Myanmar
Con i ribelli in guerra

Myanmar, con i ribelli in guerra contro la giunta militare

Una ventina di uomini armati pattugliano i sentieri tra la fitta vegetazione della foresta, dove il caldo è afoso e la luce del sole fatica a filtrare. L’aria a tratti è quasi irrespirabile. Il Capitano Looko, all’improvviso, fa segno di abbassarsi. Tutti si preparano, sono pronti ad ingaggiare uno scontro a fuoco con il nemico. Ma questa volta si tratta di un falso allarme.

Siamo nella giungla del Myanmar orientale dove va in scena l’altro volto della rivolta birmana contro la giunta militare. Qui, nel territorio controllato dai ribelli Karen, che da oltre settant’anni combattono per uno Stato federale il golpe del primo febbraio ha aperto nuovi possibili scenari, alimentando il fuoco della guerra.

Guerriglieri Karen sul cassone di un pick-up durante uno spostamento

Mentre la violenta repressione dell’esercito guidato dal Generale Min Aung Hlaing ha causato oltre 800 vittime in tutto il Myanmar, i guerriglieri Karen hanno visto una concreta possibilitĂ  per coronare il loro sogno di libertĂ . E così sono subito passati all’azione. Sin dall’inizio delle proteste hanno dato rifugio ai ricercati del National League for Democracy (Nld) guidato da Aung San Suu Kyi e a tutti i dissidenti politici. Poi hanno intensificato gli attacchi contro le postazioni del Tatmadaw – le forze armate della ex Birmania – presenti nei loro territori, conquistando diverse basi. Ed infine stanno addestrando i giovani sfuggiti dalla mattanza in atto nelle principali cittĂ  del Paese.

Il giuramento delle nuove leve che si stanno unendo alla guerriglia

“Da quando è iniziata la rivolta, molti studenti birmani hanno raggiunto la nostra zona”, ci spiega Nerdah Mya, 56 anni, a capo della Karen National Defence Organization (Kndo) e figlio del Generale Bo Mya, leggendario eroe della resistenza Karen scomparso nel 2006. Mya è convinto che entro sei mesi la situazione cambierà radicalmente a loro vantaggio. “Noi cerchiamo di offrire protezione e un addestramento per difendersi. Vogliamo metterli in grado di affrontare questa situazione”.

Alcuni guerriglieri Karen in un momento di pausa ascoltano la radio nel campo militare

Dopo aver passato un fiumiciattolo, attraverso un artigianale “ponte” fatto con due piccoli tronchi d’albero scivolosi, ci troviamo ai piedi del campo d’addestramento, dove reclute birmane e Karen – alcune delle quali rientrate anche dagli Stati Uniti per imbracciare le armi – stanno pranzando con riso e pollo. Hanno appena finito il ciclo mattutino del training, che consiste in vari esercizi fisici, tra corsa e flessioni. Nel pomeriggio, invece, ci sarĂ  quello di tiro. Qui, i ragazzi arrivati soprattutto da Yangon e da Bago, due cittĂ  dove le manifestazioni contro il regime sono state soffocate nel sangue con maggior violenza, stanno imparando a montare e smontare fucili M16 e Ak47, oltre che a sparare. Il loro obiettivo è quello di tornare successivamente a casa e allargare la battaglia contro i generali.

Un checkpoint controllato dalla Karen National Defence Organization (Kndo), all’entrata di Kawthoolei, la terra dei Karen

“La protesta pacifica non ha più speranza, non appena scendi in piazza i militari ti sparano e uccidono, per questo siamo qui con i Karen, loro sanno come fare, si battono contro il regime da decenni”, ci dice Meh Mih Tou, 35 anni, il responsabile del gruppo degli insorti birmani, che sulla sua mimetica ha un badge con scritto People’s Resistance Army. “A chi è ancora nelle città, voglio dire di non arrendersi. Devono essere forti e avere fiducia. Noi ci stiamo addestrando e presto andremo a salvarli”, afferma con convinzione. La convinzione di chi non ha più nulla da perdere ed è pronto a morire per la libertà.

In pattugliamento nella giungla vicino al campo militare

La colonna dei guerriglieri guidata da Looko continua a perlustrare la zona. Gli sguardi vanno ovunque e ogni rumore è sospetto. In qualsiasi momento potrebbero sbucare fuori i soldati birmani e attaccare. “Combatto da oltre dieci anni. La giunta militare è la maledizione del nostro Paese. Prima volevano distruggere i Karen e le altre etnie, adesso se la stanno prendendo anche con la loro stessa popolazione. Questo non è sopportabile…”, ci spiega il capitano in un momento di riposo, mentre si appresta a masticare «tablula», la noce di betel. “Hai visto i filmati su internet? Quello che stanno facendo nelle strade del Myanmar? Come massacrano le persone?”, domanda. “Qui a Kawthoolei (la “terra libera dal male”, come i Karen chiamano la loro Nazione, ndr) lo fanno da sempre. Vogliono farci fuori e distruggere i nostri villaggi. Ma noi non abbiamo paura, è una vita che combattiamo per la nostra patria”.