Chi è davvero Kim Jong-un: cosa si sa del leader nordcoreano

Da dittatore folle a fine stratega: difficile trovare una definizione univoca di Kim Jong-un, il leader della Corea del Nord. Una figura che divide: impossibile trovare un accordo. Ma una cosa è certa: è riuscito a spezzare l’isolamento di Pyongyang. E adesso il mondo si interroga di nuovo su chi sia realmente il giovane dittatore nordcoreano.

Per capire Kim, bisogna partire innanzitutto dalla sua biografia, cercando di districarci fra agiografia nordcoreana e narrazioni fantasiose di parte contraria.

Terzogenito maschio di Kim Jong-il, di Kim è avvolta nel mistero anche la  data di nascita. C’è chi dice sia nato l’8 gennaio 1982, chi nel 1983. Altri ancora ritengono sia nato nel 1984. Un alone di mistero che circonda tradizionalmente tutta la vita della dinastia.

La madre era Kim Young-hui, nata nel 1953 e morta nel 2004. Con lei, Kim Yog-il ha avuto tre figlio: Kim Jong-chul, Kim Jong-un e Kim Yo-jong. Di questi, il più piccolo è sempre apparso come il favorito, anche se Kim Jong-nam, il primogenito  di tutti i figli, sarebbe stato l’erede.

Dei primi anni di vita di Kim si sa pochissimo. Le prime informazioni riguardano la sua educazione, avvenuta in Svizzera. Da quello che si è potuto comprendere, il leader avrebbe frequentato una scuola internazionale vicino Berna tra il 1993 e il 1998 con lo pseudonimo di “Chol-pak” o “Pak-chol”

Dal 1998 al 2000 studia Köniz, nella scuola Liebefeld Steinhölzli, con il nome di “Pak-un”. Anche qui sotto falsa identità, come figlio di un diplomatico della Corea del Nord.

Il suo periodo svizzero sembra abbia segnato in maniera molto profonda il giovane Kim. Tuttavia, una volta rientrato in patria, i suoi sogni di occidentalizzazione si sono interrotti con l’ingresso nell’università militare. Studierà cinque anni, dal 2002 al 2007, intraprendendo il cursus honorum per la carriera militare.

La scalata verso il trono della Corea del Nord inizia dopo l’università. Negli anni, Kim Jong-un diventa il prediletto del padre. Kim Jong-nam cade in disgrazia, mentre Kim Yong-chul, suo fratello maggior anche da parte di madre, viene considerato inadatto ad assumere un ruolo di primo piano.

Nel 2009, le prime voci di una sua designazione come successore. Kim Jong-un assume sempre più cariche e sempre maggior peso nelle gerarchie militari nordcoreane. Di lui si parla come artefice del bombardamento di Teonpyeong e come mandante dell’affondamento della corvetta Cheonan, dove ebbe un ruolo primario il suo fedelissimo Kim Yong-chol.

Il 27 settembre 2010, Kim Jong-un è nominato generale. Il giorno dopo diviene membro del comitato centrale del Partito del Lavoro e vicepresidente della commissione militare. Nel giro di pochi mesi, tutti a Pyongyang sanno che sarà lui l’erede di Kim Jong-il.

Il 19 dicembre 2011, viene annunciata la morte del padre. Kim Jong-un è definito “grande successore”.  L’11 aprile 2012 la quarta conferenza generale del Partito del Lavoro di Corea lo elegge primo segretario del partito, mentre il padre viene eletto “segretario generale eterno”.

L’anno dopo, il 25 luglio 2012, i media di Stato annunciano le sue nozze con la cantante Ri Sol-ju. C’è chi dice si siano sposati anni prima. Non ci sono certezze neanche sulla prole. Alcune fonti parlano di due figlie. Dennis Rodman, amico del leader, parla di una figlia di nome Ju-ae.

Quello che è certo è che Kim, nel suo totalitarismo, ha tentato di trovare una via per riformare il Paese. Soprattutto l’economia, devastata dagli anni della carestia sotto il governo del padre. La popolazione, pur con le dovute cautele che si devono avere quando si parla di un sistema come quello nordcoreano, inizia ad apprezzarlo.

L’economia continua a reggersi sui traffici illegali con Paesi amici. In gran parte, vi sono accordi per far lavorare all’estero i cittadini nordcoreani i quali, per legge, devono inviare gran parte dello stipendio al governo centrale. In questo modo, Pyongyang ottiene valuta estera. Ma è evidente l’impossibilità di proseguire su questa strada.

Il Paese non ha risorse, vive di carbone e pesca. E il blocco alle importazioni alle esportazioni dovuto alle sanzioni condanna la popolazione a una vita di privazioni. Il contrabbando di petrolio è l’unico modo per ottenere carburante.

Anche sul tema delle condanne a morte dei parenti e dei rivali politici, è opportuno dire che niente è perfettamente verificabile. Un esempio su tutti, quello della presunta esecuzione di Ri Yong-gil, poi riapparso nel maggio del 2016.

Quello che si conosce per certo è la condanna a morte dello zio Chang Sung-taek nel dicembre del 2013, con l’accusa di alto tradimento per aver ordito un golpe. Secondo Yonhap sarebbero stati uccisi anche tutti i membri della famiglia dello zio. Il 12 dicembre 2013, in seguito alla sua esecuzione, venne ufficialmente annunciato che l’esercito non avrebbe mai perdonato “coloro che disobbediscono agli ordini del comandante supremo”

Nel 2014, un’altra condanna a morte, questa volta del viceministro della sicurezza O Sang-hon, colpevole di avere legami con lo zio di Kim. I media giapponesi hanno riferito di un’esecuzione con il lanciafiamme. Altri 11 ufficiali sarebbero stati uccisi nella stessa purga.

Il 13 febbraio del 2017 la misteriosa morte del fratello Kim Jong-nam, ucciso da due sicari all’aeroporto di Kuala Lumpur con l’agente Vx. Tutti pensano immediatamente a un’uccisione voluta dal fratello. Ma la sua figura è ormai ai margini del potere e nessuno lo ritiene un potenziale usurpatore.

L’obiettivo di Kim Jong-un è lo stesso di suo padre e di suo nonno. È lo stesso di ogni erede di una dinastia regnante che detiene il potere in un regime: sopravvivere. Tutta la sua carriera al vertice della Corea del Nord ha avuto come scopo quello di assicurarsi la sopravvivenza. La sua e quella della sua dinastia.

L’unico strumento è stato sempre quello dell’arsenale nucleare. La bomba come assicurazione sulla vita è stato da sempre il pallino di Kim, oggi leader riconosciuto nel consesso internazionale e in grado di rapportarsi da pari con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Per farlo, occorrevano due cose: un programma nucleare e un programma missilistico.

Se il nucleare è l’assicurazione sulla vita, non deve sorprendere che Kim Jong-un abbia, come i suoi avi, l’incubo di rimanere ucciso. O per mano dei nemici esterni o per mano di una congiura di palazzo. I militari rimangono un problema, soprattutto dopo che Kim ha deciso di ripristinare la superiorità del Partito e di tendere alla denuclearizzazione.

Per anni, Kim non è mai uscito dalla Corea del Nord. Negli ultimi mesi, con l’escalation militare con gli Stati Uniti, la sua presenza nelle manifestazioni pubbliche è diminuita drasticamente fino al disgelo. Probabilmente temendo di essere ucciso.

Una paranoia costante che si è manifestata anche nei suoi viaggi. A Pechino, nel suo primo storico incontro con Xi Jinping, il giovane dittatore ha viaggiato a bordo del treno di Stato. Un mezzo blindato, lentissimo, completamente protetto e senza possibilità di infiltrazioni.

Ha un suo aereo, il cosiddetto Air Force Kim, un Ilyushin-Il 62 quadrimotore di fabbricazione sovietica. Con questo mezzo è arrivato a Dalian per rivedere Xi. Ma per Singapore ha scelto di volare su un Boieng Air China protetto dai radar cinesi e costantemente monitorato dall’aviazione di Pechino. Il più possibile lontano dalla costa del Pacifico, per paura di essere un facile bersaglio.