L’Isis può ancora risorgere: ecco cosa rischia davvero l’Iraq

L’Isis può ancora risorgere: ecco cosa rischia davvero l’Iraq

(Monte Qara Chokh, Iraq)  Il tenente Colonnello Zaid Rekani, di Duhok, serve nella quattordicesima Brigata dei Peshmerga sul Monte Qara Chokh, vicino alla città di Makhmour, dove l’Isis mantiene ancora la propria presenza, nonostante sia trascorso un anno da quando l’Iraq ha dichiarato la propria vittoria sul gruppo terroristico. Sebbene sia un soldato delle forze armate ufficiali della regione autonoma del Kurdistan, la striscia rossa sulla sua uniforme indica che si è addestrato a Baghdad con l’esercito iracheno. L’esercito dell’Iraq è stanziato su un altro lato della montagna e l’anno scorso, in seguito al referendum curdo per l’indipendenza, ha nuovamente strappato il controllo di Makhmour ai Peshmerga dopo violenti scontri. Rekani, tuttavia, ha ancora dei legami con l’esercito iracheno tanto che l’anno scorso ha parlato con i suoi amici delle forze armate irachene a Makhmour, proprio mentre questi erano intenti a combattere lui e gli altri soldati Peshmerga.

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“Li ho chiamati nel bel mezzo della battaglia e gli ho detto ‘fate attenzione, fratelli’” ci ha raccontato in un piccolo ufficio della base. “E loro hanno chiamato me e mi hanno detto ‘anche tu’”.

I rapporti tra le forze curde e irachene sono migliorati a un anno dalla violenza post-referendum, ma l’Isis sfrutta ancora le tensioni nei territori contesi dell’Iraq per mantenere la propria presenza nel Paese.

Le basi Peshmerga presenti sulle montagne si trovano su terreni scoscesi e sono delimitati da sacchi di sabbia e vedette. Molti soldati hanno degli AK-47, armi di epoca sovietica spesso in uso fra i Peshmerga. Ci sono anche pickup della Toyota e bandiere curde. Il 22 dicembre, i jet americani hanno bombardato i bersagli dell’Isis sulle montagne, stando ai media locali. I soldati Peshmerga che si trovavano là dicono che un numero imprecisato di membri dell’Isis si nasconde in grotte sulle montagne fra la posizione del loro esercito e quella dell’esercito iracheno.

La questione delle attività dell’Isis nei territori contesi come Makhmour risale al referendum curdo per l’indipendenza del settembre 2017. In tale occasione, gli abitanti della regione del Kurdistan iracheno hanno votato in maggioranza per l’indipendenza, il che ha acceso il conflitto curdo-iracheno dell’ottobre 2017. In quel periodo, l’esercito iracheno e le Unità di Mobilitazione Popolare (Pmu) pro governative hanno strappato ai Peshmerga Makhmour, Kirkuk, Sinjar e altri territori contesi nel corso di diverse battaglie. Le forze curde controllavano queste aree dal 2014, quando l’Isis si era esteso nell’Iraq settentrionale e i Peshmerga lo avevano sconfitto su terreni di scontro come quello di Kirkuk. Molti curdi avevano paura di queste perdite, soprattutto di quella di Kirkuk, mentre gli iracheni festeggiavano la vittoria.

In qualche modo le cose vanno meglio ora fra Baghdad e il Governo Regionale del Kurdistan (KRG). Il presidente del Kurdistan iracheno Barham Salih ha fatto grandi sforzi per raggiungere le varie comunità dell’Iraq da quando è entrato in carica a ottobre. In un discorso tenuto in una chiesa di Baghdad il giorno di Natale, ha invitato gli abitanti del Medio Oriente a rifiutare l’estremismo. Lo stesso mese, il leader del Partito Democratico Curdo (KDP), nonché principale mente dietro al referendum sull’indipendenza, Masoud Barzani, ha fatto visita al nuovo Primo Ministro iracheno Adil Abdul-Mahdi a Baghdad, e lo ha chiamato “amico” dei Curdi.

Sulle montagne gli ufficiali Peshmerga dicono che la comunicazione e le operazioni congiunte con l’esercito iracheno sono diminuite dopo la violenza post referendum, anche se ora le cose stanno migliorando.

“Dopo che i Peshmerga e l’Iraq si sono combattuti fra loro, non era rimasto più alcun sentimento di fratellanza” ha detto il colonnello Srud Barzanji. “Ma forse ora le relazioni fra Curdi e Iracheni stanno migliorando. Forse in futuro torneremo a cooperare.”

Intanto, l’Isis è ben lontano dall’essere sconfitto in Iraq e la sua presenza è particolarmente forte nei territori che restano oggetto di disputa fra Baghdad e il KRG, così come a Mosul. Uno studio prodotto a novembre dal Center for Strategic and International Studies ha rivelato che gli attacchi dell’Isis sono più che raddoppiati nella provincia di Kirkuk dal 2017 al 2018. Il gruppo di ricerca ha inoltre mostrato che l’Isis è stato notevolmente agevolato dallo stato della sicurezza nei territori contesi dell’Iraq, indebolita a seguito della ripresa del controllo da parte delle forze federali irachene.

“L’assenza di una presenza militare ufficiale nelle aree non controllate e nei territori contesi delle province di Kirkuk e Salah ad-Dine ha permesso ai militanti dello Stati islamico di agire liberamente,” afferma lo studio. “Questo è in parte dovuto al vuoto lasciato nella sicurezza dal ritiro forzato dei Peshmerga curdi da tali aree in seguito al referendum.”

Vicino alla contesa Makhmour, i soldati Peshmerga raccontano che la città era più sicura in mano ai Curdi perché questi conoscevano meglio il territorio. Il generale della base di Qara Chokh dice che i Peshmerga hanno ancora una maggiore familiarità con la popolazione locale rispetto alla loro controparte irachena.

“Siamo stati nel quartiere per anni e la gente di Makhmour ci conosce,” ha detto Sherzad Ramazan. “La polizia federale è totalmente nuova del posto. Non sanno distinguere fra i locali e i membri dell’Isis”

Tuttavia, le forze irachene stanno affrontando l’Isis con molta più efficacia rispetto al 2014, quando il gruppo controllava grandi città come Mosul, Ramadi e Fallujah. L’Isis ora è relegato in zone remote del Paese, stando a quanto riportato dal portavoce del Ministero della Difesa iracheno.

“Non c’è una forte presenza,” ha detto il Generale di Brigata Yahya Rasul. “Alcuni elementi tentano di sopravvivere nel deserto e nelle aree di montagna.”

Altri recenti attacchi sono stati effettuati da gruppi sconosciuti. Fra questi ci sono stati anche alcuni attacchi a Mosul che non è un zona contesa, ma che ultimamente ha assistito ad alcuni gravi episodi. Gli ufficiali iracheni attribuiscono l’attacco dell’autobomba che a ottobre a Mosul ha ucciso sei persone all’Isis, ma il gruppo non ha mai rivendicato l’attacco. Spesso, i media iracheni si riferiscono ai gruppi armati dei territori contesi e vicino a Mosul definendoli “terroristi,” o “militanti,”senza tuttavia nominare esplicitamente l’Isis. C’è anche un altro gruppo di insorgenti conosciuto col nome di Bandiere Bianche, attivo nei territori contesi dell’Iraq.

Al momento esiste un coordinamento tra le forze irachene e curde contro l’Isis. L’esercito iracheno e i Peshmerga hanno condotto un’operazione congiunta contro l’Isis sulle montagne di Qara Chokh a luglio, col sostegno aereo della coalizione anti ISIS a guida statunitense. Questa era l’operazione congiunta più recente nell’area di Makhmour, secondo Barzanji. La coalizione, formalmente conosciuta come Operation Inherent Resolve, supporta il lavoro congiunto dell’esercito iracheno e dei Peshmerga.

“Il loro sacrificio condiviso e il focus sulla missione #defeatDaesh sarà il punto di partenza per ottenere l’unità nazionale,” ha twittato a luglio un portavoce della coalizione.

La cooperazione non si limita però a quella fra l’esercito curdo e iracheno. Diversi gruppi dell’Iraq, inclusi l’esercito, la polizia federale e il Pmu, lavorano insieme allo stesso modo.

A Makhmour, gli ordini dei Peshmerga provengono dal Ministero Peshmerga. Se rilevano movimenti dell’Isis, informano la coalizione internazionale, non il vicino esercito iracheno e la coalizione coordina le risposte. Il generale di Qara Chokh dice che infatti non c’è più stata una comunicazione diretta e ufficiale con le controparti irachene locali dopo il conflitto curdo-iracheno dello scorso anno.

“Dopo il 16 ottobre, non c’è più quel tipo di dialogo con l’Iraq,” dice Ramazan. Se Peshmerga ed esercito iracheno organizzassero insieme gli attacchi contro l’Isis vicino Makhmour, anziché passare per i rispettivi governi e coalizioni, le azioni potrebbero essere più veloci, secondo Rekani.

“I Peshmerga conoscono gli abitanti di Makhmour, e sanno riconoscere quelli che sono membri dell’Isis” spiega. “Se avessimo una coordinazione diretta, potremmo agire più rapidamente.”

L’assenza di un tale tipo di comunicazione non sta tuttavia guastando i rapporti curdo-iracheni in quest’area, stando a quanto dice Rekani

“Non c’è un quartier generale che gestisce le operazioni qui,” ha detto. “Ma noi (gli iracheni e i soldati curdi) ci vediamo come amici”

Barzanji dice che l’Isis beneficia dei contrasti percepiti tra la regione curda e il resto dell’Iraq, e che lui vorrebbe una più stretta collaborazione con i suoi alleati iracheni, nonostante i passati conflitti.

“Ora l’Isis trae vantaggio dalla percezione che l’esercito iracheno e i Peshmerga siano in contrasto,” ha detto. “Se la nostra alleanza fosse più forte, potremmo sconfiggerlo definitivamente.”

Avere diversi gruppi che combattono l’Isis in Iraq complica le cose, secondo altri. David M. Witty, un ex colonnello dell’esercito degli Stati Uniti che ha prestato consulenza al Counter Terrorism Service iracheno, sostiene che le forze del Paese manchino di un’unità di comando. Esiste un principio in guerra secondo il quale tutte le forze armate devono essere riunite sotto l’autorità di un corpo organizzativo centralizzato. Secondo Witty tale questione è particolarmente sentita nella provincia di Ninive, dove si trova Mosul.

“La provincia di Ninive è un buon esempio, ci sono molti commandi diversi, e nessuno sembra avere un’autorità globale,” ha raccontato.

In Ninive e in tutto l’Iraq, l’esercito iracheno, i PMU, i Peshmerga, la polizia federale, il Counter Terrorism Service e altre forze ancora combattono tutti contro l’Isis. Esiste un Commando Operativo in Ninive, ma Witty spiega che è comunque difficile coordinarsi per i vari gruppi presenti in quell’area.

“Per far sì che le varie forze di sicurezza seguano il corso delle azioni, sembra quasi che ci sia da fare un’opera di costruzione del consenso,” ha detto Witty.

Altri dicono che la presenza di diverse forze armate dell’Iraq non costituisce un ostacolo per la lotta all’Isis. Il portavoce del Commando Operativo di Ninive sostiene che le varie forze della provincia hanno ciascuna un diverso ruolo, e non è necessario che tutte siano coinvolte in ogni singola azione.

“Non è difficile. C’è un buon coordinamento fra la polizia, i Pmu e l’esercito,” dice il Generale di Brigata Firas Bashar riguardo al lavorare con diversi gruppi. “In un’operazione militare, a volte c’è solo una forza in campo, chiunque abbia la responsabilità.”

La coalizione a guida statunitense sembra voler restare in Iraq per ora. Il presidente Usa Donald Trump ha fatto visita ai soldati americani di una base irachena a dicembre, e in quell’occasione ha difeso la sua decisione di ritirare le forze del Paese dalla confinante Siria. Al momento non è in programma che gli Usa lascino l’Iraq, ma alcuni politici iracheni lo hanno invece richiesto, soprattutto dopo la visita di Trump. Il presidente non ha incontrato il Primo Ministro iracheno durante il suo viaggio, non essendo riusciti a trovare un accordo su dove tenere l’incontro: se alla base militare statunitense o a Baghdad.

Ci sono molte teorie cospiratorie in Iraq e nel Medio Oriente sul ruolo dell’Occidente e degli Stati Uniti nella sconfitta dell’ISIS, e alcuni sostengono che gli USA non stiano realmente combattendo il gruppo. Ma alcuni soldati qui dicono che la coalizione internazionale li sta effettivamente aiutando.

“E’ positivo. Quando abbiamo delle operazioni militari ci serve supporto aereo,” dice Bashar riferendosi alla coalizione, che conduce bombardamenti aerei sull’Isis.

L’Iraq si trova attualmente coinvolto in tumulti politici riguardanti l’assegnazione di diverse posizioni del gabinetto. La Turchia continua a bombardare le posizioni del Partito curdo dei lavoratori presenti nel Paese, nonostante le opposizioni dell’Iraq. L’articolo 140, che individua nei referendum il mezzo per risolvere la situazione dei territori contesi dell’Iraq, non è stato implementato. Allo stesso tempo, però, il Paese è molto più sicuro di quanto non lo fosse quando l’Isis aveva raggiunto il suo picco massimo di potere.

Diyari Salih, un attivo commentatore dei media iracheni, sostiene che finché i territori contesi non avranno ottenuto una comune unità, l’Isis continuerà a sfruttarne le divisioni.

“Daesh sta cogliendo un’opportunità in Kirkuk e nelle altre regioni”, ha detto usando l’acronimo arabo del gruppo. “Stanno puntando sul crollo della fiducia sociale in queste regioni.”