La piazza e la violenza
I due volti delle proteste francesi

La piazza e la violenza: i due volti delle proteste francesi

En grève jusqu’à la retraite, “in sciopero fino alla pensione”, recita uno striscione a Parigi durante la manifestazione del 28 marzo per protestare contro la riforma delle pensioni voluta dal presidente Emmanuel Macron. La città si è riempita a poco a poco di persone proveniente dal centro, dalla periferia e da regioni circostanti. Se il corteo partito da Place de la République non destava preoccupazioni, è dopo qualche ora che la piazza ha cambiato volto: come in ogni manifestazione francese il lato violento si è presentato puntuale.

Poco dopo le 13 del pomeriggio la piazza si rimepie di colori e bandiere che rappresentano i diversi sindacati, organizzatori di questi scioperi. Più di una decina i furgoni che guidano i vari cortei tra musica rap francese, canti popolari e politici. Alla manifestazione partecipano circa 100 mila persone, un po’ meno rispetto a quella precedente ma sempre un gran numero.

Tanti anche i gilet gialli che hanno trovato nelle nuove manifestazioni terreno fertile per continuare le loro rivendicazioni. Molti di loro non parlano coi giornalisti perché impauriti dai controlli subiti tra il 2018 e il 2019, quando erano in pieno fermento. La partecipazione è eterogenea: giovani e anziani si confondono insieme, gli slogan che portano in mano reclamano gli stessi bisogni, le stesse richieste. Per i francesi e per tutti quelli scesi in piazza, le pensioni sono l’ultima cosa sacrificabile.

“Ci sono problemi più importanti da risolvere al momento”, dice Greg, 81 anni pensionato “come le immense ore di lavoro, i salari da fame, e la difficoltà nel trovare impiego. Questi problemi non vogliono essere risolti. Questo gentiluomo completamente sordo” continua Greg riferendosi a Macron “non ci ascolta e quindi è normale che si scenda in piazza”.

Anche Christophe, 54enne, macchinista, ci racconta che è la settima volta che va a manifestare “partecipo a queste giornate perché nessuno ci ascolta, perché andare in pensione a 64 è qualcosa di inimmaginabile”. Chiedendo ad Alice, studentessa diciannovenne, cosa non le piace di questa riforma lei risponde dicendo che non ha senso. “Questa riforma non serve a niente, quella precedente funzionava già bene. Ma è anche tutto il resto che non ci piace. Niente funziona come dovrebbe”.

Guardando tra le 93.000 persone in piazza è peculiare notare la grande partecipazione giovanile a una manifestazione per i diritti dei più anziani. La rabbia infatti si è spostata anche sui più giovani che si sentono presi in causa come attori sociali importanti. L’aria che si respira è quella di una gioventù spaventata e arrabbiata da una percepita deriva autoritaria di Macron. Anche loro sventolano bandiere e portano cartoni dove hanno scritto frasi di protesta. Stella, 21 anni, studentessa di ingegneria ci dice che sono stati i giovani a ottenere a loro tempo l’età pensionabile a 60 anni, e per solidarietà devono sostenere adesso gli anziani. “Quando si tratta di questioni che riguardano i giovani, gli anziani si preoccupano sempre e si mobilitano per noi. Ecco che noi dobbiamo fare lo stesso”. Francois, contabile 27enne è dello stesso avviso, “ci sono tanti temi per cui potrei scegliere di manifestare, a partire dal clima, ma in questo caso scendo per solidarietà. Far lavorare le persone due anni in più è criminale”. 

Oltre a non digerire la riforma ciò che ha destato scalpore e ha innescato l’intensificarsi delle manifestazioni, è stato l’utilizzo dell’articolo 49.3 utilizzato dalla primo ministro Elisabeth Borne, cioè quell’articolo che consente al governo di non passare dal voto dell’Assemblea nazionale (la nostra camera dei deputati) e far entrare in vigore i propri disegni di legge. “Con l’utilizzo del 49.3 abbiamo capito che c’è un grande pericolo per la democrazia perché le leggi non passano più dal Parlamento e tutto passa dall’esecutivo”, continua Stella. Anche Marie, studentessa 22enne dice di essere preoccupata per come il governo ha abusato dell’articolo 49.3 e lo definisce “fuori legge”. Ed è infatti di “abuso” che tutti parlano. L’utilizzo dell’articolo ha scatenato l’indignazione di tutti malgrado fosse già stato utilizzato in passato numerose volte.

Dunque il nemico è Macron. Nemico perché, a detta di molti, protegge quelli che tutti definiscono i “suoi amici”. Per ogni persona intervistata l’opinione è la stessa, ovvero che il presidente fa i “comodi” di finanzieri, imprenditori e super ricchi quando in realtà nel 2017 aveva presentato un programma nettamente diverso, più vicino alla gente, al semplice cittadino. Il motto infatti era “La France doit être une chance pour tous”, la Francia deve rappresentare un’opportunità per tutti. Eppure dopo cinque anni il motto sembra cambiato e i “tutti” a cui si riferiva non si capisce più chi siano. Attaccare le pensioni al posto che tassare i super ricchi sembra un attacco contro la società a detta di molti.

Macron, fais comme tout le monde, taxe tes potes, “Macron, fai come tutti. Tassa i tuoi amici”, si legge in un pezzo di cartone che sventola una ragazza. O anche “Marzo 2021: le crisi ci rendono più forti!” recita uno slogan riprendendo le parole di Bernart Arnault, milionario francese che avrebbe finanziato tutte e due le campagne elettorali di Macron. Franc, 54enne parigino dice che con i soldi prodotti dai semplici lavoratori come lui i politici ci fanno n’importe quoi, delle idiozie. “Con i nostri soldi dovrebbero mettere in campo delle riformi più intelligenti, serie, non delle stupidaggini come stanno facendo adesso”. Non a caso va ricordato che nel 2021 il presidente lanciò il suo mega piano di investimento miliardario da 30 miliardi investiti in cinque anni in equity, attraverso l’acquisizione di partecipazioni nel capitale di aziende in crescita. “Ci dicono che con le pensioni andremo a creare un buco finanziario, ma in realtà i soldi per riempire questo buco ci sono” Dice Farid 49 anni, funzionario amministrativo, “Non è giusto e non è legittimo che ci sia una riforma di tutte le pensioni tranne quelle di parlamentari e istituzionali. Perché sono sempre i soliti a doversi sacrificare?”.

La rabbia è palpabile in tutti. Nessuno crede ci possa essere un miglioramento e ormai ha perso completamente la fiducia in Macron. Ciò cambia però è l’approccio alla manifestazione. C’è chi è arrivato con le migliori intenzioni cercando di manifestare armato solo di bandiere, slogan e cantando ad alta voce tutto il suo dissenso e chi ha scritto sul volto la violenza. Dopo due ore circa di corteo lungo Boulevard Voltaire, si sentono i primi boati e appaiono le prime colonne di fumo. I cori iniziano a cambiare e l’aria si fa sempre più pesante. Proseguendo verso Place de la Nation e lasciandosi alle spalle i camion dei sindacati e delle varie organizzazioni, il clima cambia radicalmente. La piazza ora è fisicamente divisa in due e mano a mano le scritte sui muri e sulle fermate dei bus conducono a un’imminente rivolta violenta.

Da una parte i manifestanti pacifici dall’altra quelli che in Francia vengono chiamati casseurs, i black bloc. Tra questi si vedono tanti giovani, alcuni adolescenti. Anche la prefettura di Parigi fa fatica a identificarne in profilo. Si dice che siano estremisti di sinistra ma la maggior parte di loro sono giovani arrabbiati e delusi che decidono di passare alla violenza per essere ascoltati. Il boulevard diventa un inceneritore di qualsiasi cosa: biciclette, bottiglie, cassonetti della spazzatura, rifiuti. Tutto viene dato alle fiamme. Molte anche le vetrine e le fermate del bus distrutte. La polizia interviene solo a un certo punto, arrivando dalle strade secondarie e trovandosi difronte tutta la rabbia dei manifestanti.

Alla fine la guerriglia tra di loro e la gendarmerie dura per quattro ore e culmina con lacrimogeni e arresti. Dalle loro fila sente urlare Ne pas réagir aux provocations! Ne pas réagir aux provocations!, non reagire alle provocazioni. Ed effettivamente, dopo che gli abusi della polizia della manifestazione del 23 sono diventati scandalo nazionale, non si sono viste scene particolarmente violente da parte delle forze dell’ordine, malgrado l’uso massiccio e nervoso dei lacrimogeni. Chiusi in Place de la Nation, i manifestanti sono stati fatti evacuare senza troppi intoppi e la manifestazione è terminata verso a sera inoltrata.