
Un paradiso infernale
Acapulco, l’inferno in paradiso
Nelle acque cristalline di una baia del Pacifico, la bellissima Elizabeth Taylor sorrideva estasiata dalla bellezza di una città che per lei e molte altre celebrità di Hollywood sarà un nome sinonimo di Paradiso: Acapulco.
Oggi Acapulco, la città più importante dello Stato di Guerrero, è teatro di una lunga guerra tra i gruppi criminali e il governo messicano. Le conseguenze sono povertà, violenza e quindi la fuga di tutto il turismo benestante, specialmente da Stati Uniti e Canada.
Nonostante l’operazione “Guerrero Seguro”, imponente missione strategica di coordinamento tra tutte le forze armate e di polizia indetta dal governo guerrense, i risultati sono stati miseri. Acapulco rimane una delle città più violente di tutto il Centro e Sud America. Insieme a Los Cabos e Tijuana, anche Acapulco da anni ha i numeri di un paese coinvolto in un conflitto. Solo a dicembre del 2019 sono stati registrati 42 omicidi.
Il neo sindaco di Acapulco, Adela Ocampo, ha promesso battaglia per sconfiggere la criminalità e riuscire a far tornare le grandi crociere e riattivare il turismo. Ma dopo la campagna politica, l’escalation di violenza ha ripreso il suo percorso. In un solo giorno possono anche esserci cinque omicidi, molti nelle aree periferiche come colonia

Zapata o El Coloso. Ma anche lungo la costa è possibile possono essere ritrovati corpi smembrati di vittime non collegate con le attività criminali. “Quando arriva il fine settimana la situazione peggiora, arrivano più turisti ma anche aumentano le segnalazioni di sparatorie” riferisce il fotografo Paco, che da anni vede questa mattanza con un’inquietante cadenza settimanale.
La giustizia non può procedere, ostacolata da un muro di omertà, rarissimo trovare testimoni anche se una vittima viene recuperata in orario pomeridiano in mezzo ad un affollato mercato. Gli stessi reporter locali rischiano moltissimo, raramente si muovono autonomamente e preferiscono essere in gruppo, temendo false chiamate per non cadere in trappole orchestrate dai criminali della città. “Siamo costantemente in pericolo, a luglio hanno sparato alla mia macchina, sono vivo per miracolo” dice Nelson Matus ai suoi colleghi dopo un attentato subito proprio nel quartiere dove vive.

I turisti che frequentano Acapulco vengono da tutto il Paese, nei fine settimana specialmente dalla capitale, Città del Messico, che dista solamente quattro ore di macchina. Ma il flusso è comunque calato perché la risposta “visibile” del governo, con continui pattugliamenti dell’esercito anche nelle aree più frequentate, non crea un senso di protezione ma ricorda a tutti lo stato di guerra che si vive da anni. Lungo le spiagge è possibile vedere pattuglie armate che passano vicino i turisti, che non sentono protezione ma disagio. Il problema, tuttavia, è che quando l’amministrazione decide di alleggerire i controlli, la risposta che arriva dai criminali è feroce e immediata.

Tra il 2017 e il 2018, il Messico ha affrontato il record di vittime dovute alla guerra al narcotraffico e alla criminalità. Solo nello Stato di Guerrero più di 2500 vittime nel 2018, ma l’inizio di questo 2020 sembra più positivo forse anche per la decisione del governo di Obrador di istituire la Guardia Nazionale. Il presidente del Messico ha voluto dare un segnale forte, ottenendo la maggioranza assoluta per la creazione di questo nuovo organo di sicurezza, che avrà poteri più ampi di polizia ed esercito. Secondo alcuni, questo può essere un gioco pericoloso: una democrazia con una forza armata che può operare tramite leggi speciali potrebbe violare alcuni diritti umani. Ma il presidente Obrador respinge nettamente le accuse.
La ferocia dei cartelli e di altri gruppi è terribile, non si limitano all’omicidio in sé ma anche ad attuare la cosiddetta “necropolitica”: manifestare il proprio potere consolidando la paura tra la gente e assumendo il ruolo di giudici della morte per chi vive sotto il loro territorio. Corpi smembrati, mutilati, lettere ai parenti delle vittime che non mostrano pietà, ma anzi deridono la persona uccisa.

Recentemente sui ponti lungo la provinciale che da Acapulco sale verso Tierra Colorada sono apparsi cartelli che minacciano Efren Cantù e Antonio Ruiz, i comandanti in capo alla sicurezza di Acapulco. Ovviamente nessuno sa chi ha messo questi manifesti apparsi numerosi lungo la strada.
Ad Acapulco e nello Stato di Guerrero le vittime possono essere qualsiasi persona: chi legato ad un altro gruppo criminale, chi magari ha debiti.