Video di Simone Rigamonti, Matteo Peverelli, Matteo Turconi, Alessio Fantinato
Video di Simone Rigamonti, Matteo Peverelli, Matteo Turconi, Alessio Fantinato
Distanza Sociale
Sono trascorsi sessanta giorni da quando è stato annunciato il primo caso di un paziente ammalato di Covid in Italia. Era il 20 di febbraio, un giorno d’inciampo nei nostri calendari, una data spartiacque che ci ricorda il momento in cui lo straordinario è divenuto ordinario e la quotidianità ha sempre più assunto i connotati di una pena orfana di punizione.

E’ quella data l’inizio della nostra familiarizzazione con notizie che sono tormenti, con la conta del dolore all’ora del notiziario e con provvedimenti e appelli al contenimento, divenuti il termometro della coscienza civile del Paese.
Siamo in grado di dire quando tutto è iniziato e saremo anche capaci di dire in che giorno tutto sarà finito, ci sarà un prima e un dopo coronavirus, ma il mentre, questo presente lungo due mesi che indica una frontiera sulla linea del tempo, siamo capaci di descriverlo? Com’è quest’oggi fatto di noie ed interrogativi e di dolori privati senza compianto?

9 aprile 2020, Milano. Conferenza Stampa del Ministro Francesco Boccia e del capo del Dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli a Palazzo Marino. Foto Claudio Furlan/LaPresse
E’ mattina, Milano è deserta, irriconoscibile, Piazza del Duomo, la Galleria e Corso Vittorio Emanuele, luoghi di frenesia e familiari persino nei dettagli sono ora invece desolati e stranieri, come stranieri appariamo noi nelle nostre case.

I luoghi del nostro privato, dove viviamo e custodiamo, con fiera gelosia, la parte più profonda di noi hanno ora l’ambivalente significato del rifugio ma anche della reclusione e dentro case che ci preservano e precludono, le nostre vite arrancano sospese tra un telegiornale e una video chiamata, un esercizio di ginnastica e un brindisi davanti a un monitor tra una cena in famiglia e la ricerca di una lettura che ci venga in soccorso quando la compagnia di noi stessi ci viene a noi.

Poi però l’eco improvviso di un’ambulanza che si arresta proprio di fronte a casa e un vicino trasportato d’urgenza in ospedale ecco che ridimensionano le nostre lamentele al rango di capricci e ci ricordano l’esistenza d un mondo di fuori fatto di medici e infermieri intabarrati in scafandri ermetici, di pianti ingoiati in solitudine e di separazioni vissute come condanne in attesa di giudizio. ”Siamo abituati all’emergenza, alle cose peggiori, ma non siamo abituati a tutto questo”, racconta Matteo, un soccorritore del 118 e poi aggiunge ”è un’esperienza che ti fa capire che ogni secondo della tua vita è essenziale”.

18 aprile 2020, Torino. Conclusi i lavori di allestimento della nuova area sanitaria all'interno delle OGR (Officine Grandi Riparazioni). Foto Fabio Ferrari/LaPresse
E’ lo stesso mondo, lo stesso Paese, la stessa regione, la stessa città, ma la realtà viaggia su due fusi orari diversi da un lato c’è il tempo nostro, quello dei secondi che si convertono in ore, della pazienza come norma di condotta e dell’attesa come protocollo sanitario. Dall’altro lato c’è il tempo degli operatori sanitari, quello delle ore che si tramutano in secondi, della frenesia come pratica operativa, del sacrificio come interpretazione del lavoro.

”Distanza sociale” è un viaggio silenzioso e intimo che non ha la presunzione di sciogliere dubbi e nemmeno azzardare soluzioni, ma di fotografare questo limbo del contingente divenuto il proscenio della nostra vita. ”Non abbiamo voluto indagare sul virus e sul sistema sanitario, ci siamo focalizzati sulla quotidianità per realizzare un ritratto il più oggettivo e privato possibile della quarantena. – ha spiegato Simone Rigamonti, uno dei videomaker che hanno sviluppato il lavoro.

Abbiamo descritto le nostre storie riprendendo ciò che avviene nelle nostre case e parallelamente abbiamo voluto inserire le testimonianze di medici e infermieri che invece in casa non stanno mai. Con loro abbiamo cercato di affrontare gli aspetti più personali e più delicati del mestiere. Il risultato finale è una diapositiva della vita comune, nella regione più colpita d’Italia, durante l’emergenza per il Coronavirus”.

18 aprile 2020. Otilia Maria Martinez Dos Santos, artista del circo itinerante Rony Roller, fermo per l'emergenza sanitaria. AP Photo/Alessandra Tarantino
La sensibilità narrativa che rifugge la dialettica pugnace e la metafora belligerante, traccia un ritratto della Lombardia più autentico e veritiero di quanto possa fare la retorica dell’eroismo e del sacrificio in trincea. Non è una guerra quella che viene descritta ma una realtà fatta di uomini concreti permeati da debolezze e ostinazioni, perseveranza e malinconie.

Guardiamo il nostro mondo fatto di gente comune e ci riscopriamo per quello che siamo: artigiani di piccoli gesti che nella solidarietà anonima e nell’impegno compunto rivelano un’attenzione all’altro e un silenzioso pragmatismo; solidi argini allo stillicidio della rassegnazione.

Non c’è magniloquenza e nemmeno verbosità e chiunque ritroverà un po’ di sé in questo cortometraggio che ha il potere evocativo di un album di famiglia corale che sfogliato collettivamente ha la capacità di farci sentire meno soli e maggiormente uniti.

E soprattutto è un messaggio di fiducia dal momento che ha anche la capacità di farci riassaporare, seppur nel dolore, il gusto, forse un po’ perduto, del domani, perché il racconto della nostra quotidianità, fatto di paziente buon senso e laboriosa ostinazione, altro non è che l’evidenza di un tenace orgoglio.
Video di Simone Rigamonti, Matteo Peverelli, Matteo Turconi, Alessio Fantinato