Kiev resiste ai russi. Ultimi civili in fuga: “Ma Dio è con noi”

Kiev resiste ai russi. Ultimi civili in fuga: “Ma Dio è con noi”

(Stoyanka) La torretta del carrarmato russo è volata via, ribaltata a terra. Il resto del tank è un ammasso annerito di lamiere e cingoli fusi dal fuoco. Dei carristi di Mosca non è rimasto niente. “La colonna nemica è scesa da questo stradone e pensava che fosse facile occupare la nostra cittadina”, racconta Pavlov, un ufficiale della riserva in mimetica e kalashnikov corto da paracadutista a tracolla. Per lui la carcassa del mastodonte russo vicino ad un distributore di benzina è un trofeo. “Abbiamo contrattaccato prima bombardandoli con l’artiglieria – canta vittoria – e poi attaccandoli con le armi anticarro e tutto quello che avevamo ricacciandoli indietro”. Non finisce la frase che un paio di granate russe esplodono non lontano. La colonna di fumo nero, poche case più in là, ci fa compagnia da quando siamo arrivati nella cittadina sul fronte ovest di Kiev devastata dalla guerra. Il centro, attorno ad un’ampia rotonda, non esiste più. Un altro distributore con negozi vicini sono completamente distrutti.

Alcune case hanno preso fuoco e resta in piedi solo la facciata. Sul campo di battaglia non c’è anima viva se non che un paio di soldati in dune-buggy che sfrecciano velocissimi facendo slalom fra le macerie. Lungo la superstrada che esce da Stoyanka restano abbandonate e crivellate di colpi o incenerite da armi più pesanti automobili civili e un furgoncino bianco abbandonato in fretta e furia. Sabato sera si sparava all’ultima postazione ucraina, ma domenica gli ucraini sembrano controllare la cittadina. Pavlov ordina di fare presto per timore dell’artiglieria nemica. “Questi sono bossoli russi e fra gli alberi avevano le loro postazioni, ma siamo riusciti a spazzarli via” sostiene orgoglioso il riservista. I segni della furiosa battaglia sono evidenti, ma i russi rimangono annidati nei villaggi vicini ad un paio di chilometri pronti a tornare alla carica.

I colpi in partenza dell’artiglieria ucraina e la risposta che arriva all’improvviso attorno alla cittadina distrutta dalla guerra ci consigliano di tornare indietro. I volontari all’ingresso di Stoyanka si nascondono dove possono in attesa della prossima granata. Un ucraino arriva con il “rancio”, una borsa della spesa piena di pizzette facendo riapparire i combattenti.

La strada è deserta fino a Bilogorodka, la Torre bianca, il centro di raccolta degli sfollati alle porte di Kiev. Le lunghe colonne di macchine in fuga dai combattimenti hanno aggiunto alla bandiera bianca la scritta “bambini”. In ogni auto ci sono i più piccoli, che finalmente sorridono quando capiscono di essere in salvo, almeno per ora.


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CAUSALE: Reportage Ucraina
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Città come Nizhyn, 150 chilometri a nord est di Kiev, sono circondate dai russi. Una squadra speciale di volontari armati come Rambo è riuscita a passare con un camion carico di generi di prima necessità. Dopo averli consegnati alla popolazione stremata hanno caricato nel cassone vuoto una decina di civili, donne e bambini. Alcuni hanno bisogno della dialisi impossibile da garantire nella città sotto assedio. “Uscendo da Nizhyn facevamo lo slalom fra i colpi di artiglieria. E’ la prima volta che dei civili vengono portati in salvo a Kiev da quest’area. Dio era dalla nostra parte” è convinto Juri, uno dei veterani armati fino ai denti.

A sud di Kiev, una giovane coppia, che mai avrebbe pensato di ritrovarsi in guerra nel 2022, si è organizzata alla meno peggio. “Ogni giorno il piano è lo stesso: Restare vivi” spiega Serghey, capelli lunghi alla hippy. “Abbiamo questa ampia vetrata e adesso dobbiamo coprirla con dei teloni per mantenere l’oscuramento – aggiunge – e fuori è protetta da assi di legno. Il vetro si è già crepato per le esplosioni”. La sfortuna vuole che nei dintorni siano piazzate le batterie antiaeree e antimissile ucraine. Serghey e la giovane sposa Mariana ci fanno strada in giardino verso un cumulo di pietre camuffato dalla vegetazione che serviva da cantina per le vivande. “Adesso è il nostro bunker dove passiamo tutte le notti prima che il cielo si illumini a giorno” sottolinea Mariana indicando il letto di fortuna ricavato con i materassini da spiaggia. I giovani raccontano che in rete esiste un filo diretto fra ucraini e russi, ma “loro continuano a dire che i bombardamenti, il sangue sono tutte notizie false. E sono convinti di salvarci dai nazisti”. Serghey e Mariana, come gran parte degli ucraini sono pacifici, ma hanno preparato le bombe molotov, che preferiscono chiamare la “musica di Bandera” il controverso leader nazionalista della seconda guerra mondiale: “Se arrivano i russi a casa nostra siamo pronti”.