La jihadista italiana di Raqqa: “Qui l’Isis ama ammazzare”
HEYN ISSA (Siria) Sonia Khediri ha raggiunto lo Stato islamico quando aveva solamente 17 anni. Ora, prigioniera in un campo profughi dei curdi nel nord della Siria, confessa: “Voglio tornare in Italia, ma ho paura di finire in carcere e di non vedere più i miei bambini”.
“Dello Stato islamico immaginavo qualcosa di più bello e grande di quello che era in realtà”, ammette senza mai togliersi il velo integrale, che lascia spazio solo agli occhi vispi e scuri. La jihadista italiana sembra avere perso l’illusione del Califfato: “Ho amato Daesh (lo Stato islamico nda) pensando di fare la scelta giusta ed invece ho perso la mia vita”.
Il suo racconto è sconvolgente: “La cosa bella di Daesh è che ero libera. Adesso che sono prigioniera dentro il cuore mi manca quella libertà”, esordisce la jihadista italiana. Poi spiega banalmente: “Mi sono convinta ad aderire allo Stato islamico perché nei video che giravano a Raqqa le donne uscivano con il niqab (il velo integrale nda). Volevo vivere come loro”.
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Dopo essersi sposata, segue il marito a Raqqa, la capitale dello Stato islamico in Siria: “I raid della coalizione alleata erano continui – ricorda la giovane che arriva dal Veneto – Quando abitavo nella via dei Treni gli americani hanno bombardato molto vicino. Alle 11 di notte il cielo si è illuminato di rosso e abbiamo sentito arrivare 20 missili, uno dietro l’altro, boom, boom, boom. Era tutto distrutto, ma grazie ad Allah siamo sopravvissuti”.
Sonia sembra, almeno a parole, pentita: “All’inizio ero contenta che Daesh si espandesse convinta che fosse la volontà di Allah, ma poi vivendo a Raqqa ho capito che non era vero. (I mujaheddin) non sono più suoi fedeli servitori. È per questo che hanno perso. Amano solo uccidere. Ai tanti giovani che in Europa credono ancora in Daesh posso solo dire di cambiare idea”.