Verso la moschea del Califfo

Verso la moschea del Califfo

MOSUL OVEST – “Daesh kaputt, Daesh kaputt”, lo Stato islamico è finito, urla un soldato iracheno facendo con la mano il segno della gola tagliata. I corpi speciali iracheni sono avanzati oltre il ponte Huria, il terzo sul Tigri afflosciato dai bombardamenti. Dall’altra parte del fiume, nella parte est della città, già liberata, si staglia la grande moschea voluta da Saddam.

L’incrocio dove è arrivata l’avanzata sembra uscito da una scena da film sull’assedio di Stalingrado. La strada è lastricata di macerie ed i palazzi sono scarnificati dai combattimenti. Il carro armato che presiede l’incrocio tira una raffica di cannonate verso un nido di cecchini delle bandiere nere, poche centinaia di metri più in là. Un blindato è già stato centrato da un tiratore scelto dello Stato islamico.Gli “Scorpioni”, i corpi speciali della divisione di reazione rapida irachena, che da una settimana stanno avanzando a Mosul ovest sono arrivati ad un solo chilometro dalla moschea Al Nuri. Un luogo simbolo dove Abu Bakr Al Baghdadi ha proclamato il Califfato nel luglio del 2014.I blindati della polizia federale sparano a raffica con i cannoncini sulle torrette. Ogni tanto arriva in appoggio dal cielo un elicottero, che lancia una selva di razzi.Il 40% di Mosul ovest è già stato conquistato, ma ci vorrà ancora un mese per farla finita. Il fischio di tre razzi katiusha ci fa correre un brivido lungo la schiena, mentre sibila sopra le nostre teste. Uno esplode in mezzo ai blindati a ridosso dell’incrocio appena conquistato, a pochi metri dal negozio dove abbiamo trovato riparo. Il boato e lo spostamento d’aria ci fanno barcollare. Un fumo denso e grigio avvolge tutto. I soldati urlano e, dalla nebbia provocata dal razzo, emergono in quattro che trascinano un corpo maciullato. I  numeri sono top secret, ma la battaglia nella “capitale” del Califfato è già costata migliaia di morti da una parte e dall’altra.

Per non parlare del patrimonio dell’umanità fatto a pezzi dalle bandiere nere come il museo di Ninive a Mosul ridotto ad una scatola vuota. Davanti alle telecamere i seguaci del Califfo avevano fatto a pezzi le statue, forse delle copie. I veri pezzi pregiati sono stati venduti al mercato nero.