
Ecco cosa è successo in Francia
Macronismo in frantumi: ecco cosa è successo in Francia
Era il 2017 e lo slogan diceva: “La France doit être une chance pour tous”, la Francia deve essere un’opportunità per tutti. Il nuovo candidato, tutto fresco di ministero dell’Economia, incarnava tutto quello di cui la Francia aveva bisogno: freschezza, voglia di cambiamento e, soprattutto, nessuno schieramento politico. Una forma di governo diversa, più vicina ai francesi e meno alle élite istituzionali che ormai rappresentavano un sistema antiquato e polveroso non più in linea con i bisogni dei francesi. Il movimento politico En Marche! di Emmanuel Macron, successivamente diventato La République en Marche (Lrem), voleva apportare miglioramenti sotto tutti i fronti e raccogliere le macerie di un partito socialista ormai alla deriva, colpito da scandali istituzionali e crisi economiche che avevano reso l’intera sinistra inaffidabile. Il programma del partito si poggiava su differenti pilastri quali il matrimonio tra persone dello stesso sesso, immigrazione e accoglienza, lotta al cambiamento climatico e al terrorismo. Nel 2017 questo programma aveva appassionato molti e portato alle urne altrettanti. Adesso, dopo cinque anni, se ne vedono i limiti. Gran parte dei punti del programma sono diventate le grandi promesse non mantenute e i francesi non ne sono rimasti indifferenti.

Gli anni della legislazione sono stati turbolenti e hanno presentato sfide notevoli che però Macron non è riuscito a gestire. Parliamo in primo luogo dei gilet gialli. Una protesta nata dalla rabbia ma che aveva tutta la legittimità di esistere. Quando Macron nel 2018 aveva deciso di aumentare i prezzi del carburante la popolazione è insorta bloccando le autostrade di tutto il Paese, sia nelle zone urbane sia in quelle rurali. I manifestanti facevano parte di un movimento spontaneo che comprendeva giovani, anziani, lavoratori semplici, operai. Un largo malcontento si era insinuato in tutte le fasce della popolazione che si sono fatte sentire. Macron non è stato in grado di far fronte a queste proteste che, piano piano, sono sfociate in violente rivolte nelle più grandi città e successivamente a Parigi dove la polizia ha messo in atto una violentissima repressione. Ma le proteste non riguardavano solo l’aumento dei prezzi del carburante. Quest’ultimo è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il costo della vita sotto la sua presidenza era aumentato a dismisura. Si stima che siano aumentati i prezzi di determinati elementi. Il prezzo dei bus che è aumentato del 2% in due anni, quello delle autostrade è aumentato del 2%, il prezzo del gas del 44%. Il prezzo del gasolio da riscaldamento è salito alle stelle arrivando al 36%, il prezzo delle assicurazioni del 4% e le commissioni bancarie del 13%. Sono numeri enormi che danno un’idea di quanto il costo della vita sia diventato particolarmente oneroso. In risposta agli utenti i salari sono restati però invariati.

Con questi fattori la fiducia dei francesi nei confronti di Macron è diminuita drasticamente. Il presidente non è riuscito a infondere nuove speranze ma, al contrario, le ha minate. Ma non soltanto la discutibile gestione delle crisi e l’aumento dei prezzi hanno fatto calare il consenso. Ciò che ai suoi elettori non è andato giù è stato il totale virage della sua posizione, passando da essere un “outsider”, come amava definirsi lui nel 2017, a perfetto rappresentante delle istituzioni lontane dal popolo e dai suoi bisogni. Molti si sono sentiti traditi. Il senso di delusione e di distaccamento dalla presidenza è frutto quindi di politiche difinite troppo liberali e anche della rappresentazione di élite privilegiata che tanti hanno attribuito a Macron. Da essere il cambiamento osannato da tutti a uomo d’élite il passo è stato breve, e i francesi se ne sono resi conto sentendosi traditi nel profondo. È in questo contesto che la Nupes è riuscita a toccare un largo elettorato. Dall’ecologia, alle pensioni, al potere d’acquisto, la coalizione sembra aver toccato i nervi scoperti del programma di Macron presentandosi come valida alternativa.

Il simbolo del movimento è la V.
Se cinque anni fa disponeva di un ampio consenso, che lo vedeva spiccare tra gli altri candidati in quasi tutte le regioni della métropole, oggi la fiducia nei suoi confronti è venuta a mancare. Le elezioni presidenziali che si sono tenute dal 10 al 24 aprile, ne sono state la prova. Con 20 milioni di elettori, En Marche! ha raggiunto il 66% di consensi contro il 33% del Front national di Marine Le Pen. Quest’anno le carte in tavola sono state mescolate e riproposte con un asset diverso e inaspettato con il ritorno di Jean-Luc Mélenchon – ex socialista leader del partito di sinistra La France Insoumise – che però non è riuscito a qualificarsi per il secondo turno presidenziale. Col secondo turno Macron è stato rieletto presidente della Repubblica francese e la Francia ha tirato un sospiro di sollievo per aver scampato per la seconda volta l’ombra dell’estrema destra.


Il terremoto politico è però arrivato con le elezioni legislative. La sinistra è resuscitata dalle macerie e si è unita in quella che è stata designata come Nupes, Nuova unione popolare ecologica e sociale. Un’unione di tutte le sinistre che ha coinvolto la France Insoumise di Mélenchon, i socialisti, i verdi, i comunisti e tanti altri. In meno di un mese questa coalizione è riuscita a raggiungere consensi inaspettati e a far tremare le fondamenta della politica francese. La Nupes è nata non solo per unire le voci della sinistra ma soprattutto come opposizione a Macron. La volontà della Nupes è lo specchio di quella di milioni di francesi che stanchi da anni di crisi economiche, sociali e politiche, reclamano un drastico cambiamento. E così è effettivamente stato.

Malgrado la rimonta del Rn, l’obiettivo è stato raggiunto: i suoi candidati sono stati battuti da quelli della Nupes in moltissime regioni e città, soprattuto in Bretagna, passata da essere uno dei luoghi col più alto consenso, a luogo di ribellione. E così i francesi si sono fatti sentire, attraverso le urne hanno mostrato tutto il loro malcontento e hanno fatto rinascere dalle macerie la Nupes. Dal palco della conferenza della Nupes a Parigi, il 19 giugno, il leader della coalizione si è presentato fiero e vittorioso, decretando l’indebolimento di Macron e attribuendosene il merito. Accanto a lui tutti i leader dei partiti della coalizione che uno ad uno hanno preso parola. Il risultato delle elezioni ha fin da subito mostrato una Francia frastagliata con la capitale divisa in due e le vecchie “roccaforti” bretoni macroniane passate in mano alla Nupes. Cosa è successo in quei luoghi che nel 2017 vennero designati come “laboratori macroniani”?