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Lontano da una visione arcaica e turistica, oggi i Sami sono coinvolti pienamente nella vita del Paese e ricoprono ruoli lavorativi che li vedono perfettamente integrati nella società norvegese.
Cultura e tradizione oggi convivono in uno stile di vita moderno, mantenendo però alcuni punti fermi e avendo strettamente a cuore la tutela dell’ambiente.
L’allevamento delle renne resta una parte importante dell’economia Sami. Ma non solo: esistono anche i Sami della costa. Originariamente dediti all’allevamento di pecore, all’agricoltura e, in misura minore, alla pesca, con i Sami della tundra intrattenevano rapporti regolari, in particolare scambi commerciali. Semplicemente, i Sami della tundra, a causa dell’allevamento, si possono definire “popolo nomade” mentre i Sami della costa sono più stanziali vivendo lungo i fiordi e nelle valli.
L’economia del baratto, in auge sino a non troppi anni fa, era fondamentale in un luogo irraggiungibile perché privo di collegamenti stradali. Ci si poteva muovere solo con le slitte e dunque – per ottenere beni di prima necessità quali lana, coltelli e altri manufatti – i Sami della costa incontravano quelli della tundra durante la transumanza di questi ultimi al seguito delle renne.
La definizione di “Sami della costa” rappresenta quella parte di popolazione più stanziale che non si occupa dell’allevamento delle renne.
In passato i mestieri principali erano l’allevamento di ovini e la tessitura della lana. La pesca non rappresentava la principale fonte di sostentamento, nonostante fosse parte della loro economia. I legami tra Sami della costa e Sami della tundra, infatti, erano e sono ancora oggi fortissimi. Le prime strade di collegamento con il resto della Norvegia vennero costruite solo nel 1970 e dunque, fino a quell’anno, l’economia doveva basarsi sullo scambio tra le due popolazioni Sami.
Se i primi potevano fornire lana, materiale tessile e oggettistica realizzata in legno e osso (oggetti tipici chiamati “duodji“ e utensili come coltelli, calze in lana, coperte, il tutto rigorosamente fatto a mano), i secondi potevano rifornire i Sami della costa con pelli di renna (ottimo isolante dal freddo di queste zone oltre il circolo polare artico), e carne.
Storicamente i Sami della tundra sono dediti all’allevamento delle renne: è questo a renderli nomadi. Infatti, sono loro a seguirne i movimenti e non viceversa.
Le renne vivono in libertà, spostandosi dalla costa alla tundra alla ricerca del cibo, cge varia a seconda delle stagioni, e seguono la stessa tratta da centinaia di anni. I Sami, che venivano iniziati a questo faticoso lavoro sin da bambini, le seguono in una vera e propria transumanza che oggi, a differenza del passato in cui si utilizzavano slitte trainate da renne, viene fatta in motoslitta durante l’inverno e in quad ed elicottero durante l’estate.
L’innovazione e la tecnologia sono arrivate anche lassù nella tundra e infatti oggi le renne sono dotate di collari Gps al fine di tracciarne i movimenti e non è raro vedere volteggiare un drone per controllare la mandria.
Questo semplifica non poco la vita dei pastori in quanto, rispetto al passato, possono permettersi di costruire delle “cabin“ (semplici casette di legno dotate dell’essenziale e spesso prive di energia elettrica) lungo la tratta percorsa dalle renne e spostarsi di “cabin” in “cabin” seguendo il loro cammino.
Un’app collegata al collare delle renne permette di localizzare più precisamente possibile il loro movimento e fa sì che possano essere raggiunte senza doverle costantemente seguire. In passato, infatti, i pastori nomadi si accampavano con una tenda chiamata “lovvo” dove le renne si fermavano a riposare e ripartivano non appena queste si muovevano. L’ultima transumanza con le slitte e le renne è stata fatta, in Norvegia, nel 1976.
Viene da pensare che il lavoro dell’allevatore oggi sia dunque molto più confortevole. Questo però è vero solo in parte. Nella tundra infatti le temperature possono raggiungere i -30 gradi e le tempeste artiche arrivano improvvise, rendendo impossibile orientarsi a meno di non avere con sé un Gps. Inoltre nella tundra l’unico collegamento possibile con la città è dato da un telefono satellitare: rimanere in panne in mezzo a una tempesta artica o perdere la rotta possono comportare la morte.
Non rari sono infatti gli incidenti in tal senso e se a questo aggiungiamo la nuova problematica data dal cambiamento climatico si crea un mix letale.
L’andamento delle stagioni è diventato ancor più imprevedibile e il ghiaccio è più sottile: capita che viaggiando sulla superficie ghiacciata dei laghi o dei fiumi nella tundra, questa si rompa trascinando con sé il malcapitato che, se non riesce a riemergere in fretta, è destinato a morte certa.
In estate, quando i nuovi nati fanno capolino nella mandria, è il momento della conta e della marchiatura: ogni famiglia Sami si predispone a seguire la mandria e a direzionarla verso grandi recinti dove ogni renna giovane verrà marchiata con il simbolo del Sami che riuscirà a prenderla. Ogni famiglia Sami ha infatti un proprio simbolo ed è attraverso quello che si stabilisce la proprietà dell’animale. Oggi i marchi di ogni famiglia sono registrati su un’apposita app.
Si tratta di un lavoro sfiancante, che dura giorni e giorni: portare le renne nei recinti della marchiatura è un’operazione tutt’altro che semplice.
Questi animali infatti, vivendo liberi, non sono abituati alla presenza dell’uomo e tendono a fuggire non appena qualcuno si avvicina loro.
Così i Sami si dividono in gruppi: le motoslitte o i quad accerchiano le renne e, stando a una distanza importante (circa 200 metri), cercano di spingerle verso i recinti. Le renne si spostano in una sorta di fila indiana che può raggiungere centinaia di metri, se non a volte anche qualche chilometro. Raccogliere la mandria è un’operazione assai delicata in quanto, se uno solo degli animali cambia percorso, tutte le altre renne lo seguono.
Dopo la marchiatura, che avviene con il tradizionale coltello Sami realizzato a mano utilizzando legno, osso e acciaio, le renne vengono immediatamente rimesse in libertà.
È poi durante l’inverno, tra dicembre e febbraio, che si torna nella tundra per scegliere quali animali verranno utilizzati per fornire carni, pelli e quanto serve per il sostentamento.
Questo stile di vita, così connesso e dipendente dalla natura, è però oggi messo a dura prova. Gli scavi minerari, l’installazione di pale eoliche o tralicci della corrente minacciano il futuro del popolo nomade.
Le renne vengono disturbate da questi nuovi “ostacoli” presenti sulla loro rotta: la nuova conformazione del paesaggio, nonché i rumori prodotti da queste installazioni, disturbano gli animali durante la transumanza costringendoli a cambiare percorso e facendo loro spendere molta energia in più rispetto al passato. Questo mette a dura prova la mandria e molti animali non sopravvivono.