Israele è per antonomasia la nazione associata al mondo delle operazioni coperte, dell’intelligence e dello spionaggio. Fin dalla sua nascita, nel 1948, lo Stato ebraico si è costituito come “caserma” del Medio Oriente e come nazione fortemente pronta a respingere sfide e minacce sfruttando gli strumenti di hard power a sua disposizione. L’intelligence ha più volte svolto il ruolo di punta di lancia della sua proiezione.
L’intelligence di Israele ha una struttura tripartita, che differenzia in forma chiara tra sistemi legati allo spionaggio interno ed estero e apparati militari. Sul primo fronte si collocano l’intelligence per l’estero, il celebre Mossad, e la sua controparte interna, lo Shin Bet, mentre l’Aman è il corpo di intelligence militare dell’Israel Defence Force.
L’intelligence agisce al servizio del governo di Tel Aviv e su sua iniziativa promuove le proprie operazioni, ma al contempo è strettamente guardata a vista da una serie di contropoteri che non solo garantiscono il diritto delle opposizioni a essere informate sui fatti, come accade negli Usa e in Italia, ma permettono anche che la Knesset, il parlamento israeliano, possa avere voce in capitolo.
Di fatto il Mossad e gli altri apparati dell’intelligence dello Stato ebraico, nonostante una nomea che spesso li paragona a corpi autonomi dotati di proieizione pressoché indipendente e sregolata, non agiscono mai senza il beneplacito degli apparati politici e securitari di Tel Aviv. E proprio la loro pervasività d’azione segnala quanto il loro apporto sia fondamentale per la strategia nazionale del Paese.
La proiezione parte dalla garanzia della sicurezza interna. E Israele non potrebbe essere la vera e propria fortezza che è diventata negli anni senza il ruolo di scrutinio del servizio interno di difesa e controspionaggio. Esso è lo Shabak, meglio conosciuto come Shin Bet (abbreviazione di “Servizio di sicurezza”).
Lo Shin Bet opera nell’analisi previsionale, nella controinsorgenza, del monitoraggio contro criminalità organizzata e, soprattutto, terrorismo in Israele e nei territori occupati del West Bank.
Il cuore della sua attività sta nel “dipartimento arabo” impegnato nell’antiterrorismo e il controspionaggio sia interno al Paese che nei territori della West Bank come di Gaza. Esso rappresenta il pivot di un sistema a cui si aggiunge un dipartimento chiamato a monitorare i movimenti radicali ed estremisti della politica israeliana per vegliare sulle minacce all’ordinamento del sistema-Paese e un raggruppamento dedicato alla difesa di infrastrutture critiche, luoghi di aggregazione, palazzi istituzionali, figure di vertice degli apparati di potere.
A queste sezioni di Intelligence si va ad aggiungere un’unità operativa, la Yamas, una forza di manovra formalmente inserita nell’organico della polizia di frontiera che è di fatto sottoposta alla direzione operativa dello stesso Shin Bet. I suoi agenti operano prevalentemente in borghese, sfruttando la loro professionalità per agire laddove situazioni di pericolo e minaccia rischino di verificarsi.
L’Aman e il Mossad sono il vero e proprio asset operativo su cui si basa la proiezione di Israele come grande potenza dell’intelligence globale. Lo Stato ebraico conta apertamente sul servizio militare e su quello estero per compiere operazioni al limite, spericolate e spesso “corsare” e facilitare la sua azione negli scenari caldi del Medio Oriente.
L’Aman, forse il meno noto tra i gruppi di intelligence, ha però un ruolo fondamentale come raccoglitore e elaboratore di dati e informazioni sfruttate appieno dalle Idf nel progettare campagne militari e operazioni coperte. Negli ultimi anni ha aumentato la sua capacità operativa anche e soprattutto nel campo della cyberintelligence. Spicca in tal senso l’Unità 8200, dedicata alle operazioni nel dominio cyber, definita da John Reed del Royal United Service Institute come la migliore agenzia tecnica di signal intelligence al mondo, protagonista sia della definizione della cyber-difesa degli asset israeliani sia di vere e proprie operazioni offensive come il raid di Stuxnet destinato contro il nucleare iraniano del 2010.
Il Mossad è il vero e proprio sovrano dei servizi segreti israeliani. Nella sua storia di oltre settant’anni ha promosso operazioni coperte, omicidi mirati, sommovimenti e infiltrazioni per realizzare sul terreno gli obiettivi di Israele. Il Mossad opera su iniziativa del primo ministro di Israele e ha al suo interno dipartimenti per le operazioni sul terreno, centri di raccolta informativa e unità che si dedicano alla destrutturazione delle reti economiche e finanziarie dei terroristi (operazione Harpoon) e perfino un fondo di venture capital che nella massima segretezza promuove e finanzia start-up tecnologiche per acquisirne le competenze.
Dall’infiltrazione della super-spia Eli Cohen ai vertici del regime siriano negli Anni Sessanta alla guerra “ombra” condotta negli ultimi anni contro l’Iran e il suo programma nucleare, il Mossad ha registrato una serie di colpi importanti: la collaborazione coi servizi segreti francesi ha permesso la conquista di segreti nucleari, lo stanziamento di agenti in Europa la vendetta dopo la strage alle Olimpiadi di Monaco 1972 e la caccia all’uomo contro i membri del gruppo palestinese Settembre Nero, le azioni dalla Tunisia al Libano la caccia all’uomo contro i membri di Hamas e Hezbollah.
Una sequela notevole di azioni a cui si sono aggiunti fallimenti, come l’incapacità di prevedere spesso la capacità di reazione delle truppe dei gruppi libanesi e palestinesi, e che hanno avuto il loro compimento negli ultimi anni con la costruzione di un rapporto diretto e di scambio di informazioni tra Tel Aviv e le monarchie del Golfo. Vera e propria consacrazione della dottrina della difesa in profondità della sua integrità e dei suoi interessi che Israele persegue grazie ai suoi strumenti di hard power. Impossibili da sdoganare senza la proiezione e le informazioni garantite dai suoi servizi.