Cuba, il coraggio di essere cristiani

Cuba, il coraggio di essere cristiani

Unica voce fuori dal coro che si riesce a trovate in tutta L’Avana, è quella dei cristiani. Costretti a nascondersi nei decenni passati dalle persecuzioni messe in atto dal regime socialista, di recente i cristiani hanno ottenuto la possibilità di pregare senza più nascondersi, anche se non tutto può essere fatto alla luce del sole per le decisioni passate di Fidel Castro. Nonostante fosse nato in una famiglia di cattolici ed avesse studiato dai Gesuiti, l’ex presidente si schierò da subito contro la Chiesa dopo la sua salita al potere. La presenza di un’altra dottrina, qualsiasi essa fosse, oltre a quella del socialismo non era accettata dal Lider Maximo.

Dopo aver statalizzato le scuole cattoliche, nel 1961 Fidel mandò via dall’isola più di cento preti mentre altri furono portati nei tristemente noti campi di lavoro UMAP. Il Natale fu abolito e tuttora non si vedono segni della festività nelle case e nei negozi di L’Avana nonostante negli ultimi anni il divieto di festeggiarlo sia stato tolto. Con il tempo, osservando anche l’ascesa della religione cattolica nel resto del Sud America, Castro cambiò idea e decise di avvicinarsi al Vaticano, sperando anche in un aiuto nelle questioni politiche mondiali che lo riguardavano dopo aver perso il sostegno della smantellata URSS. In ogni caso, fino alla fine agli anni ’90 i cristiani erano formalmente perseguitati e non poteva riunirsi né attendere le messe. Sui posti di lavoro e nelle scuole la propria fede veniva tenuta nascosta per paura di essere denunciati e licenziati. La visita di papa Giovanni Paolo II nel 1998 aprì uno spiraglio per i cattolici dell’isola. Il pontefice fu accolto da milioni di persone e alla messa in Plaza de la Revolucion partecipò lo stesso Fidel. Da quel momento i cristiani di Cuba goderono di maggiore libertà, ma ancora ai giorni nostri vige una sorta di riservatezza e timore nel comunicare il proprio credo. “Che Cuba si apra al mondo e che il mondo si apra a Cuba” disse Giovanni Paolo II, ma a distanza di quasi venti anni si può dire che molto poco è cambiato.

I membri della chiesa presbiteriana di L’Avana ricordano le difficoltà iniziali nel farsi accettare dai locali, che ancora prima dell’arrivo del regime praticavano i culti animisti della Santeria e della Yoruba. “I cubani sono persone spirituali, ma col tempo hanno perso interesse nella religione – spiegano gli avventori della chiesa – noi portiamo avanti la parola di Dio che è quella di unione e armonia”. Fidel Castro era riuscito a estirpare ogni pratica religiosa dalla nazione, ma l’elezione del primo papa sudamericano Francesco ha dato nuova forza ai credenti locali.

La sua visita nel 2015 fu molto più importante di quella di Benedetto XVI nel 2012, grazie alla sua immagine pacifica amata dal popolo. Se negli altri settori l’avvento di Raul è stato salutato come un passo avanti per le questioni cubane, nel campo della religione l’allerta resta alta, dato che il nuovo presidente non ha mai nascosto la sua avversione per la fede, imparata durante un viaggio in Russia in gioventù. Il prete Raniel della chiesa Nuesta Senora del Carmen è perciò ancora molto critico con l’operato dell’ex presidente e ammette che i problemi esistono ancora. “Spesso i fedeli mi dicono che devono tenere nascosta la loro fede e questo non è un bene – spiega il prete – la mia speranza è che a Cuba ci sia presto più di un partito, con il quale la Chiesa possa dialogare come fa negli altri stati del mondo”. La libertà di espressione dei cattolici dell’isola passa anche attraverso il coraggio di questo prete, unico cubano pronto a criticare apertamente il governo.