Così i cattolici francesi temono ancora la “Sottomissione” all’islam
In Francia lo “scontro di civiltà” non è proprio una chimera. Le minoranze tradizionaliste cristiano-cattoliche lamentano una sparizione statistica sempre più vicina, mentre le comunità islamiche, in relazione al tramonto della cristianità francese, tendono a parlare di “ossessione”.
Qualcosa che magari proviene dai torni allarmati di questo o da quel candidato vetero-conservatore ma che non corrisponde alla realtà dei fatti. Non c’è la percezione di un problema condiviso: sono i cattolici, quelli cosiddetti “di destra”, a sgomitare per un’identità culturale che secondo loro sta venendo meno. I musulmani sembrano ritenere le prediche sulla sparizione della cultura francese un’esagerazione o, meglio, una presa di posizione propagandistica senza fondamento.
In queste elezioni presidenziali francesi, è la candidatura di Eric Zemmour ad aver modificato il quadro ai nastri di partenza. Marine Le Pen è sempre stata un’esponente più laicista che laica, mentre la discesa in campo del polemista de Le Figaro ha reso coincidente le istanze della destra cattolica e conservatrice con un simbolo da poter votare e con un programma politico da poter sposare. I cattolici tradizionalisti hanno spesso votato per il Front National turandosi il naso oppure hanno preferito non partecipare al voto. Non stupisce, allora, che a mezzo Twitter e non solo spuntino realtà organizzate come Les Chrétiens avec Zemmour.
Il substrato è sempre quello della “Sottomissione” raccontata da Michel Houllebecq, pure se dalla pubblicazione di quel libro sono passati ormai sette anni.
È proprio il tempo che corre ad allarmare le comunità tradizionali francesi che vedono in Zemmour una sorta di “ultima occasione” per la Francia. Il tradizionalismo d’Oltralpe è sempre stato una costante della storia del cattolicesimo ma la crisi demografica ed il relativismo di ratzingeriana memoria sono percepiti come avversari a breve termine. Possibile che realtà come quella di don Pierpaolo Petrucci, rettore di Saint-Nicolas-du-Chardonnet, o
“Questa è una fantasia per alimentare ambizioni politiche”
Bossa Jawad è un giovane musulmano di Marsiglia, lavora come commerciale nelle telecomunicazioni ed è membro dell’IHEI, ossia dell’Istituto di studi superiori islamici. Jawad pensa che sia impossibile circoscrivere i comportamenti elettorali dei musulmani francesi attraverso un orientamento specifico: “Votare – ci dice – è un diritto civico e politico, ogni cittadino all’interno della stessa religione ha le sue opinioni politiche, non c’è consenso della comunità religiosa su questo argomento”.
Gli accenti di Zemmour sull’immigrazione, però, sono meglio definibili: “Non possiamo parlare a nome di tutti i musulmani francesi – osserva Jawad – , ma per quanto ci riguarda non possiamo essere d’accordo con la sua opinione, perché non è un’idea ben orientata per il bene comune ma piuttosto un’ossessione personale. Crediamo – aggiunge – che ogni credente sincero debba volere il meglio per il suo prossimo, accoglierlo il più possibile ed aiutarlo a prescindere dalle sue origini”.
Marine Le Pen sembra aver abbandonato certe tonalità. Le stesse che ora però vengono tuttavia ascoltate nei comizi di Zemmour. Come premesso, questa storia della “sparizione” o della “sottomissione” dell’identità cristiano-cattolica francese non è condivisa: “Il cristianesimo – annota Jawad – è presente in Francia da diversi secoli mentre l’Islam lo è da diversi decenni. I sinceri credenti di diverse confessioni augurano fraternità e riconoscimento reciproco. Questa è una fantasia per alimentare ambizioni politiche”, afferma riferendosi alla ventilata “soumission”. Poi la specificazione sul pensiero del candidato all’Eliseo di Reconquete!: “Rischia di combattere i musulmani francesi invece di combattere la minoranza sfruttata di gente strumentalizzata dal salafismo che non vuole una buona comprensione in generale”.
Se c’è un’insidia, questa, per lo studioso musulmano, deriva proprio da messaggi che vengono ritenuti impropri: “Attraverso questo tipo di ideologia (quella di Zemmour,ndr) viene diffuso il rischio di corrompere una comprensione reciproca tra le persone”, tuona Jawad. Sulle idee lepeniste in materia di gestione dei fenomeni migratori, il discorso dell’esponente dell’IHEI non cambia poi molto: “Opportunismo per scopi politici”, sentenzia Jawad. E ancora: “Il credente sincero non può essere d’accordo con l’idea del rifiuto di una creatura del Dio unico, e preferisce cercare di trovare soluzioni concrete affinché le persone possano vivere in pace nella loro terra d’origine. Se non è possibile questo, allora è necessaria l’accoglienza”.
“La nostra ultima occasione”
Matthieu Raffray abita a Roma ma è anche un docente di spicco dell’Istituto del Buon Pastore di Francia, una delle realtà tradizionaliste più note Oltralpe e non solo. Per il professore francese di filosofia, in Francia “c’è un po’ di tensione, perché i cattolici francesi sono divisi in due correnti: una progressista, che si identifica con la sinistra sociale e che sarebbe persino disposta a votare per Jean Luc Melénchon, con tutto quello che ciò comporterebbe in termini di rinunce della coerenza, ed una più giovane e nuova, direi, che è quella identitaria che si riconosce nella candidatura di Zemmour”.
Qualcosa di nascente ma già sedimentato nel corso degli anni: “Questo gruppo corrisponde alle famiglie cattoliche ed ai giovani di destra: c’è una posizione non conciliabile tra questi due pensieri. Si tratta di un fenomeno francese – specifica Raffray – che si declina anche nella Chiesa universale. Il discorso di papa Francesco sull’accoglienza generalizzata, senza rendersi conto del pericolo comportato dall’islam e da un’immigrazione che definirei invadente, è percepito come problematico da una parte dei cattolici. Noi cattolici identitari – chiosa Raffray – stiamo vivendo un momento ultimativo: se Macron dovesse essere rieletto per altri cinque anni, l’identità cristiano-cattolica in Francia sarebbe distrutta”.
Il problema degli attacchi alle Chiese francesi
Raffray ritiene che i continui attacchi vandalici operati nei confronti delle realtà cattoliche transalpine stiano influendo sulla campagna elettorale e sulle scelte elettorali che i cattolici francesi opereranno: “Sì, le offensive a chiese e parrocchie influenzano le decisioni dei cattolici”, ci risponde. E ancora: “Tante famiglie e tante persone anziane si sentono in pericolo. Attenzione: esistono vari tipi di attacchi alle chiese. C’è la sinistra che disprezza l’identità cattolica della Francia. Quella che attacca la Chiesa per motivi stupidi, perché l’Ecclesia viene identificata come un nemico da combattere. Poi ci sono gli attacchi di certi musulmani: si pensi all’assassinio di tre persone nella cattedrale di Notre Dame a Nizza. I cattolici si sentono minacciati nella loro vita sociale, culturale e religiosa”. Per le festività natalizie e pasquali, non è raro vedere militari schierati dinanzi ai portoni d’ingresso dei luoghi di culto cristiano-cattolici. E Raffray pensa che, nonostante le misure di sicurezza adottate dallo Stato, l’offensiva non sia destinata ad un ridimensionamento. In termini statistici, peraltro, le offensive alle chiese transalpine sono quadruplicate con il trascorrere del tempo.
Le ragioni di una scelta elettorale
Padre Guy Pages è un sacerdote cattolico dell’arcidiocesi parigina. L’ecclesiastico è noto anche per le sue posizioni critiche verso l’islam e verso il Corano. Ha scritto più di qualche opera libraria sul tema dell’evangelizzazione dei fedeli musulmani. Non è la prima volta che lo ascoltiamo analizzare il perché di alcune scelte politiche dei cattolici francesi: “Purtroppo il quadro appare frammentato – premette – . Secondo un recente sondaggio, il 25% dei cattolici voterebbe per Emmanuel Macron, il 25% per Valérie Pécresse, il 18% per Marine Le Pen ed il 15% per Éric Zemmour. Questa mancanza di unanimità ovviamente impedisce un voto dei cattolici al servizio di ciò che dovrebbe unirli, e ovviamente non li unisce, come se non cercassero tutti “l’uno necessario”, afferma citando il Vangelo di Luca.
Votare Emmanuel Macron, per padre Guy Pages, non è possibile: “Perché è moralmente impossibile votare per il presidente uscente, che si è emancipato dal quadro politico per promuovere la trasgressione dei principi non negoziabili del diritto naturale, attraverso leggi che negano la differenza sessuale, attaccano l’istituto del matrimonio, distruggendo i nomi del padre e della madre, violando il diritto dei genitori all’educazione dei loro bambini, con la proroga del termine legale per l’aborto e così via”. Ma anche in altri candidati all’Eliseo padre Guy Pages scorge “difetti”, per così dire, che un cattolico, per il pensiero e la dottrina tradizionalista, dovrebbe considerare eccome.
“Valérie Pécresse, candidata della destra repubblicana – annota l’ecclesiastico incaricato a Parigi -, ha ammesso che le sue “convinzioni evolvono con quelle della società” affinché oggi, ad esempio, non si condannino più i matrimoni omosessuali, né la procreazione artificiale”. Insomma, per padre Guy Pages, la Pécresse, candidata dei Les Republicains, non avrebbe dovuto “abbracciare il mondo”. E lo stesso discorso vale per il leader del Rassemblement National: “Idem per Marine che ha abbandonato l’abolizione della doppia nazionalità che aveva invece inserito nel suo programma presidenziale del 2017”.
Poi un’altra stoccata: “Le cosiddette leggi sulla bioetica non vengono affrontate nei loro dibattiti pubblici”, insiste il sacerdote su Pécresse e Le Pen. “E questo dimostra il loro disinteresse per queste controversie essenziali. Questa assenza di convinzioni porta al disprezzo per una politica ridotta a calcolo elettorale”. Sono ragioni chiave per comprendere come mai i cattolici tradizionalisti stiano per votare Eric Zemmour in massa. Il simbolo della “linea dura” in bioetica, in Francia, è l’ex arcivescovo di Parigi Michel Aupetit, un altro ecclesiastico che ha abbandonato l’incarico per via delle voci su una presunta relazione con una donna. Un brutto colpo per i tradizionalisti francesi.
Ma i francesi – questa la domanda finale che poniamo a padre Guy Pages – hanno davvero a cuore le ragioni che vengono ritenute prioritarie dai tradizionalisti? “Lei – replica – mi domanda se i francesi si sentano minacciati nella loro identità. Purtroppo – fa presente , alcuni recenti sondaggi dimostrano come le loro preoccupazioni prima delle elezioni siano legate all’economia ed all’occupazione (54%) e non all’immigrazione (17%) o al cambiamento civile. Il che non sorprende, considerato il lavoro di indebolimento culturale messo in atto da decenni”. Quasi come se Zemmour fosse – conclude il padre – un’ “occasione che la Francia non merita”.