Come funzionano i servizi segreti francesi

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Nel quadro della ricostruzione della potenza nazionale operata dal generale Charles de Gaulle dopo la sconfitta francese nell’invasione tedesca del 1940 la Republique ha potuto usufruire dell’apporto di un apparato di sicurezza fondato su un sistema di servizi segreti estremamente professionalizzato e spregiudicato. L’intelligence francese è un cardine della proiezione di potenza transalpina e ne rappresenta la garanzia della capacità di azione su scala globale che solo pochi attori nel campo occidentale guidato dagli Stati Uniti possono permettersi di avere.

L’intelligence in Francia è mestiere antico e metodo di acquisizione di potenza consolidato. Maestri di intelligence furono importanti esponenti della Francia monarchica che tra Medioevo e Età Moderna fu al centro della politica europea: i cardinali Richelieu e Mazzarino e il “Diavolo zoppo” Talleyrandministro degli Esteri dei Borbone e di Napoleone Bonaparte, seppero gestire complessi apparati informativi alla loro dipendenza personale che valorizzarono sia l’interesse nazionale di Parigi sia la loro prominente posizione delle dinamiche politiche europee.

Dall’epoca di Luigi XIII e almeno fino all’età napoleonica, in particolare, negli uffici di governo dell’Esagono fu attivo il Cabinet noir, una centrale di intelligence che otteneva informazioni controllando la corrispondenza di settori o enti ritenuti di rilevanza sensibile. Dopo la disfatta contro la Prussia di Otto von Bismarck nel 1870, invece, la Terza Repubblica si dotò di un sistema strutturato di intelligence militare, costituito come secondo ufficio dello Stato maggiore, da cui il nome “Deuxième Bureau”. 

Il Db restò in attività fino alla caduta della Francia nel 1940 e si conquistò in particolare grande fama come primo servizio d’intelligence capace di utilizzare le tecnologie di decrittazione e codifica dei cifrari militari segreti, arrivando nel 1918 a violare il cifrario tedesco ADFGVX e a fornire al comando supremo alleato del maresciallo Ferdinand Foch informazioni preziose sui movimenti delle truppe tedesche del generale Luddendorf prossime all’ultima, disperata offensiva che le avrebbe portate a cinquanta chilometri da Parigi prima della disfatta dell’autunno successivo.

Charles de Gaulle, guidando la resistenza della Francia Libera contro la Germania e il regime di Vichy, dotò le istituzioni militari fedeli alla Repubblica di un sistema nuovo, destinato a tenere i contatti con i partigiani operanti sul territorio metropolitano, a carpire informazioni nel campo degli Alleati, a lungo ambigui col Generale, e a strutturare la difesa delle aree rimaste fedeli al governo in esilio. Il Service de Renseignements (SR) fu fondato nel 1941 sulle ceneri del Db e fu alla base della strutturazione dei servizi segreti repubblicani rinati dopo la liberazione del 1944.

Dal 1944 fu dunque attivo il Service de Documentation Extérieure et de Contre-Espionnage (Sdece) subordinato non più allo Stato Maggiore ma al presidente del Consiglio nell’era della Quarta Repubblica e, dopo la riforma semipresidenzialista, al primo ministro e attraverso di questi al presidente della Repubblica, “monarca repubblica” dell’era gaullista inaugurata nel 1958.

Questo cambio di prospettiva si consolidò negli anni anche dopo la trasformazione dello Sdece in Direction générale de la sécurité extérieure (Dgse) nel 1982, nell’era di François Mitterrand, e rafforzò l’intelligence come strumento della proiezione di politica estera della Francia negli anni del declino dell’impero coloniale e della potenza mondiale di Parigi. L’intelligence francese fu in prima linea nel difendere gli ultimi avamposti in Indocina, a condurre la “guerra sporca” a favore dei pied-noir intenti a difendersi dal Fronte di Liberazione Nazionale in Algeria, nel tentare di promuovere la causa francese nel Biafra nigeriano sul finire degli Anni Sessanta e, contro la volontà stessa di De Gaulle, nel trasferire tecnologia nucleare a Israele.

Vero e proprio Stato nello Stato, la Sdece arrivò addirittura a supportare il separatismo del Quebec provocando l’ira del primo ministro canadese Pierre Trudeau e fu coinvolta nel puntellare i regimi africani favorevoli a Parigi dopo la decolonizzazione e a tentare di detronizzare i leader divenuti scomodi. Un tentativo del genere riuscì nel 1979 con l’Operazione Barracuda che portò alla fine del regime dei Jean-Bedel Bokassa in Repubblica Centrafricana, mentre analoghe azioni condotte contro Muammar Gheddafi nel medesimo periodo non sortirono effetti paragonabili, anche se in seguito la Dgse sarebbe stata in prima linea nel sostegno ai ribelli libici durante la rivoluzione del 2011 che condusse alla caduta del Colonnello. Tra gli Anni Novanta e Duemila, inoltre, successi importanti furono ottenuti con la fornitura di armi ai ribelli kosovari e l’infiltrazione nei campi di addestramento dei jihadisti in Afghanistan.

La presenza di una forte problematica securitaria interna e dell’insorgenza terroristica a partire dall’inizio degli Anni Duemila ha spinto la Francia a dotarsi di capacità di analisi d’intelligence interna con la strutturazione della Direction générale de la sécurité intérieure (DGSI) quale agenzia di coordinamento di tutte le competenze in materia di antiterrorismo, lotta al cybercrimine, controspionaggio e prevenzione dell’attività criminale prima parcellizzate tra diversi corpi di polizia.

La Dgsi fa capo al ministero dell’Interno ed è stata subito esposta alla sua prima, impegnativa prova del fuoco di fronte all’ondata di attentati che a partire dall’assalto a Charlie Hebdo del gennaio 2015 ha sconvolto il Paese.

Di importanza fondamentale per la Francia è anche la creazione di una strutturata cultura di intelligence economica trasversale alle varie agenzie governative. La Scuola di Guerra Economica francese (antesignana europea della materia) ha condotto analisi importanti sul tema dell’utilizzo del ciclo delle informazioni come strumento di costituzione di vantaggio competitivo in termini politici ed economici per sfruttare settori strategici in funzione dell’interesse nazionale. In Francia il capitalismo nazionale è “politico”, l’attore pubblico si adopera perché i mercati esteri siano aperti all’azione dei campioni industriali francesi e questi ultimi agiscono da portavoce delle priorità nazionali. Su questa sinergia s’innesta una cooperazione che porta la Francia a proiettarsi oltre le sue frontiere grazie all’industria e alla finanza nazionale, fattispecie ben conosciuta sul territorio italiano.

Recentemente, in virtù di una proposta di legge fatta dal Senato francese, il 25 marzo 2021 è stata posta in essere oltralpe la possibilità di creare un Segretariato generale per l’intelligence economica (Sgie) sotto l’autorità del Primo Ministro che come dichiarato dall’analista Giuseppe Gagliano a L’Espresso avrà il compito di “anticipare e agire di fronte agli attacchi economici che potrebbero indebolire il Paese e consigliare le autorità pubbliche e gli attori economici per scopi operativi”. Gagliano ha sottolineato che la proposta di portare la politica francese a considerare la nascita dello Sgie come evoluzione naturale delle sue agenzie d’intelligence è frutto della “professionalità nel campo della analisi e della prassi di intelligence in senso lato di Alain Juliett che nel 2009 fu nominato Alto responsabile per l’intelligence economica per il Primo Ministro oltre ad aver occupato incarichi di rilievo” in seno alla Dgse. L’intelligence francese è dunque un corpo vivo che, tra operatività, azione autonoma e sviluppi complessi, recepisce e si adatta alle priorità del sistema Paese e agli sviluppi del contesto mondiale. Rappresentando un presidio fondamentale per la natura di grande potenza che Parigi intende promuovere e coltivare.

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