
Quelle regioni strette tra Cina e Pakistan
Le regioni al confine strette tra Cina e Pakistan
È circondato da monti innevati e il suo nome si perde nella leggenda: è il Kashmir. Per alcuni indica la terra essiccata dall’acqua. Per altri, invece, le zone abitate da Kashyapa, uno dei sette antichi saggi citati nel Ṛgveda. Per altri ancora è l’oceano di confine. Ed è proprio l’idea di confine ad essere il tratto caratteristico del Kashmir, centro in cui si contendono gli interessi indiani, pakistani e cinesi. Oggi come ieri.
“Non avevo mai visto elezioni in Kashmir”, racconta Tousee Raina, sindaco di Baramulla. “Sono nato nella parte storica della città e credetemi: le percentuali di voto erano molto basse. Il popolo del Kashmir soffriva molto, c’era molto terrorismo. Ma adesso è tutto sotto controllo, grazie alle ottime misure adottate dal governo”. Questa regione, infatti, per anni è stata funestata dal terrorismo. I gruppi più attivi sono quelli islamisti, foraggiati dal Pakistan. In particolare Lashkar-e-Tayyaba (LeT), ovvero l’“Esercito del Bene”, e Harkat ul-Ansar. Gruppi che hanno insanguinato la regione per anni, con scopi innanzitutto secessionistici. Strapparla all’India in favore del Pakistan. Eppure, nonostante le tensioni e la continua minaccia terroristica, il Kashmir sta provando ad andare avanti, dotandosi anche di regole sempre più democratiche. “Sono così contento quando le persone vengono da me e dicono: ‘Vogliamo connetterci al processo democratico’. Sentono una sensazione di speranza”, prosegue Tousee Raina. Ma terra di confine non è solo il Kashmir.
Un’altra area dove si estendono le mire di altri attori regionali, in questo caso la Cina, è l’Himachal Pradesh. Nel 1950 Mao invade questa regione per annetterla alla Cina. Il Dalai Lama fugge e viene soccorso dagli indiani. Prova a organizzare la resistenza e offre una soluzione diplomatica a Pechino. Ma non c’è nulla da fare.
“Sua Santità è stato molto esplicito e chiaro: ‘Nascerò solo in un Paese libero’. Non appena il Tibet è stato occupato illegalmente, l’unico Paese che ci ha contattato è stata l’India”, spiega Rinzin Choedon, presidente di Student for a free Tibet-India. “Anche da parte del governo indiano, è stata molto chiara la posizione che la Cina non ha proprio alcun diritto di scegliere il prossimo Dalai Lama. Quello che noi chiamiamo il vero Panchen Lama, è stato rapito dal governo cinese non appena è stato riconosciuto da Sua Santità. È stato arrestato quando aveva solo sei anni. Ci sono dichiarazioni ufficiali che dicono che sta bene, non vuole essere disturbato. Quindi, che cosa ne deduci?”. Il futuro del Tibet è incerto. La Cina continua a volter dominare l’area. Eppure i tibetani non si fermano: “In questo momento stiamo prosperando”, prosegue Rinzin Choedon, “con tutte le strutture fornite dal governo indiano ora siamo in grado di avere una nostra comunità. Questo ha aiutato immensamente, per mantenere quel fuoco vivo, per combattere per la nostra libertà e per il nostro Paese. L’India è una casa lontana da casa”.