Che cos’è il Libyan National Army

Il Libyan National Army (Lna) è il sedicente esercito fondato e guidato dal generale libico Khalifa Haftar. Quest’ultimo è uno degli attori più importanti coinvolto nel dossier libico. Ha il suo quartier generale nella base militare di Al-Rajma, alle porte di Bengasi. Attualmente l’Lna controlla l’est della Libia e gran parte della regione desertica del Fezzan.

La sigla Lna è successiva alla caduta di Gheddafi e ai primi tentativi di formazione di un nuovo esercito libico. Si parla di Lna infatti soltanto nel 2014, quando sulla scena rientra il generale Haftar. Quest’ultimo, nella primavera di quell’anno, schiera propri soldati a Tripoli e intima il governo di sciogliere il parlamento eletto nel 2012. Il motivo è dato dalla presenza maggioritaria di deputati islamisti e dalla scadenza del mandato, almeno secondo la visione di Haftar.

Il parlamento viene effettivamente sciolto, i libici votano un’assise con una maggior componente laica ma la situazione nel Paese è critica. Il nuovo parlamento non può insediarsi a Bengasi, nella sede individuata dagli accordi pre elettorali, in quanto la città è occupata da forze islamiste. La camera quindi vola a Tobruck, ma in tutta la Cirenaica imperversano gruppi jihadisti e di miliziani estremisti.

È in questo contesto che Haftar lancia il proprio esercito che, nelle sue intenzioni, deve un giorno diventare l’esercito dell’intera Libia. Per questo attribuisce il nome di Libyan National Army. Haftar si erge così come paladino dell’unità nazionale e il suo primo obiettivo è quello di riunificare la Cirenaica, esposta alle scorribande islamiste.

Il generale gode di un certo credito nell’est del Paese. Fino agli anni ’80 risulta come uno dei principali consiglieri militari di Muammar Gheddafi. Tanto da guidare diversi reparti dell’esercito libico nella guerra contro il Ciad. Ma è proprio durante questo conflitto che i rapporti tra Haftar e Gheddafi si interrompono. Il generale viene infatti fatto prigioniero nella sanguinosa battaglia di Wadi Al Dum. Durante la prigionia decide di schierarsi contro il rais e viene liberato. Per l’allora capo di Tripoli, si tratta di un affronto non perdonabile.

Haftar va quindi a vivere negli Usa in esilio, in una località della Virginia non lontana dalla sede della Cia. Assume anche la cittadinanza statunitense e diventa uno dei principali oppositori di Gheddafi all’estero. Caduto il rais nel 2011, Haftar decide di tornare in patria e coordinare un gruppo di militari formato da disertori dell’ex esercito di Gheddafi e da membri delle tribù sia della Cirenaica che della Tripolitania. È quindi lui il vero dominus dell’Lna. Un dominio interno incontrastato per diversi anni.

Oltre a poter spendere il suo credito come oppositore di Gheddafi e come militare dall’esperienza pluriennale, Haftar prova a ricostituire l’esercito sfruttando anche gli aiuti provenienti dall’estero. Il primo riguarda quello degli Emirati Arabi Uniti. Da Abu Dhabi nel 2014 iniziano a essere inviati soldi e mezzi a suo favore. In questa maniera, il generale può pagare miliziani e capi tribù facendoli passare dalla propria parte. Non solo, ma ha anche la possibilità di garantire stipendi ed emolumenti ai membri che indossano la divisa al suo servizio.

C’è poi l’appoggio dell’Egitto di Al Sisi. Il Cairo ha infatti necessità di sigillare i propri confini occidentali e di vedere l’est della Libia stabile e senza la minaccia islamista. Nel corso degli anni, Al Sisi si rivela come uno dei principali alleati di Haftar, anche in campo politico e non solo in termini economici e militari. È ufficioso invece l’appoggio della Francia. Parigi, in particolare, riconosce unicamente le istituzioni, politiche e militari, con sede a Tripoli. Ma avendo molti interessi in Cirenaica, tra i corridoi diplomatici più volte corre l’idea di un possibile sostegno dell’Eliseo al generale.

Dal 2016 in poi risulta conclamato invece l’appoggio della Russia. In quell’anno, Haftar viene anche invitato a bordo della nave portaerei Kuznecov. Mosca stampa i Dinari in circolazione nell’est della Libia, nelle zone cioè controllate da Haftar, e invia i contractors della Wagner. I mercenari collegati al Cremlino risultano ancora oggi presenti e molto importanti per il sostegno all’Lna. Infine, l’esercito del generale libico si regge anche sul sostegno di mercenari sudanesi e ciadiani.

Haftar parla di esercito vero e proprio. Non a caso fa spesso riferimento a brigate, battaglioni e forze speciali. Le Nazioni Unite si guardano bene dall’usare esplicitamente questi termini, al fine di evitare un riconoscimento dell’esercito. In un documento ufficiale relativo a una risoluzione del 2019, la forza in mano al generale viene chiamata “Forza Armata di Haftar” e i battaglioni sono indicati con lettere minuscole.

Ad ogni modo, l’Lna ha al suo interno alcune squadre speciali. Come ad esempio la Al Saiqa, una forza di intervento considerata l’unità di élite. Inoltre, il Libyan National Army dispone di una propria forza aerea. Tuttavia, più della metà degli effettivi è composta da ex milizie rimaste poi fedeli ad Haftar ed inquadrate quindi all’interno dell’Lna.

Si tratta spesso di milizie rappresentanti tribù storiche della Libia o milizie formatesi durante la guerra civile contro Gheddafi. Gran parte di questi gruppi sono radicati e ramificati nell’est della Libia, nella regione della Cirenaica. Ma esistono anche milizie e tribù dell’ovest che hanno in Haftar il proprio riferimento. Come nel caso di Tahrouna o di gruppi che per alcuni periodi hanno controllato cittadine della Tripolitania come Sabratha e Zawiya.

Dentro l’Lna ci sono anche milizie del movimento dei Madkeliti. Si tratta di un movimento sunnita salafita, ben radicato nell’est del Paese. I madkeliti rappresentano ad oggi l’unico gruppo di ispirazione islamica all’interno delle forze di Haftar, generalmente indicate come laiche. Tuttavia gli stessi madkeliti si contrappongono ai Fratelli Musulmani, più vicini invece ai gruppi stanziati a Tripoli ed è per questo che riescono a trovare ampio spazio tra le fila dell’Lna. Come detto in precedenza inoltre, sono organici alle forze del generale anche i gruppi di mercenari provenienti dal Sudan o dal Ciad.

Il primo importante intervento militare dell’Lna ha inizio nel 2014. In quell’anno, Haftar dà il via infatti alla cosiddetta “operazione Dignità”. Obiettivo del generale è sconfiggere tutte le varie milizie islamiste presenti in Cirenaica e arginare l’avanzata dei gruppi terroristici. L’operazione riceve ampio supporto dalle autorità dell’est della Libia, per via soprattutto dell’occupazione di città importanti quali Bengasi e Derna da parte di sigle islamiste e vicine alla fratellanza musulmana.

A dare subito manforte ad Haftar è il parlamento di Tobruck eletto nel 2014. La stessa Camera nel 2016 conferisce al generale il titolo di “maresciallo di Libia”. In un primo momento invece, il governo appoggiato dal parlamento di Tobruck, ma non riconosciuto né da Tripoli e né dalla comunità internazionale, parla dell’operazione Dignità come di un colpo di Stato. Successivamente però, anche Al Thani, premier del governo voluto da Tobruck, dà il suo benestare. In tal modo, Haftar diventa il massimo rappresentante militare della Cirenaica.

Tra il 2014 e il 2016, diverse aree rurali della regione vengono conquistate dall’Lna. I combattimenti per la verità sono pochi. Haftar riesce ad avere la meglio anche grazie all’opera di mediazione con le tribù locali che decidono in alcuni casi di appoggiarlo, in altri di entrare nell’organico dell’Lna, in altri ancora di consegnargli semplicemente il territorio. Forte di un controllo di circa l’80% della Cirenaica, Haftar ordina nel 2017 l’assalto a Bengasi. In questa occasione, il suo esercito viene impiegato nella prima vera battaglia urbana.

Una battaglia destinata a essere lunga e sanguinosa. Anche perché Bengasi è controllata dagli uomini di Anshar Al Sharia, gruppo considerato molto vicino ad Al Qaeda e che dà filo da torcere agli uomini del generale. Nel marzo del 2017 tuttavia l’Lna annuncia la presa del quartiere di Ganfounda, l’ultimo fuori dal proprio controllo. Dopo alcune settimane di bonifica del territorio, Haftar annuncia la definitiva presa di Bengasi e il suo insediamento in città.

L’anno successivo tocca alla città di Derna, l’ultima ancora fuori dal controllo in Cirenaica. Anche in questo caso, la battaglia dura diversi mesi e termina solo nel giugno del 2018. In quel momento, Haftar può così rivendicare ai libici e alla comunità internazionale il possesso dell’intera parte orientale della Libia. Una posizione di forza militare, così come politica. Non a caso al vertice di Palermo del novembre 2018, organizzato dal governo italiano, il generale si presenta come vero protagonista contrapposto all’allora premier di Tripoli, Fayez Al Sarraj.

L’incontro di Palermo, al pari del successivo incontro di Abu Dhabi del marzo 2019, sembra il preludio a un percorso di pace e di riconciliazione nazionale. Haftar però, proprio in quel momento, lavora per prendere manu militari il potere in tutto il Paese. Grazie agli accordi stretti con molte tribù del Fezzan, l’Lna prende il controllo di Sebah e di altre città del sud. Poi, nell’aprile del 2019, il generale ordina l’attacco su Tripoli.

Le sue forze premono e avanzano nella periferia della capitale, aiutate anche dai gruppi di Tahrouna e degli altri fedeli all’Lna stanziati in Tripolitania. La battaglia sembra favorevole all’esercito di Haftar. Ben presto però entra in una fase di stallo, con il generale costretto a rimanere a pochi chilometri dal centro di Tripoli per diversi mesi. Nel novembre del 2019 i combattenti dell’Lna iniziano a vedersela anche contro i mercenari inviati dalla Turchia, diventata nel frattempo principale alleata di Al Sarraj.

L’operazione a quel punto è destinata al fallimento. Nel giugno 2020, l’Lna è costretto a ripiegare e a rientrare in Cirenaica. Haftar dà ordine di ritirata dopo un accordo con Tripoli mediato dalla Russia e dalla Turchia.

La sconfitta di Tripoli non fa comunque capitolare del tutto l’Lna. L’esercito di Haftar mantiene il controllo su Bengasi, sulla Cirenaica, sull’area petrolifera di Ras Lanuf e Brega, così come su molti pozzi di petrolio dell’est del Paese e del sud. Il ruolo politico del generale appare ridimensionato dopo il 2020, ma è ancora importante. L’Lna, ad oggi, è la forza di riferimento della Cirenaica e mantiene il controllo di tutta l’area che va dalla periferia est di Sirte fino al confine con l’Egitto.

Khalifa Haftar è riuscito negli anni a raggruppare sotto il proprio comando un vasto insieme di forze e milizie. Operazione non riuscita mai a Tripoli, con l’area ovest del Paese dal 2011 in mano a diversi gruppi spesso in lotta tra di loro. È questa la vera differenza tra l’Lna e le altre forze. Tuttavia appare lontana la sua trasformazione in un esercito vero e proprio. Lo dimostra il fatto che già da tempo è in atto una profonda e delicata discussione sulla successione ad Haftar.

Il generale è avanti con gli anni e, dopo una sua uscita di scena, nessuno sarebbe in grado di coglierne l’eredità. È noto che i due figli di Haftar, Saddam e Belgacem, comandano alcune importanti brigate. Gli analisti però concordano sul fatto che entrambi non riuscirebbero, dopo il padre, a mantenere unito l’Lna. Il fatto stesso che si parli di una successione quasi dinastica, conferma che le forze del generale hanno più il rango di una milizia che di un esercito.

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