Olive amare
la guerra degli uliveti tra Israele e Palestina

Olive amare: la guerra degli uliveti tra Israele e Palestina

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In Cisgiordania gli uliveti sono diventati dei campi di battaglia. Durante il periodo della raccolta delle olive, che si svolge tutti gli anni tra ottobre e novembre, gli attacchi dei coloni israeliani nei confronti dei contadini palestinesi si fanno più frequenti ed intensi.

Nel 2021 sono stati almeno 42, mentre quest’anno, nelle sole prime due settimane, l’Onu ne ha documentati 22, durante i quali almeno 800 ulivi sono stati distrutti. Una parte di questi si trovava nel villaggio di Burin, il cui territorio ricade per l’80% in zona C, sotto controllo amministrativo e militare israeliano e situato a valle di Yitzhar e Har Bracha: due colonie i cui abitanti si sono fatti conoscere per la loro efferatezza. Durante un attacco nel mese di novembre, un giovane contadino di Burin, colpito da una pietra scagliata da un colone, ha perso un occhio.

Un lavoratore palestinese riempie l’olio d’oliva appena spremuto in un contenitore, accanto ad un frantoio tradizionale in pietra, nel villaggio palestinese di Bizarya, nei pressi della città cisgiordana di Nablus, 6 novembre 2022. EPA/ALAA BADARNEH

Per i 2.500 abitanti del villaggio a sud-ovest di Nablus, nel nord della Cisgiordania, i proventi derivanti dalla raccolta delle olive costituiscono la principale fonte di reddito, come lo sono per almeno 100mila famiglie palestinesi, secondo l’Onu. Ma in questo villaggio, svolgere le attività agricole quotidiane rappresenta un rischio. Nei terreni arabili situati in zona C, è vietato svolgere attività agricole senza l’ottenimento di uno speciale permesso rilasciato dall’Amministrazione civile israeliana, ente del governo israeliano in Cisgiordania. Ed anche quando i contadini riescono ad ottenerlo ed a recarsi nei campi, hanno soltanto pochi giorni per terminare la raccolta.

Una contadina palestinese getta le olive per liberarle dalle foglie nel suo campo di ulivi, situato nella periferia del villaggio cisgiordano di Asera, vicino alla città di Nablus, 11 novembre 2022. EPA/ALAA BADARNEH

Gli attacchi dei coloni si concentrano proprio durante queste fasi e mirano a scoraggiare l’accesso dei palestinesi ai loro campi per poter poi proclamarvi la sovranità dello stato di Israele. Infatti, secondo il diritto fondiario israeliano ereditato dall’epoca ottomana, un campo rimasto incolto per più di tre anni diventa de jure proprietà dello Stato ebraico. Non sono pochi i contadini che, sentendosi minacciati dalla probabilità di un attacco, hanno smesso di recarsi nei campi situati in zona C.

La violenza dei coloni non è il solo ostacolo da superare durante la raccolta. Il tasso di approvazione dei permessi è infatti in forte calo, passando dal 71% nel 2014 al 27% nel 2020. Il calo del numero di permessi non permette ai contadini palestinesi di svolgere le attività agricole necessarie per prendersi cura della terra e degli alberi durante tutto l’anno, una difficoltà che riduce di molto la produttività dei campi e, di conseguenza, colpisce i loro redditi che diventano più esigui di anno in anno.

Agricoltori palestinesi mentre fanno colazione nel loro uliveto, situato nella periferia del villaggio cisgiordano di Asera, vicino alla città di Nablus, 11 novembre 2022. EPA/ALAA BADARNEH

La raccolta delle olive non costituisce soltanto una fonte di reddito, ma rappresenta soprattutto il momento in cui le famiglie si riuniscono e celebrano il loro legame con la terra, spesso bacchettando rami di alberi centenari, piantati dalle generazioni precedenti. Nella cultura palestinese, infatti, l’ulivo è simbolo di longevità e resistenza.

Ma nei pressi delle colonie israeliane, la vita di questi alberi è a rischio. Secondo la Croce rossa, tra il 2020 e il 2021 almeno 9.300 ulivi sono stati sradicati nei Territori Palestinesi, una cifra che sale a 800.000 se si va indietro nel tempo, fino al 1967, anno delle guerra dei sei giorni, alla fine della quale Israele conquistò larghe parti dell’attuale Cisgiordania, la penisola del Sinai, Gerusalemme Est e le alture del Golan.