Nicosia, l’ultima capitale divisa

Nicosia, l’ultima capitale divisa

Da Nicosia. Si dice che la forma di Cipro ricordi la sagoma di una chitarra, adagiata sulle acque calde del Mediterraneo orientale. Un’immagine poetica, che contrasta con la realtà di un’isola spaccata in due da un confine fortificato che la taglia in due come un colpo di accetta.

Dal 1974 Cipro è divisa dalla cosiddetta “Linea verde”: 130 chilometri di fortificazioni, filo spinato e cavalli di Frisia che corrono da una spiaggia all’altra, separando la Repubblica di Cipro dalla sedicente Repubblica turca di Cipro Nord. La metà greco-cipriota da una parte, quella turco-cipriota dall’altra.

In mezzo, nella zona cuscinetto presidiata dalle truppe delle Nazioni Unite, una striscia di terra – in alcuni punti larga anche diversi chilometri – che tiene lontano soldati e borghesi delle due metà.La ferita che deturpa la bellezza di Cipro è più evidente a Nicosia. La capitale delle due repubbliche è attraversata da un muro come la Berlino del secondo Novecento. Nella parte greca candide chiese ortodosse e bandiere bianco-blu; in quella turca, svettanti minareti ed enormi vessilli con stella e mezzaluna. Per attraversare il confine disegnato dalla guerra occorre attraversare il checkpoint di Ledra Street, il corso principale della città adorno di balconi in stile liberty d’epoca coloniale. Un tempo era il luogo della passeggiata domenicale, oggi è il simbolo della divisione.I documenti passano dalle mani degli ufficiali greco-ciprioti, ciarlieri e distratti, a quelle dei più puntigliosi turco-ciprioti. A uno sguardo superficiale potrebbe sembrare una formalità, ma il tratto cittadino della Linea è sorvegliato da mille occhi invisibili.

Lungo via Zahara, nella parte turca della città, le finestre che affacciano sul confine disegnano un’impressionante teoria di persiane chiuse.

Le donne che chiacchierano sedute sul marciapiede sostengono che celino i soldati turchi,intenti a sorvegliare il confine. Spiano il vallo presidiato dalle Nazioni Unite, che è ricavato nel fossato antistante le antiche mura veneziane. Oltre, un altro checkpoint, questa volta tenuto dai greci.Lì sono affisse le gigantografie di Isaac Tassos, l’attivista greco-cipriota che nel 1996 venne ucciso a bastonate dai nazionalisti turchi dei Lupi Grigi mentre cercava di forzare la zona cuscinetto. Una tragedia ripresa in diretta tv sotto gli occhi attoniti del mondo.

Oggi per fortuna la situazione è più tranquilla: negli ultimi quattro anni dal confine sono transitati pacificamente oltre 25 milioni di persone. Al passaggio di Ledra Street un caffè greco ha addossato i tavolini del dehor a ridosso dei sacchetti di sabbia, con i vasi di fiori incastrati nelle volute arrugginite del filo spinato. È l’ultimo negozio prima della Linea, oltre la cucina che sforna pasti a ripetizione c’è il nulla. Quello che un tempo era il caravanserraglio è spaccato a metà. La vita si è fermata al limite raggiunto dagli invasori: nella zona tenuta dall’Onu è il deserto, con le porte delle botteghe ancora sfondate e il vento che fischia per le imposte distrutte.

Una coppia di turisti berlinesi si ferma a contemplare lo spettacolo, mano nella mano. Osservano i bidoni allineati a sbarrare la strada, si stringono uno all’altra: “Non pensavo di assistere a queste scene in Europa”, commenta lui.Ma la lacerazione più evidente è nell’animo dei ciprioti. Nella aule scolastiche la Linea Verde è disegnata come un tratto d’inchiostro rosso grondante sangue. Oltre il vallo, è il messaggio implicito, stanno degli assassini. Ai bimbi greci è riproposto il mito dell’ellenismo insidiato dai mori; quelli turchi imparano l’opposto.“La Linea rappresenta una divisione rassicurante – ci spiega il medico greco che lavora presso l’ambasciata italiana, Petros Katsioulides – Il desiderio di riunificazione è grande, ma ancora più grandi sono l’odio e il pregiudizio che nascono dagli orrori del passato”. Paure in grado di gettare ombre ancora più lunghe di quelle del muro.