Severodonetsk, dentro la città ridotta in macerie

Severodonetsk, dentro la città ridotta in macerie

La città di Severodonetsk, nella regione di Lugansk, è stata conquistata dalle forze russe a inizio luglio dopo una lunga battaglia che ha lasciato gran parte del conglomerato urbano in rovina e ha messo fuori uso acqua, elettricità, fognature. I russi promettono di riuscire a riparare tutto alla svelta, mentre per il governatore di Lugansk Serhiy Haidai non sarebbero affatto in grado di farlo, e la città sarebbe così “sull’orlo di una catastrofe umanitaria”. Haidai sostiene che siano 8mila i civili ucraini presenti. Alcuni residenti invece sostengono siano molti di più: almeno 20-25mila.

La caduta di Severodonetsk, che un tempo ospitava più di 100mila persone e che ora è stata ridotta a un cumulo di macerie a causa dei colpi di artiglieria, rappresenta la più grande vittoria di Mosca dopo la conquista del porto di Mariupol.

A differenza di quanto accaduto all’Azovstal, l’impianto chimico della città, l’Azot, non si è trasformato in un centro di resistenza e i civili che si erano rifugiati nei sotterranei degli stabilimenti sono usciti già da giorni. Il grosso dei combattimenti si è svolto per le strade, con fortificazioni scavate dai soldati ucraini nei punti di accesso alla città e con i piedi dei palazzi a fare da posizioni di tiro contro i tank russi, colpiti anche da sistemi anticarro forniti a Kiev dall’Italia che ora i soldati di Mosca mostrano come trofei.

Il tiro a segno che per settimane ha caratterizzato la battaglia di Severodonetsk ha distrutto o seriamente danneggiato oltre il 90% degli edifici. Il ripiegamento ordinato dai comandi militari ucraini dopo la caduta della città ha permesso per qualche ora un ripiegamento su un terreno più alto nella vicina Lysychansk.

“Le attività che si stanno svolgendo nell’area di Severodonetsk sono un raggruppamento tattico delle nostre truppe. Si tratta di un ritiro verso posizioni vantaggiose per ottenere un vantaggio tattico”, aveva dichiarato dichiarato Kyrylo Budanov, capo dell’Intelligence del Ministero della Difesa ucraino. Le ore successive alla ritirata da Severodonetsk, per questo, hanno continuato a mettere a dura prova le zone periferiche poste nei pressi del fiume Siverskyi Donets.

Oggi, per tutti questi motivi, Severodonetsk è una città post-apocalittica.

Tra le armi ritrovate, anche calze imbottite di sassi e collegate ad un esplosivo. Ordigni rudimentali che stanno a dimostrare che a combattere ci siano stati anche cittadini comuni. In generale i residenti rimasti non sono ostili ai russi ma sostengono che certamente c’è anche chi non è affatto felice. Come c’è chi, pur essendo filorusso, dice con un filo di rammarico di non poter fare i salti di gioia visto il prezzo alto che magari, avendo perso la casa, o il lavoro, o qualche caro, ha dovuto pagare in prima persona.