L’esodo dei disperati: così si fugge da Kiev

L’esodo dei disperati: così si fugge da Kiev

Kiev. Il rombo del cannone è sempre più vicino alla periferia di Kiev. Le artiglierie russa e ucraina si fronteggiano a un passo dalla capitale. Una colonna russa è entrata a Irpin, sobborgo della capitale, dove il 70% della popolazione vive nei rifugi sottoterra. I carri armati sono a 10 chilometri dalle prime case della capitale. «Preferiamo morire combattendo, che vivere da prigionieri sotto l’occupazione russa» tuona Danilo Brusov, portavoce del partito di estrema destra Corpo nazionale. Il battaglione Azov è la sua costola armata. «Questo è un centro di addestramento e reclutamento – spiega in tenuta da combattimento – Accettiamo volontari da tutto il mondo, ma devono avere esperienza». Venerdì sul fronte di Bucha sfondato dai carri armati di Mosca è caduto il primo straniero dell’Azov, il bielorusso Ilya «Litvin».

Al ponte prima di Irpin fatto saltare in aria per rallentare l’avanzata, i civili in fuga hanno preso d’assalto la passerella per passare il fiume. I granitici poliziotti dei corpi speciali con le uniformi nere caricano i civili su autobus gialli per l’evacuazione e li scortano fino alla stazione centrale di Kiev. La paura provoca il caos e la fuga si trasforma in assalto ai treni. La situazione è degenerata nelle ultime 48 ore. Alla gente di Kiev che vuole scappare si sommano gli sfollati dei sobborghi conquistati dai russi. Il piano superiore della stazione, avvolto dalle vetrate, da dove scendono le scale verso i binari è stracolmo di umanità in fuga.

La tensione è alle stelle ed esplodono di continuo diverbi fra i disgraziati. Quando l’altoparlante annuncia l’arrivo di un treno verso Ovest, la salvezza, una massa di persone comincia a correre verso il binario nel caos totale. La signora anziana che si appoggia sul bastone rischia di venire travolta o di cadere dalle scale. Mi guarda con le lacrime agli occhi senza dire niente. Nella calca le offro il braccio per farla scendere incolume, gradino per gradino, fino al binario. Il treno blu è arrivato, ma deve scaricare viveri e acqua per la città minacciata dai russi. La massa umana si divide in grosse colonne davanti alla porta dei vagoni. Tutti urlano o imprecano temendo di restare a terra. La Croce russa ucraina distribuisce bottigliette d’acqua e con una catena umana porta i rifornimenti fuori dalla stazione. Quando suona la sirena pochi scappano, ma l’ululato dell’allarme aereo rende la scena simile alla fuga dai grandi assedi della seconda guerra mondiale.


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CAUSALE: Reportage Ucraina
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Una famiglia di Irpin con i vestiti sporchi dopo giorni e notti passati nei bunker è disperata: «Non vogliono farci salire, ma guarda le schegge delle bombe cadute nel nostro giardino» e mostrano le distruzioni sui telefonini. Olga, una signora con il volto scavato dalle rughe, chiede con rabbia «perché la Nato non ha chiuso i cieli?». La no fly zone, che porterebbe dritta alla terza guerra mondiale.
Quando le porte dei vagoni si aprono per far salire i passeggeri parte l’assalto. Mamme con i bambini in braccio, anziani, ragazzini con lo zaino di scuola spingono e urlano per conquistare la salvezza. Un responsabile delle ferrovie con pettorina arancione e megafono intima: «Prima le donne e i bambini». Le scene più strazianti sono quelle degli uomini che vengono ad accompagnare la famiglia, ma non partono nonostante l’arrivo dei russi. Il papà che spinge la figlia nella calca con gli occhi lucidi. Anton ha al suo fianco la moglie e la bambina piccola: «L’importante è che loro vadano in Polonia o in Germania. Io resto e non ho timore. I russi devono avere paura».

Su uno dei vagoni tirano dentro di forza qualcuno che non riesce a camminare e quando si chiudono le porte perché il treno è stracolmo chi rimane a terra batte i pugni, piange, si dispera, ma non c’è nulla da fare. Se non prendere d’assalto il prossimo treno. Alona scappa con il cane: «Ho paura, ma vi prego aiutate l’Ucraina salvateci dai russi».