I nostri reporter sono terroristi
Nelle scorse ore, i dati personali di circa quattromila cronisti – compresi i nostri (LEGGI QUI) – sono stati spiattellati online da un gruppo di attivisti filo-ucraini.La lista di proscrizione è stata ribattezzata DnrLeaks e sta rapidamente facendo il giro della rete. L’iniziativa parte dal portale ucraino Mirotvorets (Pacificazione, sic!) e dal “Centro per la ricerca di crimini contro la sicurezza nazionale dell’Ucraina, la pace e la sicurezza dell’umanità” (doppio sic!).“Alla fine del 2015 – recita il sito – il cosiddetto ministero della Propaganda dell’organizzazione terroristica Dnr (l’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, ndr) ha creato un database con i nomi dei 7901 giornalisti che si sono accreditati presso di essa. Ora quell’elenco è nelle nostre mani. Non sappiamo quali saranno le conseguenze della sua pubblicazione, ma senza dubbio si tratta di una iniziativa giusta, perché questi giornalisti stanno collaborando con i militanti di una organizzazione terroristica”. E ancora, poco più sotto: “Una analisi superficiale della lista ci permette di affermare che alcuni di questi individui che orgogliosamente si definiscono giornalisti sono stati visti con le armi in mano, mentre combattevano contro l’esercito ucraino”.
Al netto delle infamie, il succo della storia è più o meno questo: per potersi muovere e lavorare nel territorio del Donbass controllato dai separatisti, è necessario accreditarsi presso il “Press center” della Dnr di Donetsk. Tutti i giornalisti che hanno lavorato nel Donbass hanno dovuto rispettare questa semplice regola, la cui logica non appare neanche troppo bizzarra. Così è nata la celebre lista, tra le cui righe – non per niente – è possibile individuare anche i nomi di decine di cronisti espressamente anti-russi e al cento percento filo-ucraini. Un dettaglio che gli hacker di Kiev (o chi per loro) devono aver giudicato del tutto irrilevante, dal momento che, dopo aver abilmente trafugato il database, essi si sono affrettati a pubblicarlo in forma integrale, spennellando così su noi tutti – giornalisti, fotografi, e persino i cameraman, porélli – una simpatica accusa di connivenza terroristica.
Il portale Mirotvorets è controllato dall’attuale governatore ucraino dell’Oblast’ di Lugansk, George Tuka, il quale, negli ultimi mesi, si è posto come missione personale quella di “recensire tutti i terroristi” che “stanno tramando” contro il governo di Kiev. Visitando il sito personale di Tuka, e leggendone le citazioni, risulta difficile stabilire con certezza se il nostro uomo rigurgita di senso dell’ironia oppure non ne ha per nulla. A proposito delle sue amatissime liste, ad esempio, il governatore Tuka è sempre stato molto chiaro: “Il database è in continuo aggiornamento – ha scritto -, qualcuno viene aggiunto e (per fortuna) qualcun altro li elimina”.La bella iniziativa è stata rilanciata su Facebook dal parlamentare ucraino Anton Gerachenko, di cui sono noti gli stretti legami politici col potente ministro degli Interni Arsen Avakov. Una mossa che ha contribuito a una diffusione massiccia della lista, la quale comprende, oltre a nomi e cognomi, anche diversi indirizzi mail e numeri di telefono. Molti dei colleghi inclusi nel database – neanche troppo inaspettatamente – hanno già ricevuto numerosi messaggi e chiamate di minaccia, come nella migliore tradizione pacificatrice. Altri ancora, avendo cercato di mettersi in contatto con i loro referenti di Kiev, anche a livello istituzionale, sono stati invitati e non ripresentarsi nei dintorni della frontiera, “pena l’arresto immediato”.Tardivo, anche se indubbiamente lodevole, l’intervento del Procuratore generale di Kiev, che nelle scorse ore ha aperto un’inchiesta sulla pubblicazione dei dati riservati per il reato di “ostruzione alla stampa”, in base all’articolo 171.1 del codice penale ucraino. Ma ormai è decisamente troppo tardi.
La lista è online da giorni, ed già stata scaricata da migliaia di persone: chissà che qualcuno – seguendo i consigli del buon governatore Tuka – non si faccia venire lo sghiribizzo di cominciare a sfoltirla.Nonostante le minacce alla stampa e il disinteresse dell’Occidente nei confronti di questo conflitto silenzioso, stiamo tornado nel Donbass per raccontare la guerra dimenticata nel cuore dell’Europa. E stiamo tornando solamente grazie al contributo dei lettori che stanno aderendo al nostro crowdfunding.