Il Battaglione Azov è un gruppo organico all’esercito ucraino e stanziato soprattutto nella regione di Mariupol. Deve il nome alle coste del Mar d’Azov adiacenti al loro quartier generale. Nato nel 2014 come milizia volontaria paramilitare, è composto da membri aventi in comune i tratti delle ideologie nazionaliste ucraine. Il Battaglione Azov viene infatti considerato un gruppo di estrema destra, vicino anche a posizioni neonaziste e suprematiste bianche.
- Come si sta sviluppando la guerra in Ucraina
- La storia dell’Ucraina da Maidan in poi
- Ascesa e caduta della destra nazionale in Ucraina
Attivo durante la guerra del Donbass del 2014 e durante la guerra contro la Russia nel 2022, il Battaglione negli anni si attira diverse critiche internazionali legate ad accuse di tortura e omicidi di massa durante le fasi più calde degli scontri del 2014.
Il contesto in cui prende piede il Battaglione Azov è quello delle proteste in Ucraina scoppiate nel novembre 2013 contro il presidente Viktor Yanukovich. Dopo che quest’ultimo ritira la propria firma da un accordo di partenariato con l’Unione europea, scegliendo al contempo di avvicinarsi alla Russia, scoppiano proteste in tutto il Paese, ma in particolare in Piazza Indipendenza, a Kiev. Si parla di proteste di “EuroMaidan”, in quanto concentrate nella piazza e aventi come richiesta principale l’adesione dell’Ucraina all’orbita occidentale ed europea.
Ben presto però il contrasto mette in luce diverse divergenze insite nella società ucraina. Le proteste di Piazza Indipendenza sono sposate anche dai settori di estrema destra. Si tratta di gruppi nazionalisti ucraini che chiedono un netto taglio con Mosca da un punto di vista politico e culturale. Quando le manifestazioni degenerano in proteste, in piazza Indipendenza fanno la loro comparsa le frange più estremiste. Non solo i gruppi paramilitari vicini a Svoboda, il partito allora riferimento dell’estrema destra e presente dal 2012 in parlamento, ma anche nuove formazioni il cui intento è quello di far emergere la linea nazionalista ucraina.
Una svolta arriva il 22 febbraio 2014, quando il parlamento destituisce dalle sue funzioni Yanukovich, ponendo fine al governo filorusso e iniziando una fase di maggiore avvicinamento all’occidente. In questo contesto, contrassegnato da disordini tra filo occidentali e filorussi, con questi ultimi concentrati soprattutto nell’est dell’Ucraina, il parlamento approva anche un’amnistia per i prigionieri incarcerati per motivi politici.
Tra questi ci sono diversi esponenti di Patrioti dell’Ucraina, formazione paramilitare di estrema destra i cui vertici sono accusati di attività terroristica e insurrezionale. Ci sono anche membri del partito dell’Assemblea Nazional-Socialista (Sna), altra formazione di ispirazione nazionalista e neonazista. Tra i detenuti liberati figura Andriy Biletsky. Quest’ultimo era in carcere dal 2011 con l’accusa di terrorismo per i suoi legami con Ucraina Patria Nostra e l’Sna. Una vota scarcerato, Biletsky aderisce a Pravij Sektor, nuova formazione paramilitare di estrema destra fondata durante i moti di Piazza Maidan.

Nel maggio del 2014 intanto la situazione nell’est del Paese degenera in scontri. I militanti filorussi formano gruppi separatisti e proclamano, a poche settimane dalla perdita della Crimea passata sotto le bandiere della Federazione russa, la nascita delle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. Lo scontro tra filo occidentali e filorussi è oramai aperto. L’esercito ucraino non riesce a contrastare i separatisti e prova a reagire facendo leva sui gruppi paramilitari di estrema destra.
Andriy Biletsky, diventato nel frattempo tra i principali esponenti di Pravij Sektor nell’est dell’Ucraina, decide di fondare un battaglione di volontari combattenti contro i separatisti filorussi. Nel maggio del 2014, nella cittadina di Urzuf, lungo le sponde del Mar d’Azov tra Berdyansk e Mariupol, Biletsky fonda il Battaglione Azov. Aderiscono membri di Pravij Sektor, di Patrioti dell’Ucraina, dell’Sna, nonché altri militanti e ultras della Dinamo Kiev.
Biletsky viene considerato non solo fondatore, ma anche ideologo del Battaglione Azov. Proviene da un’altra città dell’est, ma a nord, ossia Kharkiv. Nato nel 1979, si laurea in storia nel 2001 con una tesi proprio sull’esercito insurrezionale ucraino. Aderisce all’organizzazione politica di estrema destra Tryzub nel 2003, così come risulta iscritto al partito social-nazionale dal 2002. Lo lascia quando la formazione politica si trasforma nell’attuale partito Svoboda, aderendo a Patrioti dell’Ucraina.
Nel 2011 è una figura di spicco dell’estrema destra ucraina, quando a Kharkiv viene raggiunto da alcuni uomini armati e ferito da colpi di arma da fuoco. Per le autorità si tratta di un regolamento di conti interno agli ambienti della destra. Pochi mesi dopo viene arrestato per le sue attività considerate insurrezionali e finalizzate al terrorismo all’interno del gruppo Patrioti dell’Ucraina.

Quando fonda il Battaglione Azov diventa un riferimento sia ideologico che militare. Il giornalista militare britannico Askold Krushelnycky, che segue le vicende nell’est dell’Ucraina, lo intervista nel giugno 2014 e lo descrive come un “generale freddo nel dare indicazioni militari”. La guerra nel Donbass lo lancia anche in politica. Il successo del Battaglione Azov contro i separatisti a Mariupol gli conferisce infatti una certa notorietà e nelle elezioni parlamentari del 2014 conquista un seggio come indipendente. Ma il ruolo di parlamentare è incompatibile con la divisa militare e lascia quindi la direzione del Battaglione nel 2016. Nel 2019 non viene rieletto: le liste di estrema destra infatti non raggiungono il quorum e vengono emarginate dal contesto politico ucraino.
Biletsky però resta uno dei riferimenti politici più importanti del Battaglione Azov. Tanto che nella guerra scoppiata nel 2022 contro la Russia viene segnalato nelle trincee attorno la capitale Kiev.
Lo choc suscitato con la degenerazione delle proteste del 2014 in conflitto aperto nell’est del Paese, spinge il Battaglione Azov a diventare uno dei riferimenti più importanti tra i gruppi paramilitari nazionalisti ucraini. L’indietreggiamento dell’esercito di Kiev di fronte alle prime avanzate separatiste desta ulteriore scalpore e alcuni magnati iniziano a finanziare i volontari confluiti nel Battaglione Azov.

Tra questi va annoverato soprattutto Igor Kolomoisky, oligarca e magnate dell’energia. Oltre ai soldi, Kolomoisky garantisce anche un certo appoggio politico al Battaglione essendo anche a capo dell’amministrazione regionale di Dnipro. Tra i finanziatori viene incluso anche un ex capo dell’oblast di Donetsk, ossia Serhiy Taruta. Quest’ultimo è anche un oligarca impegnato soprattutto nel campo delle acciaierie.
Furore ideologico, fama dovuta al sorgere del conflitto nel Donbass e soldi garantiti da alcuni dei più importanti oligarchi dell’est Ucraina garantiscono al Battaglione Azov la possibilità di guadagnarsi un posto importante tra le milizie paramilitari supportate da Kiev. Elementi che consentono ai combattenti la possibilità di arricchire il proprio arsenale e di proseguire la battaglia nell’est del Paese.

Dal loro quartier generale di Mariupol riescono a organizzare attacchi e contrattacchi nei confronti dei separatisti di Donetsk. La città portuale nell’estate del 2014 risulta contesa tra le forze governative, incluse quelle del Battaglione Azov, e le forze della repubblica popolare di Donetsk. Grazie all’apporto dei combattenti dell’Azov, l’esercito di Kiev nel settembre 2014 riesce per una seconda volta a respingere i separatisti da Mariupol. Da quel momento la città diventa base principale del Battaglione, nonché riferimento di tutti i combattenti filo ucraini dell’est del Paese. Infatti gli accordi di Minsk fissano una linea di contatto tra le parti in lotta e Mariupol rimane all’interno della fascia controllata dagli ucraini, mentre Donetsk diventa de facto capitale dell’autoproclamata repubblica popolare.
Riprendere e conservare il controllo su Mariupol nel settembre 2014 rappresenta per l’Ucraina una svolta psicologica non indifferente nel conflitto. Per la prima volta infatti una città importante contesa con i separatisti assiste a una netta predominanza delle forze di Kiev. Il successo viene ricondotto anche all’apporto dato dal Battaglione Azov.

Per questo motivo l’allora presidente ucraino Petro Poroshenko, oltre a lodare le azioni di Andriy Biletsky e degli uomini del Battaglione, decide di includere l’intera forza paramilitare all’interno dell’esercito ucraino. Nel gennaio 2015 il Battaglione viene promosso nel rango del Reggimento Operazioni Speciali, i suoi membri risultano stipendiati regolarmente come tutti i soldati ucraini e sono quindi sottoposti alla legislazione civile e militare ucraina.
La scelta operata da Kiev non manca di suscitare perplessità sia in Ucraina che all’estero. Sotto accusa è in primo luogo l’ideologia dei membri del Battaglione Azov, considerata di estrema destra e legata a partiti e movimenti neonazisti e suprematisti bianchi. A Biletsky ad esempio nel 2010 è attribuita la frase secondo cui “l’Ucraina è chiamata a guidare le razze bianche in una crociata finale”. L’inclusione del Battaglione nell’esercito aumenta le accuse della Russia contro il nuovo governo di Kiev, reo secondo Mosca di sostenere elementi neonazisti e russofobi.

Ma il dito a livello internazionale viene puntato anche sul modus operandi del Battaglione. Nel 2014 Amnesty Internazional denuncia al premier ucraino di allora, Arsenij Jacenjuk, crimini e abusi da parte dell’Azov contro combattenti rivali e contro la popolazione civile. Due anni più tardi è l’Ocse ad evidenziare le responsabilità di combattenti del Battaglione nelle uccisioni di massa di prigionieri, nell’occultamento di cadaveri in fosse comuni e nelle torture inflitte a combattenti e civili riscontrate nel Donbass durante gli scontri del 2014. In Ucraina sono state aperte alcune inchieste che però, allo stato attuale, non hanno portato a delle conclusioni giuridiche.
Con lo scoppio del conflitto con Mosca, membri del Battaglione Azov vengono dislocati su diversi fronti. A Kiev e a Kharkiv in primo luogo, così come ovviamente nella zona di Mariupol. Proprio qui va in scena la battaglia più cruenta della guerra. La città infatti a inizio marzo inizia a essere assediata da russi e separatisti, aiutati dai militanti ceceni di Kadyrov.
Mariupol, pur se tecnicamente caduta e con le forze ucraine impossibilitate a difenderla, allo stato attuale viene ancora contesa dai membri del Battaglione Azov. Questi ultimi risultano decimati soprattutto dopo la sconfitta arrivata nella vicina cittadina di Volnovakha del 12 marzo 2022. Il comandante del Battaglione, Denis Prokopenko, rifiuta qualsiasi resa di Mariupol in mano russa.