Storia di un complotto
L’Italia contro Trump?

La storia del complotto italiano contro Donald Trump

“I miei studi e le mie indagini si sono concentrati principalmente sulla partecipazione della Svizzera nelle elezioni americane, ma c’è un coinvolgimento molto diretto e profondo proveniente dall’Italia”. A parlare è Neal David Sutz, un cittadino statunitense che, attualmente, vive in Svizzera. Secondo lui, sarebbe stato proprio il Paese elvetico a fornire il maggior sostegno al candidato democratico, Joe Biden, per sconfiggere Donald Trump. “È importante notare – scrive in una mail inviata a InsideOver – che il coinvolgimento della Svizzera nelle elezioni americane risale a molto più indietro rispetto al coinvolgimento dell’Italia”.

Secondo Sutz, infatti, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo e arrivare al 1965, “con l’investimento della Sandoz Family Foundation in Citco, il proprietario di Smartmatic”, ovvero la multinazionale che implementa i sistemi di voto elettronico nel mondo e che avrebbe permesso a Biden di vincere. Questa tesi è stata rilanciata anche dall’avvocato di Trump, Rudy Giuliani, il quale ha affermato che, dietro i presunti brogli, ci sarebbero i server di Dominion, una società di sinistra radicale con collegamenti con i gruppi antifa e con Smartmatic. Nei giorni successivi alle elezioni, alcuni gruppi legati a Q-Anon parlarono addirittura di un presunto raid delle forze speciali americane a Francoforte per acquisire i server di Dominion e, di conseguenza, svelare la truffa democratica.

La Svizzera, inoltre, con le sue industrie farmaceutiche, sarebbe il tratto che unisce il Covid-19 all’elezione di Trump: “È molto complesso, ma allo stesso tempo molto semplice – ci spiega il signor Sutz – quando si guardano le informazioni in sequenza, datate e pubblicate, relative al Covid-19, tutti i legami con lo stato attuale della politica mondiale e le orribile ramificazioni sociali, economiche e psicologiche legate a questo periodo storico. Non possiamo negare la relazione palese e la natura NON casuale delle elezioni statunitensi del 3 novembre e la tempistica del Covid-19”.  La dimostrazione risiederebbe anche in una risposta data dalle poste svizzere, che secondo lo scrittore elvetico sarebbero al centro del complotto anti Trump, a un suo tweet. Il messaggio del servizio postale si chiudeva infatti con cinque caratteri: ^StKe. “Una semplice ricerca su Google, con un ulteriore, intenso e diretto studio, mostrano che i cinque caratteri, incluso ‘^StKe’, sono legato direttamente alla ‘Trasduzione del segnale’, che si lega direttamente alla vaccinazione con mRNA, la quale alla sua volta si lega alla manipolazione genetica, che si lega al transumanesimo e al Global Reset”. InsideOver ha provato a verificare quanto affermato da Sutz, non trovando però alcun riscontro.

Tutti i documenti che proverebbero la truffa sarebbero stati consegnati al team legale di Trump: “Il 100%. Li hanno ricevuti l’8 dicembre. Mi ha contattato Joseph Flynn, che mi ha scritto tramite un messaggio su Twitter e poi con contatti telefonici il 17 e il 18 novembre. Ha confermato la piena ricezione di tutte le informazioni che ho mandato”. Ma non solo: “Mi è stato dato un contatto di alto livello in Italia con cui lavorare come collegamento. Sarebbe stato lui a prendere le prove da me per poi trasferirle di nuovo a Washington DC attraverso canali sicuri affinché tali prove fossero utilizzate dal team legale del presidente Trump per dimostrare la frode e il coinvolgimento tra la Svizzera e le elezioni americane”. Non si sa chi sia questo tramite. A una nostra richiesta di poter vedere i messaggi intercorsi tra lui e Joseph Flynn, Sutz tergiversa e dice: “Li ho, ma sono stato screditato e minacciato. Ho perso tutto a causa della mia scoperta dei collegamenti tra la Svizzera e le elezioni americane. Se continuo a espormi sempre di più, i miei figli ed io verremo dimenticati”. Difficile credere alle parole di Sutz. Eppure, le sue tesi sono state rilanciate non solo in Italia, ma anche negli Stati Uniti.

Il suo articolo sulle presunti frodi elettorali è stato infatti rilanciato da Cesare Sacchetti su La cruna dell’ago il 23 dicembre 2020. È stato questo l’inizio di una “trilogia” sulle elezioni americane. Il secondo articolo, dedicato al governo italiano e al suo ruolo nei brogli, è datato 29 dicembre e riprende un video di Brad Johnson, uomo della Cia, almeno è così che si presenta, nel quale si sostiene la veridicità del raid di Francoforte e che parte delle informazioni raccolte dai server Dominion sarebbero state trasferite presso l’ambasciata americana a Roma. “In questo momento – scrive Sacchetti sul suo blog – l’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia è Lewis Eisenberg, ex membro della Goldman Sachs e collaboratore della prima campagna di Trump, ma allo stesso tempo vicino alle lobby neocon sioniste che sono acerrime nemiche del presidente per il suo piano di ritirare l’esercito americano dal Medio Oriente”.

A fare da tramite in quest’operazione sarebbe stata, ovviamente nella visione di Johnson che però non trova alcun appiglio nella realtà, Leonardo Spa, ovvero l’azienda leader nel settore della Difesa. “Una volta che gli hacker hanno creato i nuovi algoritmi per trasferire più voti da Trump a Biden – scrive Sacchetti, riprendendo il pensiero di Johnson – hanno inviato ‘questi nuovi numeri a un satellite militare italiano gestito da Leonardo’”. A questo punto, i dati manipolati sarebbero stati inviati a Dominion, alterando così l’esito del voto.

Questa teoria, che non ha alcuna conferma nella realtà, è stata subito rilanciata da moltissimi sostenitori di Trump legati a Q. Tra i primi a rilanciarla, anche Ann Vandersteel, giornalista di SteelTruth (slogan utilizzato da Trump per insistere sulla linea dei brogli elettorali, ndr) e consulente stampa della campagna del presidente americano in Florida. Lo scorso 11 gennaio abbiamo provato a contattarla per avere qualche informazione in più ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta. È stata lei, il sei gennaio scorso, a dire: “Un membro del board di Leonardo ha modificato i satelliti per spostare voti da Trump a Biden. Obama e Renzi hanno orchestrato il tutto con l’aiuto della Cia. Il Dipartimento di Stato e molte agenzie del governo sono state coinvolte” e “questo è l’ultimo elemento di prova su come i voti sono stati cambiati”, come si legge sul Fatto Quotidiano (i tweet originali infatti non si possono più leggere perché il profilo della Vandersteel è stato eliminato). Gli occhi dei sostenitori di Q puntano dritti versi il nostro Paese. E spunta così l’hashtag #Italydidit.

Il giorno seguente, Sacchetti ha scritto un nuovo articolo per annunciare le novità riguardanti le attività di Matteo RenziBarack Obama contro Trump. In esso, si prende come fonte Maria Zack, presidente dell’associazione “Nations in Action” e lobbysta per conto di Trump, la quale sostiene che l’operazione di sabotaggio sarebbe stata “coordinata dal generale italiano Claudio Graziano al secondo piano dell’ambasciata (americana, Ndr), assistito da un agente dei servizi segreti italiani, Stefano Serafini”. Sarebbe stato il generale a far pressioni su Leonardo, su richiesta del già citato ambasciatore americano Eisemberg. La tesi dell’hacking sarebbe stata confermata – almeno nella versione rilanciata da Sacchetti – da Arturo d’Elia, addetto alla gestione della sicurezza informatica della stessa Leonardo Spa, arrestato lo scorso dicembre. Come si legge nel comunicato diffuso dalla polizia italiana, “le indagini hanno evidenziato che, per quasi due anni (tra maggio 2015 e gennaio 2017), le strutture informatiche di Leonardo S.p.A. erano state colpite da un attacco informatico mirato e persistente (noto come Advanced Persistent Threat o APT), poiché realizzato con installazione nei sistemi, nelle reti e nelle macchine bersaglio, di un codice malevolo finalizzato alla creazione ed il mantenimento di attivi canali di comunicazione idonei a consentire l’esfiltrazione silente di rilevanti quantitativi di dati e informazioni classificati di rilevante valore aziendale”. Le azioni di hackeraggio sarebbero dunque avvenute addirittura tre anni prima rispetto alle elezioni americane e, pertanto, è davvero impossibile pensare che D’Elia possa c’entrare qualcosa in questa vicenda (qui il report di Reuters).

Questa ipotesi è stata rilanciata anche da Alfio D’Urso, avvocato che ha messo tutto nero su bianco in un “affidavit”, ovvero dichiarazioni che negli Stati Uniti hanno valore probante. Nel presunto affidavit, la cui esistenza però non è mai stata confermata, si accusa D’Elia di aver compiuto un’opera di hackeraggio contro Trump. Quest’ipotesi, però, è stata rispedita al mittente da Nicola Naponiello, l’avvocato dell’hacker: “È una pura invenzione. Smentisco assolutamente che D’Elia abbia mai avuto contatti con questo sconosciuto avvocato D’Urso. È una favola che esista un affidavit. Non è vero che ci siano dati rubati, non è vero che il mio assistito abbia informazioni su quanto accaduto o non accaduto nel 2019. A parte che è in carcere dai primi di dicembre, i fatti su cui risponde sono accaduti tra il 2015 e il 2017”.

Nonostante la loro non veridicità, le affermazioni di D’Urso sono state rilanciate da diverse pagine legate a Q-Anon, sia in Italia sia all’estero. La galassia di Q si sta allargando sempre di più. Mischiando il falso con il vero. Secondo Sutz, l’ideatore del presunto complotto svizzero contro Trump, questo movimento “sia allo stesso tempo positivo e negativo. Credo che molte delle persone coinvolte, i patrioti americani che seguono il movimento Q-Anon, siano persone estremamente buone, persone fiduciose, persone che vogliono un mondo migliore, persone che vogliono l’onestà e niente più corruzione, persone che non vogliono più pedofili e fermare il traffico internazionale di minori”. La realtà, però, è spesso diversa. Molto spesso, i seguaci di Q-Anon credono in un mondo parallelo, fatto di adrenocromo e sette sataniche. E questo porta a gesti estremi. Come quando, il 4 dicembre del 2016, il 28enne Edgar Maddison Welch ha sparato contro il Comet Pizza Pong dove, secondo la teoria del Pizzagate, una setta satanica e pedofila avrebbe tenuto nascosti dei bambini per violentarli.