interno dei mercatini di Natale. Saranno invece 39 le vittime durante la notte di Capodanno ad  Istanbul, quando entra in azione un terrorista uzbeko legato all’Isis.

Sopra, la mappa con tutti gli attentati avvenuti nel mondo durante il 2016 in tempo reale.

Il 2017 è l’anno nero del terrorismo dell’Isis in Europa: a Londra il 22 marzo un suv nei pressi di Westminster investe dei passanti; a San Pietroburgo il 3 aprile un kamikaze causa 14 vittime nella metropolitana; a Stoccolma, pochi giorni dopo, saranno quattro le persone uccise dall’azione di un tir lanciato sulla folla. Il 22 maggio il terrorismo dell’Isis colpisce nuovamente la Gran Bretagna: a Manchester, durante il concerto di Ariana Grande, un kamikaze si fa saltare in aria uccidendo 22 persone. Il 3 giugno ad essere colpita è ancora Londra, con otto morti causati dall’azione di un altro terrorista dell’Isis in una via del centro. A Barcellona, invece, un furgone sulle Rambla causa la morte di 14 persone.

Ma non è soltanto l’Europa ad essere nel mirino dell’Isis: il gruppo terroristico si mostra molto attivo in Tunisia, dove colpisce il museo del Bardo il 18 marzo 2015 e a Susa pochi mesi dopo. Diverse le azioni dell’Isis anche in Egitto, nel Mali ed in Nigeria, dove opera tramite il gruppo Boko Haram, che ha giurato fedeltà al califfato nel 2014.

Gli attentati vengono eseguiti o da cellule ben addestrate, soprattutto tra Siria ed Iraq durante gli anni delle avanzate dell’Isis, oppure dai cosiddetti “cani sciolti” o “lupi solitari” che operano con l’appoggio di una rete ben ramificata sui vari territori.

Sotto il profilo militare, l’Isis appare ad oggi oramai sconfitto. Se nel 2016 i miliziani del califfato rallentano le avanzate, il 2017 è l’anno del totale indietreggiamento: l’esercito siriano da un lato e le forze Sdf (filo curde e filo americane) dall’altro infliggono duri colpi allo Stato islamico. Nell’estate del 2017, l’Isis perde il 70% dei suoi territori in Siria. Nel settembre 2017 Deir Ezzor non è più sotto assedio, mentre nel mese successivo viene conquistata Raqqa.

Anche in Iraq l’Isis perde quasi interamente il suo territorio: Ramadi, Falluja e Mosul vengono riconquistate dall’esercito iracheno, la provincia di Al Anbar torna sotto il controllo di Baghdad e nel Paese oramai il califfato non esiste più.

Si ignora al momento la sorte del califfo Al Baghdadi: dato per morto più volte, l’ultima nel giugno 2017, il leader dell’Isis è stato di recente segnalato al confine tra Siria ed Iraq. Sulle sue tracce ci sarebbero anche i governi di Damasco, Mosca e Baghdad. Il suo ultimo messaggio audio risale al settembre 2017.

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I foreign fighter dello Stato islamico (Infografica di Alberto Bellotto)

Anche se oramai il califfato non esiste più, l’Isis continua a fare paura: preoccupano soprattutto i terroristi che, scappati dopo la capitolazione tra Siria ed Iraq, stanno tornando in Europa e nei Paesi di origine. Sono i cosiddetti “foreign fighters“, i combattenti stranieri, pronti a colpire il Vecchio Continente.

Il 27 ottobre 2019 un raid nella cittadina siriana di Barisha centra il bunker individuato come ultimo nascondiglio di Abu Bakr Al Baghdadi. Il fondatore dell’Isis si trova lì assieme a una parte della sua famiglia e con propri fedelissimi. L’ubicazione della sua ultima dimora è alquanto insolita. Barisha infatti non si trova in uno dei territori precedentemente occupati dallo Stato Islamico. Al contrario, la località è tra quelle in mano agli ex miliziani del Fronte Al Nusra, rivali dell’Isis a partire dal 2013.

Il blitz viene condotto dalle forze speciali Usa. Probabile però il coinvolgimento anche dei servizi segreti turchi, vista la vicinanza di Basisha con il confine turco. Possibile il benestare da parte russa, visto che l’operazione richiede l’intervento di mezzi aerei Usa e il controllo di gran parte dello spazio aereo siriano è nelle mani di Mosca. Più volte in passato Al Baghdadi viene dato per deceduto. Ma nella serata del 27 ottobre vi è assoluta certezza che il compound attaccato sia proprio quello del califfo. Dal canto suo, come annotato dai soldati Usa intervenuti, Al Baghdadi prova la fuga tramite un tunnel sotterraneo. Sentendosi braccato però, il leader dell’Isis decide di farsi esplodere assieme ad almeno due dei suoi figli.

Finisce così la lunga scalata jihadista del terrorista iracheno. Poche ore dopo a confermare l’esito del blitz è il presidente statunitense Donald Trump. Su Twitter prima e in una conferenza stampa dopo, il tycoon newyorkese dà conferma di quanto avvenuto in territorio siriano. Pochi giorni dopo anche i media vicini all’Isis confermano l’avvenuta morte di Al Baghdadi.

La morte di Al Baghdadi non spegne definitivamente la galassia jihadista legata allo Stato Islamico. Al contrario, l’Isis sposta il suo baricentro in Africa. Nel continente molte cellule legate al gruppo islamista iniziano a ramificarsi. Nascono diverse “province” dell’Isis, come quella del cosiddetto “Grande Sahara” oppure quella dell’Africa Occidentale, nota quest’ultima con la sigla Iswap. Ci sono poi cellule dell’Isis diffuse in Somalia, contrapposte ai jihadisti di Al Shabab, e nell’Africa australe. Qui il gruppo più temibile è quello ramificato da alcuni anni a questa parte in Mozambico.

A preoccupare maggiormente è la situazione nel Sahel e in Nigeria. L’instabilità in Mali dal 2012 in poi determina una forte avanzata del terrorismo islamico in tutta la regione. Non è un caso che diverse missioni militari vengono avviate nello stesso Mali, a partire da quella francese denominata Barkhane, e in Niger. Un importante successo contro la presenza dell’Isis nella regione si ha con l’uccisione, avvenuta nel 2021, di Abu Walid Al Sahrawi. Quest’ultimo viene ritenuto come il più alto rappresentante dell’ex califfato nel Sahel tanto da essere più volte citato dallo stesso Al Baghdadi in alcuni suoi messaggio audio. La situazione in Africa è comunque molto seria. Da qui potrebbero arrivare in futuro le più gravi minacce terroristiche.

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