“Gli angeli del fango”
L’Emilia Romagna nella morsa dell’alluvione

Gli angeli del fango

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“Vedi l’orologio lì, in alto? Le lancette sono ferme alle 03:45, l’ora esatta in cui l’acqua ha raggiunto la piazza. Da lì è rimasto fermo, proprio come il resto del paese.” A raccontarlo è Giovanni (nome di fantasia, ndr), volontario della Protezione civile, mentre si avvicina a un tendone allestito dalla stessa in piazza Umberto I, piazza centrale di Sant’Agata sul Santerno, comune a ovest di Lugo, in Provincia di Ravenna. Unico segno di vita in un centro che fino a poco fa era vissuto dagli abitanti del paese: un autocarro dal quale distribuiscono caffè, circondato da pile di succhi in scatola e di biscotti. “Qui i ‘Baiocchi’ e il succo d’ananas sono diventati il simbolo dell’emergenza dell’Emilia Romagna”, scherza la ragazza che sta dietro il bancone della camionetta. Anche lei fa parte della Protezione civile, come tutte le persone sedute all’ombra del tendone.

Nell’arco di 15 giorni, dal 2 al 17 maggio, in Emilia Romagna è caduta una quantità d’acqua che di solito si registra in 7 mesi di pioggia, secondo quanto dichiarato dal meteorologo e presidente dell’Ampro Pierluigi Randi. A Sant’Agata si stima che nella sola notte del 16 maggio siano caduti tra i 100 e i 150 millimetri di pioggia. “Sono stato mandato qui in pre-allerta, l’acqua è arrivata verso le 4:00 del mattino, noi eravamo in campo alle 08:30”, racconta Giovanni. Il tendone sotto il quale sta sorseggiando il suo caffè è l’unico rimasuglio di una vita “normale”, interrotta dall’alluvione. I volontari e la Protezione civile sembrano aver preso il posto degli abitanti, infatti, solo pochi di loro transitano la piazza, che rimane perlopiù deserta: una coppia a spasso col cane, un signore in bici.

Le strade circostanti non sono diverse. L’unico movimento è quello dei mezzi pesanti e delle macchine della Protezione civile che con le loro ruote alzano nubi di polvere che tinteggiano strade ed edifici di giallo. “Sembra il Far West”, commenta un residente. Lì dove il fango non si è ancora asciugato c’è chi cammina a fatica, cercando di non scivolare. Tranne che per il grugare delle tortore, il silenzio viene interrotto solamente dal rumore di trapano, pompe e getti d’acqua che cercano di lavare il pavimento. Testimoni di una ricostruzione che si rieccheggia per le strade, i cui attori, però, rimangono perlopiù dietro le quinte. L’unica eccezione: i volontari.

“Gli angeli del fango”. È così che li chiama Giovanni, riprendendo il nome con cui sono stati battezzati dalla popolazione e dalla stampa. Flavio, dipendente del Comune di Sant’Agata, spiega che all’inizio dell’emergenza i volontari sono arrivati a centinaia. “Siamo partiti da una presenza di 1.600 volontari (Sant’Agata conta circa 2.860 abitanti, ndr). Questo ci ha dato la possibilità di rispondere a qualsiasi segnalazione, mandando anche 30 persone a compiere un lavoro per cui ne sarebbero bastate 5, permettendoci così di aiutare in fretta e su diversi fronti. Siamo arrivati al punto da poter mandare i volontari sul campo a raccogliere le segnalazioni di aiuto”. Ma la presenza dei volontari non è rimasta costante: “Ora, a due settimane dall’alluvione, molte persone sono tornate a lavorare, le aziende hanno riaperto e quindi il numero è calato significativamente. Adesso sono i residenti a dover venire da noi a segnalare se hanno bisogno e dobbiamo cercare di distribuirli in modo tale da soddisfare le richieste di tutti.”

Il cuore pulsante di questa azione si trova lungo via Roma, presso la scuola elementare di Sant’Agata: qui, accanto al campo base della Protezione civile della Lombardia, è stata allestita la sede temporanea del Comune, dopo che il municipio è rimasto inaccessibile a causa delle alluvioni. Del prato verde su cui giocavano i bambini durante gli intervalli è rimasto solo una spianata di fango. Ora l’attività maggiore si concentra sotto un tendone blu, posto davanti l’ingresso del Comune. I volontari, tra pale, badili e panni appesi ad asciugare, restano in attesa di aver assegnato loro un lavoro: chi andrà a spalare, chi invece si occuperà della distribuzione di beni. Fra loro vi sono due amici, entrambi provenienti da Bologna, uno dei quali ha preso il permesso dal lavoro per poter scendere a Sant’Agata a dare una mano. Altri tre ragazzi provengono invece dall’Università di Bologna e tra un esame e l’altro, in piena sessione, si sono presi un giorno anche loro per aiutare i residenti del paese. Ci sono anche Flavia, Andrea e Roberto: “Via Bachelet 12” è l’indicazione che viene data a loro. Lì risiede una coppia anziana che proprio poco fa era venuta in Comune per segnalare il bisogno di avere alcuni volontari che li aiutassero a liberare il loro giardino dal fango.

“Ci siamo svegliati alle 3:30 del mattino”, racconta il signore, la voce agitata dal ricordo di quella notte, “abbiamo guardato fuori dalla finestra e la strada intera era coperta d’acqua. Non vedevamo il muretto, le piante, tutto coperto dal fango”. Indica il portone del garage dietro di sé, sul color petrolio si staglia una linea color sabbia, all’incirca ad altezza d’uomo: “L’acqua è arrivata fin lì. Fortuna ha voluta che scorresse verso la fine della strada, una fiumara che ha continuato per sette, otto ore”. Nel frattempo, i tre volontari stanno lavorando, muniti di pale, per aiutare la coppia: strato dopo strato levano il fango dal loro giardino, le piante sono tuttora ricoperti da un sottile velo di polvere. La terra viene accumulata davanti alla casa in un mucchio, simile a tanti altri visibili per il paese.

Linee come quelle della casa in via Bachelet sono sparse per tutto il villaggio. Nella piazzetta della chiesa, alle spalle di piazza Umberto I, la notte del 16 maggio l’acqua ha ristagnato e sulla parete dell’edificio ecclesiastico i mattoni ancora bagnati segnano l’altezza che ha raggiunto: 1,60 metri. Ma non è l’unico testimone dell’alluvione, le case e le strade parlano da sé: decine sono i pian terreni le cui finestre sono spalancate sul buio, un vuoto che fino a pochi giorni fa era riempito di mobili e oggetti di valore, travolti da acqua e fango e ora riversati in cumuli sulle strade, in attesa di essere raccolti e portati al macero. In un panificio che da sulla strada principale vi sono sacchi di farina e di lievito, non ancora eliminati, che fermentano contaminati dall’acqua, mentre il cimitero, come visibile dal ponte, è ricoperto ancora da uno strato di fango.

In questa apparente desolazione spicca ogni tanto la figura di una persona impegnata nella pulizia e nel censimento dei danni. Fra questi anche Girolamo Serrapica, dipendente della Segreteria Generale di Palazzo Marino, mentre valuta lo stato della piccola stazione di Sant’Agata, situata in cima alla collina. Come spiega, Girolamo fa parte del contingente personale amministrativo, inviato da parte del Comune di Milano in risposta alla richiesta dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani). Anche lui batte le strade del luogo, cercando di registrare e valutare dei danni che necessitano ancora di intervento. Fra questi anche i cumuli di macerie e mobili, appunto, che attendono l’arrivo dei mezzi della Protezione civile. Una volta compiuto il sopralluogo, dovrà poi coordinare i vari interventi con l’aiuto del Comune e della Protezione civile.

L’intervento in ambito amministrativo comprende anche l’assistenza ai residenti che devono presentare la domanda di contributo per l’autonoma sistemazione, ovvero un contributo per coloro che sono sfollati e che ora devono trovarsi un altro luogo di abitazione e la domanda di contributi per l’immediato sostegno alla popolazione. Fra questi vi è la volontaria Monje, che spiega la fila di residenti che si sta creando dinnanzi all’ingresso del Comune: “La Regione ha finalmente pubblicato i moduli per la domanda per i contributi di sostegno; dunque, ci aspettiamo un grande afflusso durante la giornata di oggi e nei prossimi giorni”. I moduli sono stati in parte creati basandosi su quelli preesistenti, redatti durante le emergenze sismiche, ma “c’era bisogno di controllarli per vedere se potessero andare bene per un’emergenza alluvionale come questa”. La difficoltà sta anche nei tempi necessari per comprendere i moduli stessi, i documenti necessari e garantire una risposta e un servizio il più veloce possibile a chi ne necessita. Infatti, durante il mattino, a chi si avvicina in cerca di aiuto viene chiesta pazienza: “Devo prima studiarmeli io, poi vi saprò dire cosa serve”, è la risposta tipica che si sentono dire gli abitanti. “Passate oggi pomeriggio a partire dalle 14:00”.

Nel frattempo si è fatta l’ora di pranzo e dietro la scuola, in un parcheggio, la Protezione civile di Parma sta distribuendo i pasti ai propri uomini e ai residenti. Fra i tavoli vi sono anche alcuni volontari, essendo pochi gli è stato detto che avrebbero potuto rivolgersi anche loro al banco cibo. “Sono molto gentili qui. Ci era stato detto di portarci dietro acqua, da mangiare e gli attrezzi necessari a lavorare, ma in realtà ci hanno fornito praticamente tutto loro. Sarà anche perché siamo di meno”, osserva Danilo, uno dei ragazzi addetti a spalare.

Giunto da Rimini, uno dei luoghi meno colpiti dal maltempo, stava lavorando fino a poco fa, insieme a due amici, in una via parallela. Il padrone di casa, a lavoro terminato, ha voluto cogliere l’occasione per ringraziarli: “Dico solo che che se non fosse stato per voi volontari oltre che nel fango saremmo stati nella…”, ha scherzato con i ragazzi di fronte a lui, per poi, d’un tratto, farsi serio: “Sapete, nella tragedia, nel disagio, ho visto anche una grande umanità e solidarietà. Voglio dire, non ti senti solo. Da tutto questo disastro riesce a emergere comunque un aspetto positivo”. I tre ragazzi hanno annuito.

“Certo, a uno verrebbe da chiedere, quale aspetto positivo? Ci sono persone che hanno perso casa, mobili, tutto. Però continua ad affiorare questa grande umanità, che è importante. Ho visto persone, anche di una certa età, che si sono messe a piangere davanti ad una vita piena di sacrifici andata completamente persa. C’è gente che stava ancora pagando il mutuo.”  In seguito alle alluvioni gli abitanti del paese, come quelli di molti altri comuni, sono rimasti senza luce. “Siamo rimasti due, tre notti senza elettricità. Durante queste sono arrivati gli sciacalli, hanno rubato pezzi di macchine, alcuni si sono persino spacciati come assistenti stradali e, muniti di carro attrezzi, hanno portato via interi veicoli”.

In una situazione, dunque, come quella a Sant’Agata sul Santerno e in Romagna può sembrare facile perdersi nel disastro dell’alluvione. La speranza rischia di coprirsi di quella patina di polvere che avvolge case, strade e macchine e ogni tentativo di ricostruzione potrebbe sembrare vano di fronte a certe tragedie. “Ci sono stati tre morti, non lontano da qui”, il signore alza la mano per indicare la direzione, “due erano in sedia a rotelle, morti annegati perché nessuno è riuscito a recuperarli.”