Ultrà di destra e sinistra. I 20 volontari italiani in guerra nel Donbass
Kharkiv. «Bozambo», al secolo Edy Ongaro, 46 anni, è caduto in battaglia su uno dei fronti più duri, davanti all’aeroporto di Donetsk. Il volontario di Portogruaro al fianco dei separatisti russi dal 2015 sarebbe stato ucciso da una bomba a mano ovvero in combattimento ravvicinato. Non è l’unico italiano che ha scelto di arruolarsi in Ucraina da una parte e dall’altra della barricata. Negli otto anni di guerra nel Donbass sfociata nell’invasione russa sono una cinquantina i connazionali che hanno imbracciato le armi. Adesso, secondo l’intelligence, meno di 20: al fianco dei filo russi sarebbero rimasti in 7 e gli altri sono con gli ucraini.
«Bozambo» era uno dei più noti sul fronte separatista. In una video testimonianza del 2015 con lo stemma del battaglione «fantasma» sulla mimetica parlava «di sana ribellione insegnata dai nostri nonni durante la resistenza». Ex muratore, a Barcellona è stato influenzato dalla leggenda della guerra civile spagnola. Nemico giurato dei governi tecnici in Italia bollava come «subumani i fascisti, i razzisti e Borghezio (esponente della Lega, nda) che dovrebbe venire picchiato ogni giorno dalla polizia». Per Bozambo «l’Europa è un cagnetto con il collare dello Zio Sam». E concludeva giurando «nessun passo indietro». La Rete dei comunisti lo ricorda con enfasi di altri tempi: «Un partigiano antifascista internazionalista. Bandiere Rosse al vento! Ciao Bozambo».
I nostalgici della falce e martello sono stati attratti dalle repubbliche ribelli a tal punto che è sorto un Comitato per il Donbass «gruppo italiano a sostegno delle forze che combattono per una Novorossiya libera, socialista, antifascista». La Novorossiya è l’antica mappa dell’influenza russa che si espandeva fino ad Odessa. Un altro «compagno» di Bozambo è Alberto Fazolo rientrato in patria, che si era arruolato nello stesso battaglione del veneto ucciso giovedì sotto il comandante Nemo, commissario politico dell’unità internazionale. Nel Donbass ci sono anche italiani di estrema destra, che vedono Putin come un nuovo idolo. Il più noto è Andrea Palmieri, soprannominato «Generalissimo». Quarantadue anni di Lucca, militante di Forza nuova, era il leader dei Bulldog, gli ultrà della squadra di casa. Latitante per una condanna sul reclutamento di combattenti è stato ferito durante un addestramento e non sarebbe più in prima linea. Al suo fianco c’è Riccardo Emilio Cocco. Sul fronte filo russo hanno fatto perdere le tracce l’ex portiere Ivan Vavassori e Massimiliano Cavalleri, 42 anni di Palazzolo, in provincia di Brescia, nome di battaglia Spartaco. Altro filo russo è Gabriele Carugati, alias Arcangelo, di Cairate, in provincia di Varese, figlio dell’ex segretaria cittadina della Lega. Di lui non si hanno più notizie da tempo.
La parte ucraina, ben prima del 24 febbraio, ha attirato militanti di destra legati a Casa Pound e non solo. Giuseppe Donini, 52enne di Ravenna si era arruolato nel battaglione Azov. Un altro camerata era Valter Nebiolo rientrato in Italia, come Francesco Saverio Fontana, con un passato in Avanguardia Nazionale che aveva combattuto con Azov strappando proprio la città di Mariupol ai filo russi. In arrivo ci sarebbe un ex legionario italiano che si è presentato al consolato ucraino a Milano. La Legione georgiana, uno dei reparti che recluta stranieri, era stata contattata nei giorni precedenti l’invasione da cinque italiani, ex militari pronti a combattere per Kiev. L’unica donna è Giulia Schiff, 23 anni, ex pilota dell’aeronautica che ha denunciato atti di nonnismo. Seguita dalle Iene nella sua avventura ucraina sostiene di voler combattere «per fermare la guerra prima che arrivi a casa mia».