Il derby d’Europa tra Angela Merkel e Viktor Orban

Il derby d’Europa tra Angela Merkel e Viktor Orban

Budapest. Il traffico umano alla stazione ferroviaria di Keleti, nel centro della città, scorre rapidamente. Viaggiatori e pendolari si si spostano da un binario all’altro, spinti dall’abitudine e coordinati da un piccolo esercito di dipendenti pubblici in divisa, che danno loro indicazione su come muoversi per raggiungere la propria meta. Questi luoghi, solo qualche mese fa, catturarono l’attenzione di tutti i media del pianeta: essi furono dove migliaia di migranti si stanziarono per settimane, nella speranza di riuscire a prender un treno che li portasse verso la meta da loro sognata: la Germania. Il muro anti-migranti che il primo ministro Viktor Orban aveva dato ordine di costruire sul confine meridionale del Paese non era ancora stato ultimato. Per questo per decine di migliaia di profughi in fuga da Medio Oriente e Afghanistan, dopo essere sbarcati in Grecia ed aver attraversato la Serbia, riuscirono a entrare in Ungheria. Penetrando, così, anche all’interno dell’area Schengen e generando reazioni politiche decise e fortemente emotive. Il primo ministro ungherese invocò la resistenza europea a quella che definì essere un invasione e annunciò che il suo governo si sarebbe mobilitato per far rispettare le leggi comunitarie, che prevedevano la difesa dei confini esterni dell’area di Schengen, di cui l’Ungheria è una terra di frontiera.

A rispondergli per le rime fu Angela Merkel. La Cancelliera invitò i migranti a raggiungere la Germania, che avrebbe sospeso la Convenzione di Dublino e garantito accoglienza, assistenza e “un buon posto di lavoro” a chiunque ne avesse avuto bisogno. Come sottolineò il Presidente della Repubblica tedesca Norbert Lammert “la Germania ha cercato di dare l’esempio. Abbiamo accettato centinaia di migliaia di persone pur non essendo ciò previsto dal diritto, ma abbiamo ritenuto che in una situazione di emergenza eccezionale fosse necessario adottare misure che superassero il diritto vigente”. La posizione tedesca fu, formalmente, a favore della violazione delle leggi europee in nome della tutela dei diritti umani. Cosa che non venne condivisa dall’esecutivo di Budapest. Orban contrattaccò, accusando la Merkel di stare portando l’Unione Europea alla catastrofe e proclamò se stesso e il proprio Paese come estremo difensore di valore europei. A chi lo accusava di stare facendo riemerger egli spettri del passato erigendo muri e barriere rispose che “i confini stabiliti da Schengen vanno difesi” . Appellandosi ai valori cristiani dell’Europa, inoltre, disse di voler essere il modello per tutti quei popoli europei che non si riconoscono nella Ue di impronta liberale promossa dalla Germania della Cancelliera.

Esiste una connessione c’è tra liberalismo e immigrazione? Secondo Orban sì. L’immigrazione sarebbe un mezzo utilizzato dall’Occidente liberale per attaccare l’Ungheria e la cultura europea che gli ungheresi hanno contribuito a forgiare. Non solo: dietro la gestione dei flussi migratori, infatti, ci sarebbero lobby molto potenti interessate a fare profitto e a portare un abbassamento dei salari degli ungheresi e degli europei. E dietro queste lobby ci sarebbe George Soros, magnate americano di origini ungheresi indicato come un traditore della patria. Per questo difendere i confini e respingere i migranti vorrebbe dire combattere il modello di Europa voluto dalla Merkel, che sarebbe avverso ai bisogni dei popoli europei. A qualche mese di distanza la stazione di Keleti è irriconoscibile. Di migranti non se ne vede più uno, né lungo i binari né per le strade di tutta la città. Secondo i dati raccolto dal governo, nel 2015 sono passati dall’Ungheria circa 400mila profughi, dei quali 180mila hanno fatto richiesta di asilo politico. A riceverlo, però, sono stati soli in 350.

Che fine hanno fatto dunque tutti gli altri migranti? La maggior parte di essi sono stati caricati su treni diretti verso la Germania. Altri sono andati in Croazia e Austria. Una piccola parte di essi vive ancora nei sette campi profughi che esistono ancora in Ungheria, in attesa di essere rimpatriati. Circa 1000 migranti, invece, sono in carcere. Il 15 settembre scorso, infatti, il parlamento ungherese ha approvato una legge che stabilisce che la violazione illegale dei confini nazionali sia punibile penalmente. Chiunque riesca o tenti di superare il muri anti-migranti fatti erigere (recentemente ne è stato costruito un secondo sul confine con la Croazia e ne verrà costruito un terzo lungo il confine con la Romania) commette un crimine e per questo verrà imprigionato in attesa di essere rimpatriato. Misure queste, che, secondo il governo ungherese sarebbero di successo. I muri, infatti, non avrebbero solo una funzione fisica, ma soprattutto logistica e politica: logistica perché disincentiva i migranti a tentare entrare nella Ue attraverso l’Ungheria, facendo preferire loro altre frontiere più fragili, come l’Italia; politica perché i sondaggi mostrano come le prese di posizione anti-immigrazione siano state apprezzate dalla maggior parte della popolazione ungherese e i consensi per Orban sono più alti che mai. In Europa, invece, sta tentando di porsi come esempio per quei governi o partiti conservatori avversi alle politiche di Angela Merkel. “Il liberalismo ha fallito” continua a ripetere il primo ministro magiaro, “quella che voglio è una nuova Europa dei popoli, fondata sui valori cristiani e sulle nazioni. E l’Ungheria, in quanto nazione, diventerà una democrazia illiberale”. I consensi per Orban provengono soprattutto dai governi dei Paesi dell’Europa orientale e del gruppo Visegrad.

Nell’Europa occidentale, invece, sono generalmente i conservatori. Anche in Germania. Ed è proprio in Germania che Orban ha il proprio asso nelle manica. A sostenerlo apertamente è la Csu, il partito conservatore bavarese gemellato con la Cdu della Merkel. Lo stesso primo ministro magiaro è stato invitato come ospite d’onore a Monaco, dove ha stretto un alleanza con i conservatori locali. I quali, essendo il partito di maggioranza in Baviera, provocherebbero la caduta dell’intero governo nazionale se togliessero il propri appoggio alla Cancelleira. Paradossalmente i più forti alleati politici di Orban in Occidente sono coloro che hanno il potere di fare capitolare la Merkel e la sua idea di Europa liberale. Non è un caso, dunque, che le posizioni del governo tedesco in materia migratoria stiano subendo una virata, riconoscendo apertamente le difficoltà che il Paese sta incontrando nell’integrazione delle persone accolte. Mentre la Germania si confronta con le difficoltà interne collegate alla gestione dell’oltre un milione di persone arrivate in pochi mesi – di cui i fatti di Colonia sono la manifestazione negativa più emblematica – in Ungheria Orban e le televisioni di Stato presentano ripetutamente una situazione di ordine e pulizia. In una democrazia illiberale in cui i consensi per un leader carismatico e autoritario sono al massimo.