Uzupio
Il sottosopra al confine con la Russia

Uzupio, il sottosopra al confine con la Russia

Foto e testo di:

Foresta, foresta e ancora foresta. Alla siderale frontiera baltica file di tronchi, dritti e fitti, sembrano soldati pallidi e altissimi, pietrificati sull’attenti. Per nascondersi e mimetizzarsi: gli alberi nei boschi sono i primi alleati dei lituani in caso di guerra con la Russia. “Non vi renderemo l’invasione facile”. Restare pronti a prevalere il caso di guerra: lo pensa la maggior parte degli abitanti di Vilius se gli chiedi di Mosca. Ed è quello che pensavano probabilmente anche prima che il governo pubblicasse e diffondesse le 75 pagine di un manuale che ha fatto arrivare in ogni casa, scuola o biblioteca del Paese. Titolo: “Aktyviu veiksmu gairesm“.

Ovvero “Orientamenti attivi d’azione. Come prepararsi a sopravvivere ad emergenze e guerra”, edizione aggiornata dell’opuscolo di tattiche militari e guerriglia già diffuso dopo l’annessione russa della Crimea nel 2014. Ci sono le istruzioni per imparare a spiare, riconoscere fucili, carri armati e blindati russi; regole base su come sopravvivere tra flora indomita e natura selvaggia che copre la maggior parte del territorio del Paese da un confine all’altro, da nord a sud, da est ad ovest, fino a quei 227 di confine russo-lituano dell’enclave armata di Kalingrad. Che il Cremlino abbia ammassato missili e truppe nel suo fazzoletto di terra in Europa, a un’ora da qui, è impossibile da dimenticare: la stampa nazionale lo ricorda ogni giorno. 

Lo scenario gialloblu, a nord-est, è un incubo ad occhi aperti, minaccia esplicitata, innesco che riporta a galla gli antichi spettri della russificazione cominciata oltre mezzo secolo fa. Difesa e addestramento ad oltranza sono l’ultima forma di baltic waytra strade quasi deserte. Nelle tazze dei bar caffè amaro, la sindrome da accerchiamento come chiacchiera tra i tavoli di uomini che ricordano non due, ma “tre guerre”: la Prima e la Seconda mondiale, e poi l’occupazione sovietica. Quassù la memoria collettiva della troika baltica sanguina ancora all’unisono. Nel 1989 due chilometri di persone, da Vilnius, Riga fino a Tallin, si sono strette la mano per 700 chilometri per richiedere pacificamente la loro indipendenza dai sovietici. Oggi loro obiettivo è mantenerla.

La Lituania, una delle prime repubbliche a separarsi dall’Urss – che a novembre scorso ha dichiarato ufficialmente la Russia “Stato sponsor del terrorismo” – è molte cose, ma ultimamente è soprattutto questo: paura dell’orso slavo in arrivo dalla taiga siberiana. Eppure è proprio nel cuore del bastione militarista che si trova la repubblica “radicalmente pacifista” di Uzupio, micronazione che si è dichiarata “indipendente” nel 1997, enclave fondata sull’immaginazione e sullo stupore primordiale, sulla vodka scura ai frutti di bosco, sull’anarchia. Capitale nella capitale lituana, micro-Stato nello Stato tra i più piccoli nell’Ue, ha per missione la bizzarria: la soglia è un check point di confine tra sogno e realtà. Rimane sospesa nel centro storico di Vilnius, patrimonio Unesco, beffa urbana da 5mila abitanti circa, che si prende gioco della storia e ingerenze belliche, straniere e non. Questo chilometro quadrato di “repubblica autoproclamata” mette in dubbio il concetto di nazione e auto-proclamazione da 26 anni esatti: è stata fondata nel giorno dello scherzo, il primo d’aprile del 1997. Nata alla fine della severa, austera, interminabile Guerra fredda, la “repubblica” più piccola d’Europa – il più minuscolo e fantasioso alleato di Kiev nell’Unione – di Volodymyr Zelensky ama soprattutto questo: il suo passato trascorso tra camerini e palchi dei teatri. Per Thomas Chepaitis, uno degli intellettuali che ha fondato la micronazione, oggi la più grande fortuna degli ucraini nella tragedia della guerra è proprio l’essere guidati da un ex comico.

Uzupio (o Uzupis in lituano, o Zarece in russo) vuol dire “oltre il fiume” e per entrarci bisogna varcare la dogana della fantasia alla “sacra” frontiera del quartiere-utopia: il fiume Vilna. A dividere la città reale da quella irreale c’è il simbolo per eccellenza dell’unione: “Attraversa il ponte e diventa te stesso”, dice la prima regola della micronazione e della sua realtà parallela. Quando arrivi è come entrare nel disegno di un bambino edificato in scala massiccia, diventato uno Stato “legittimo” perché residenti la popolano realmente. Cosa rende Uzupio Uzupio è senza dubbio la sua Costituzione. “Tutti hanno il diritto di vivere vicino al fiume Vilna e il fiume ha diritto di scorrere”, è l’articolo uno del codice pacifista benedetto da papa Francesco quando visitò il Paese nel 2018. Le leggi che regolano la struttura anarchica sono state scritte dagli artisti lituani che sorridono dietro le finestre del posto e parlano con le loro sculture. Per loro il tempo non scorre, lo fa solo il corso d’acqua attorno al quale vivono, popolato da bambole incastrate sui rami, manufatti intarsiati e sovrapposti, scheletri che suonano scheletri di pianoforti, pianoforti veri e rotti, abbandonati ad ogni angolo. C’è una sirena tormentata che, leggenda dice, non va guardata negli occhi perché ti tratterrà per sempre qui. Per tutti il totem è però davvero solo uno: la scultura dell’angelo in cima al colonnato. Ricorda che “nessuno ha il diritto ad avere un progetto per l’eternità”, come dice l’articolo 22 della Costituzione. 

“Nessuno può dichiarare colpevole il prossimo”, dice l’articolo 35 e “tutti hanno diritto a morire o avere dubbi, ma non è obbligatorio”. Gli imperativi categorici per tutti i residenti li hanno lasciati alla fine della carta costituzionale, dall’articolo 39 al 41. Valgono in caso di guerra e di pace: “Non sconfiggere. Non combattere. Non arrenderti”. A Uzupio, che ripudia ogni conflitto, “nessuno ha diritto alla violenza”, articolo 20, e “tutti devono poter piangere, essere mediocri o fraintesi”, articoli 33 e 34. Uzupio rientra nell’emisfero delle micronazioni non riconosciute; tutte hanno una struttura simile a quella degli Stati sovrani, assomigliano alle città-Stato medioevali: pochi cittadini, molti simboli ufficiali, senso dell’umorismo e di appartenenza incondizionato. Funzionano più o meno come le patrie delle favole, sono le leggende ad avere valenza di capisaldi legislativi surreali. “Tutti hanno diritto all’acqua calda. A fare errori. Ad amare e non essere amati. Tutti hanno il diritto di non capire”, ricorda il codice. Nella terra dove “il cane ha diritto ad essere cane e il gatto non deve amare il suo padrone, ma esserci nei momenti di necessità”, i muri parlano con scritte che scritte dicono: “Achtung!“. In cirillico segue “Gagain“. Poi “Fake news“. “Uomini, siate umani!”: firmato Rousseau. Il ritratto stilizzato di Shakespeare sul compensato color grano è muto, serve a coprire vecchi edifici di tutte le sfumature di grigio sovietico.

Strada dopo strada cartelli bianchi e blu promettono che questo “è un posto bellissimo”. Penetri nello spleen baltico, tra murales eborsh. Un’altalena ciondola nel vuoto come un pendolo ipnotico, c’è una scuola, un’università e un ufficio postale che rilascia visti della repubblica di Uzupio, la porta è rossa e chiusa. A fare la guardia c’è una scultura di una donna nuda, ma senza testa. Uzupio stampa valuta che non riconosce nessuno, passaporti che non servono a niente, se non a circolare in questo mondo sotto-sopra del Paese delle meraviglie dove tutti sono costretti ad essere Alice. Esiste un “governo” – c’è un presidente e un ministro degli Esteri, numerosissimi ambasciatori nel mondo – che si riuniscono in sessioni plenarie e alcoliche al bar. Ma qui tutti sono uguali e a nessuno spetta un podio. La micro-nazione ha una sua moneta e una volta aveva anche un esercito, composto da una decina di uomini: sono stati poi tutti convertiti al “pacifismo radicale” (qualcuno ricorda che c’era perfino una flotta di una manciata di barchini). Nemmeno la bandiera è ordinaria: il colore cambia ad ogni stagione, ma da quando l’esercito russo ha varcato coi blindati il confine ucraino, un’eccezione è stata fatta per i drappi bicolore gialloblu.

Desertificata dai nazisti che la funestarono di persecuzioni ed esecuzioni, la zona in cui sorge oggi Uzupio si cristallizzò poi per decenni nel degrado e nell’edera che si arrampicava sulle carcasse di cemento degli edifici vuoti. Diventò il nido dei membri del sottobosco criminale, prostitute e senza tetto fino a quando è stata “invasa” dagli artisti, quasi esattamente un quarto di secolo fa. Uno dei fondatori della micro-nazione, lo scultore Romas Vilciauskas, dice di aver voluto combattere con le sue creazioni artistiche la virulenta depressione dei casermoni che i sovietici si erano lasciati indietro quando se ne sono andati. Quando si varca la soglia di ritorno nel mondo tristemente reale rimasto aldilà del ponte – si intravede la guerra oltre la Vilna, caccia bucano nuvole livide in cielo – rimane il messaggio di quel mondo inventato quando si pensava che fosse iniziata la pace imperitura, all’epoca della fine dello scontro tra due blocchi: