Christine Lagarde è da fine 2019 la presidente della Banca centrale europea. Erede, in questa carica, di Mario Draghi e seconda francese a ricoprire l’incarico dopo Jean-Claude Trichet ha, non senza polemiche, guidato l’Eurotower nel periodo difficile della lotta alla recessione da Covid-19 dopo aver affrontato le conseguenze della Grande Recessione durante il suo mandato al Fondo Monetario Internazionale. Arrivando, nel pieno della tempesta dell’inflazione del 2022, a dover poi deliberare i primi, robusti rincari nel tasso d’interesse europeo operati dall’istituzione da lei guidata dopo ben undici anni.
Nata a Parigi il giorno di Capodanno del 1956, Christine Lallouette, che avrebbe assunto il cognome attuale dopo il matrimonio con l’ex marito e padre dei suoi due figli Wilfried Lagarde (imprenditore francese del settore del restauro), ha studiato tra Le Havre e l’America prima di laurearsi a Nanterre in Legge nel 1980.
Durante un anno di studi negli Stati Uniti, nel 1973, Lagarde ha lavorato come stagista al Campidoglio degli Stati Uniti come assistente al Congresso del rappresentante William Cohen, futuro Senatore e Segretario alla Difesa, aiutandolo a corrispondere con gli elettori di lingua francese del suo distretto settentrionale del Maine durante le udienze del Watergate. Le sue conoscenze e i contatti oltre Atlantico sono stati riattivati dopo la sua laurea a Parigi quando Lagarde è tornata in America per lavorare a Baker & McKenzie.
L’azienda, una delle più grandi al mondo nel settore della consulenza legale, ha sede a Chicago e nel corso degli Anni Ottanta e Novanta si è affermata come un pilastro del sistema di studi legali a stelle e strisce attivi nel dirimere casi legati ai rapporti commerciali, al diritto del lavoro e alle dinamiche aziendali su scala nazionale e globale. Lagarde ha maturato all’interno del gruppo una conoscenza della governance dell’economia, prima ancora dell’economia stessa, che ha rappresentato sempre il suo maggiore focus anche dopo il passaggio alla politica.
In soli sei anni Lagarde divenne partner di Baker & McKenzie, venendo nominata inoltre alla guida della divisione Europa Occidentale del gruppo. La sua specializzazione divenne, fin dall’inizio, la concorrenza e in materia della sua esperienza sul campo fu chiamata, nel 1996, nel consiglio direttivo della società, di cui nel 1999 divenne il primo amministratore delegato donna della storia, guidandola poi per cinque anni. Nel 2001, sotto la sua guida, Baker & McKenzie sfondò per la prima volta il miliardo di dollari di fatturato e i 3mila dipendenti nei 49 Paesi in cui era allora attiva. Finito il mandato, dal 2004 fu per un anno presidente del Global Strategic Committee di Baker & McKenzie.
Nel 2005 Lagarde fece ritorno in Francia, chiamata dai gollisti francesi per potenziare la propria squadra di governo mentre il presidente Jacques Chirac preparava la successione. Tra il 2005 e il 2007 fu Ministro del Commercio Estero nel governo di Dominique de Villepin, nel 2007 Ministro dell’Agricoltura nell’esecutivo-ponte di François Fillon nominato da Nicolas Sarkozy dopo la vittoria alle presidenziali e in carica tra maggio e giugno e, nel nuovo governo, Ministro dell’Economia e delle Finanze, carica che avrebbe ricoperto fino al 2011.
Lagarde gestì la risposta francese alla Grande Recessione e fu assieme alla destra parigina paladina dell’austerità di bilancio voluta con forza anche dal governatore della Bce Trichet. Emmanuel Macron, attuale presidente francese, nella sua fase di gestione del medesimo ministero e nel primo mandato all’Eliseo si è ispirato all’agenda della Lagarde per guidare le sue riforme neoliberali: la Lagarde, in tal senso, ha promosso un’agenda fortemente orientata alla privatizzazione e liberalizzazione di servizi pubblici, all’austerità nella pubblica amministrazione, allo sdoganamento della flessibilità nel mercato del lavoro.
Quando nei primi mesi del 2011 Dominique Strauss-Kahn, governatore francese del Fmi in predicato di preparare la corsa all’Eliseo per il Partito Socialista e convinto avversario dell’austerità, fu travolto dal controverso scandalo sessuale che lo costrinse alle dimissioni Lagarde riuscì a infilarsi nella corsa alla successione, incassando il consenso alla sua mossa da parte di Sarkozy e dei governi occidentali.
Il 28 giugno dello stesso anno fu nominata alla guida dell’organizzazione, divenendo la prima donna a prenderne le redini. Il mandato della Lagarde iniziò mentre in Europa si sdoganava la crisi dei debiti sovrani e subito, assieme al suo ex capo di Stato e al governatore uscente della Bce Trichet, uno dei bersagli puntati per implementare misure di austerità e rigore fu l’Italia del governo Berlusconi IV. La mano politica francese, una vendetta per i distinguo di Roma sul dossier libico, più ancora della pista tedesca legata a Deutsche Bank è la più accreditata sospettata per lo tsunami dello spread che nel novembre 2011 sommerse l’Italia aprendo la strada al governo tecnico di Mario Monti.
Ma la Lagarde rappresentò, in particolare, lo spauracchio per eccellenza di un altro Paese, la Grecia. L’avvocato diventata burocrate della finanza istituzionale seguì la logica della governance aziendale di fronte alla crisi sistemica di Atene, chiedendo come pegno per i pacchetti di aiuti provenienti da Washington durissime misure di austerità. L’Fmi divenne per antonomasia la “faccia cattiva” della Troika in cui erano parte anche la Commissione Europea e la Bce. Di Lagarde si ricorda una controversa dichiarazione del 2012, anno in cui si rifiutò di allentare la morsa dell’austerità richiesta ad Atene: “Ho più simpatia per i bambini africani che per i figli degli evasori. Pagate le tasse per il bene dei vostri figli”, si appellò ai cittadini greci, accusati di poca compliance con il loro erario. E ancora nel 2015 Lagarde pressò fortemente Alexis Tsipras per accettare il memorandum sottoposto dal premier di Syriza a un referendum popolare.
Nominata nel luglio 2019 per succedere a Mario Draghi alla Bce, la Lagarde si insediò nel novembre dello stesso anno, dimettendosi contestualmente dall’Fmi.
Pochi mesi dopo la sua ascesa all’Eurotower, in Europa scoppiò la pandemia di Covid-19. Mentre in Italia il coronavirus avanzava, la neo-presidente della Bce a marzo 2020 sottolineò che “non è compito dalla Bce contenere gli spread” di fronte all’ascesa degli attacchi speculativi contro Piazza Affari e il debito italiano. Una dichiarazione che gettò nel panico i mercati e provocò la dura reazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di fronte a un Paese in fibrillazione.
Desiderosa di porre fine all’eredità dell’era Draghi e all’Asset Purchase Program, la Lagarde fu poi convinta dal capo economista irlandese Philip Lane a riportare in campo la Bce contro la recessione da Covid. Francoforte ha messo in campo il Pandemic Emergence Purchase Plan (Pepp) promuovendo il sostegno operativo alle economie disastrate dai lockdown, per 3mila miliardi di euro complessivi tra stimoli diretti e indiretti.
Nel giugno 2022, dopo anni di aiuti, l’App è giunto alla fine e la Lagarde ha proposto l’idea di promuovere il primo rialzo dei tassi in senso anti-inflattivo dal 2011 in avanti.
La decisione è divenuta effettiva a luglio e la Bce è tornata a un tasso di sconto dello 0,5% a cui la Lagarde ha fatto seguire un nuovo rincaro all’1,25%, dunque al livello dell’inizio dell’era Draghi del novembre 2011, nel settembre successivo. L’accelerazione è stata dovuta non solo alla corsa dell’inflazione fino a un record della storia dell’euro al 9% nell’agosto 2022 ma anche alle precedenti indecisioni dell’Eurotower e della Lagarde.
Prima dell’invasione russa dell’Ucraina, detonatore della sua accelerazione a causa dell’impatto sull’energia, la crisi delle catene del valore e i dati provenienti dalle economie surriscaldate dopo il Covid di Londra e Washington avevano lanciato dei campanelli d’allarme che, per un anno, la Bce ha ritenuto non decisivi. A giugno 2022, in effetti, l’annuncio della Lagarde ha chiuso un ciclo di dodici mesi iniziato a giugno 2021 quando, di fronte ai primi aumenti del costo della vita nell’Eurozona l’inflazione fu definita “temporanea”. A settembre 2021 si parlava ancora di “inflazione temporanea” e a un semplice incidente di percorso legato alla crisi dei chip veniva imputato il suo prolungamento mentre il 2% storicamente puntato dalla Bce come obiettivo veniva superato nell’Eurozona, che presentava un’inflazione al 3%. “Non vediamo al momento un movimento che potrebbe creare una spirale inflazionistica”, ha insistito a gennaio la Lagarde mentre il dato arrivava al 5%. Cinque mesi si è dovuta ravvedere ma, va detto, la Bce ha provato a correggere il tiro con la maggior velocità possibile.
L’annuncio dello “scudo anti-spread” che dovrebbe essere complementare alla stretta monetaria negli anni a venire mira a far convivere questo nuovo trend politico-monetario con la stabilità nei differenziali sui rendimenti dei debiti.
Il 27 ottobre la Banca centrale europea ha portato il tasso di riferimento al 2%, con un rialzo di 0,75 punti percentuali, il secondo consecutivo dopo la stretta di settembre (e il rialzo di 50 punti base di luglio). Il tasso sui depositi è salito all’ 1,5% e il tasso sui prestiti marginali al 2,25%. Con tre mosse di questo tipo l’era del Qe è stata definitivamente messa alle spalle.
Per la Bce e la sua presidente, il cui mandato scade nel 2027, si aprono anni complessi e decisivi, come del resto per tutta Europa. Durante i quali la Lagarde può rappresentare, in quest’ottica, sia la migliore garanzia (per la sua esperienza tecnocratica) che la massima incognita (per le gaffe politiche) per un’applicazione coerente di un’agenda che pone fine al lungo quantitative easing mentre sull’Ue ritornano, dopo soli due anni, le ombre della recessione.