“Via metà degli abitanti”: ora Kiev è una città fantasma

“Via metà degli abitanti”: ora Kiev è una città fantasma

Kiev. Per la prima volta dopo giorni di duelli di artiglieria che iniziavano alla mattina, la periferia nord ovest di Kiev è avvolta da una calma surreale, forse effetto dei negoziati poi falliti in Turchia. La notizia drammatica è che «un residente su due della capitale ha lasciato la città» secondo il sindaco Vitali Klitschko. «Un po’ meno di due milioni di persone è già andato via. Tuttavia Kiev è stata trasformata in una fortezza. Ogni strada, ogni edificio, ogni checkpoint è stato fortificato» sottolinea il primo cittadino.

Dal sobborgo di Irpin occupato per metà dai russi scappano in pochi, dopo le migliaia degli ultimi giorni. Andrey Kravchenko arriva alla periferia di Kiev presidiata da esercito e polizia con un trolley, una valigia e una borsa. «I militari sono venuti casa per casa dicendo che dovevamo evacuare perché non eravamo più al sicuro – racconta l’ex rappresentante della federazione sport invernali dell’Ucraina – E hanno spiegato che nel giro di uno, due giorni scoppierà la battaglia per la capitale». I russi sono a 5 chilometri dalle prime case di Kiev. I militari ucraini tengono, trincerati, con le unghie e con i denti l’ingresso di Irpin per permettere agli ultimi civili di mettersi in salvo. La cittadina è persa, ma subito dopo il ponte fatto saltare in aria e alcune aree allagate apposta saranno la linea di difesa. Poi ci penserà l’artiglieria a martellare i russi, come è successo mercoledì sull’autostrada ad Est all’ingresso della capitale sul lato sinistro del fiume.

Il ministero della Difesa ha reso noto il filmato girato da un drone sull’imboscata subita dai carri armati di Mosca. Diversi tank si trovano troppo vicini, uno dietro l’altro e vengono bersagliati non solo da colpi di artiglieria, ma pure dai droni Bairaktar forniti dai turchi operativi in vari settori del fronte. Proprio i droni e probabili trappole esplosive o mine lungo l’autostrada decimano la colonna in un diluvio di fuoco e fumo. I Bairaktar sono diventati famosi dopo l’utilizzo in Libia e nella guerra fra azeri e armeni per il Nagorno Karabak. L’audio del filmato è composto dalle intercettazioni delle comunicazioni radio russe che parlano dell’attacco con i droni e di ingenti perdite. Anche il comandante del reggimento carri, il colonnello Andrei Zakharov, sarebbe stato colpito a morte. I russi hanno pure bombardato un impianto della Coca Cola sempre sulla parte sinistra della capitale. L’obiettivo di Mosca è una manovra a tenaglia che da nord stringa il cerchio attorno alla capitale lasciando una via di fuga ai civili verso sud.


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Nella splendida cornice della chiesa di San Michele la messa ortodossa ha un fascino del tutto particolare in tempi di guerra. Fra i fedeli ed il fumo dell’incenso in mezzo ad immagini di santi e pareti dorate ci sono i militari in mimetica e mitragliatore a tracolla. Un ufficiale anziano accende le candele giallognole lunghe e sottili. Altri soldati più giovani si fanno tre volte il segno della croce con le dita racchiuse come usano gli ortodossi. La litania dei canti sacri fa dimenticare per un attimo gli orrori del conflitto. «Siamo venuti da Leopoli per difendere la capitale. E farci benedire prima di andare in battaglia. Dio ci proteggerà» è convinto Andryi, che prima della mobilitazione faceva il giornalista. Nella chiesa di San Michele i giovani soldati si confessano sotto la stola del prete, poi ricevono la benedizione e alla fine la comunione. Una volta uscito l’ex giornalista tira fuori dalla tasca l’immaginetta di un santo: «Me l’ha data mia nonna dicendo che mi proteggerà. La tengo sempre con me».

Nel centro di Kiev, tutto è sprangato, ma uno dei ristoranti più rinomati della capitale continua a lavorare con il personale che dorme dentro. Non ci sono clienti, ma «ogni giorno sforniamo 700 pasti caldi per i volontari sulle barricate. Siamo diventati un ristorante di guerra».

Una delle tante barricate disseminate nelle strade di Kiev è presidiata da volontari della difesa territoriale, che a causa del freddo pungente devono aver scolato una bottiglia di vodka. La sorpresa è un grande coniglio bianco di pezza con un mitra giocattolo di traverso piazzato sui sacchetti di sabbia. «Arriva dai nostri figli – racconta un volontario – Lo consideriamo un portafortuna».