La presa del monastero
Cecchini, trincee, assalti notturni, combattimenti tra le macerie, duelli di artiglieria. Non siamo tra i vecchi camminamenti della prima guerra mondiale, ma in Ucraina orientale, nella città di Donetsk, dove da ormai due anni si combatte la prima guerra civile europea del terzo millennio. Un conflitto feroce, sanguinoso, totale, che sembra far capolino dagli anni più bui del ventesimo secolo. Per approfondire: Donbass, perché la tregua non regge
Il monastero di Iversky si trova a un chilometro dall’aeroporto cittadino, dove per circa otto mesi i più agguerriti reparti dell’esercito di Kiev hanno resistito agli assalti delle milizie separatiste filorusse. Tra queste mura sbrecciate, poco più di un anno fa, si è combattuta una delle più dure battaglie dell’intero conflitto. “Noi eravamo asserragliati all’interno del convento – racconta “Lom”, uno dei miliziani del battaglione separatista “Vostok” che ha combattuto in questo settore -. Gli ucraini venivano avanti con i carri armati, dopo lunghi bombardamenti di artiglieria. Ricordo uno degli assalti più duri, nel novembre 2014: arrivarono a centinaia, e noi eravamo solo in quindici. Il combattimento è durato ventiquattro ore, senza pause. Tre miei compagni sono rimasti uccisi e molti altri feriti. Abbiamo fatto fuori almeno cinquanta ucraini in poche ore: potevamo vedere i loro corpi distesi nella neve, davanti alle nostre trincee”.Anche il volontario italiano Spartaco ha combattuto tra queste mura, rimanendo ferito a una gamba durante l’ennesimo assalto dell’esercito di Kiev. Come lui, decine di altri ragazzi, molti dei quali non sono più tornati a casa. Oggi l’intera zona è ancora a rischio-bombardamento. Le nuove prime linee corrono a un paio di chilometri da qui, appena oltre la pista d’atterraggio del vecchio terminal aeroportuale. Tutta l’area è cosparsa di mine, ordigni inesplosi e trappole antiuomo.
Per approfondire: La guerra di Spartaco
Nessuno osa avventurarsi tra le lapidi del grande cimitero che circonda il monastero, le cui croci scintillano solitarie sotto il sole feroce dell’estate ucraina. “Le bonifiche? Arriveranno, certo, ma solo quando la guerra sarà finita – sorride “Lom” -. A poche centinaia di metri da qui vivono ancora decine di famiglie che non hanno voluto abbandonare le loro case. Ogni giorno, queste persone devono ingegnarsi per ottenere un po’ di cibo, dell’acqua, qualche vestito. I nostri uomini pattugliano regolarmente il quartiere per contrastare le razzie degli sciacalli. Non è facile, soprattutto durante i bombardamenti, ma per adesso non c’è altro da fare”.
Perché nessuno parla della guerra in Ucraina?
Camminare tra queste strade è come inoltrarsi nelle viscere di una antica città fantasma. Le vie sono infestate da immensi branchi di cani randagi, molti dei quali sono stati resi feroci dal frastuono delle artiglierie. Qualche solitaria babushka osserva il cielo da sotto l’uscio di casa, in attesa della prossima scarica di Grad. I negozi sono chiusi, gli autobus non funzionano da ormai ventiquattro mesi, così come i tram e tutti gli altri servizi essenziali.Per approfondire: Tra gli sfollati di una guerra dimenticata
Per tornare in città bisogna attraversare i posti di blocco dell’esercito separatista, che dominano i principali snodi viari. Molte palazzine sono ancora presidiate dai soldati, che le utilizzano come punti di osservazione e di cecchinaggio. Avvicinarsi ad esse è praticamente impossibile, anche se si è forniti di tutti i necessari permessi militari. Oggi le grandi battaglie avvengono una mezza dozzina di chilometri più a nordest, tra le cittadine di Avdiivka e Yasynuvata, dove ogni giorno si combatte furiosamente casa per casa. La guerra continua. Nonostante tutto.
Foto di Alfredo Bosco www.alfredobosco.com