Le linee rosse d’Europa
Seconda Parte – Lo scudo della Nato

Le mosse anti-Putin della Nato lungo il fronte orientale dell’Europa

La corsa all’istmo d’Europa vede la Russia in netto svantaggio rispetto agli Stati Uniti. Gli strateghi americani si sono mossi con largo anticipo, serrando le fila dei paesi mitteleuropei e vincolandoli sul piano logistico e difensivo alle decisioni di Washington. E il processo va avanti da anni in modo silente e lineare.

L’Iniziativa dei Tre Mari (I3m, gergalmente Trimarium) è concepita formalmente per favorire la cooperazione economica tra i paesi dell’Europa centro-orientale incastonati tra i tre bacini: Baltico, Nero, Adriatico. Ma i propositi geoeconomici celano in realtà obiettivi infrastrutturali d’impatto geostrategico. Tra i principali progetti vi è il tracciato ferroviario Rail2Sea, che collegherà le città portuali di Danzica (Polonia) sul Mar Baltico a di Costanza (Romania) sul Mar Nero. Ma spostare merci da un mare semi-chiuso a un altro bacino semi-chiuso non è di per sé una gran pensata: per rifornire i mercati mitteleuropei è assai preferibile avvalersi dei collegamenti logistici alla città portuale di Trieste sul terzo mare: l’Adriatico.

L’esercitazione Nato Defender Europe 2021

Quindi il senso profondo del progetto ferroviario Rail2Sea promosso ardentemente dagli Stati Uniti non risiede tanto nello sbandierato sviluppo economico, bensì nel trasporto efficiente di mezzi militari lungo l’intero fianco orientale della Nato. Contribuendo solo in minima parte al Fondo I3m, gli Usa scaricano gran parte dei costi delle proprie ambizioni strategiche sui dodici paesi membri del Trimarium: repubbliche baltiche, Polonia, Cechia, Slovacchia, Austria, Slovenia, Croazia, Ungheria, Romania e Bulgaria. Avvalendosi della propria influenza diplomatica e militare, Washington ridistribuisce gli oneri infrastrutturali per rendere sostenibile il progetto di ripartizione delle sfere di influenza con Mosca. E lo fa in modo altamente geometrizzante.

La simmetria della nuova cortina di ferro virtuale è macroscopica e si appoggia sui due bastioni del fianco orientale dell’Alleanza Atlantica: Polonia e Romania. Il nuovo corridoio ferroviario idoneo al trasporto militare Rail2Sea correrà in gran parte parallelo all’istmo d’Europa, bypassando per ora la Galizia (Ucraina) e permettendo un celere dispiegamento di mezzi in caso di scontro frontale con Mosca. A una distanza sufficiente da sfuggire alla avanzata strumentazione per la guerra elettromagnetica russa dispiegata nella exclave di Kaliningrad e potenzialmente trasferibile in Transnistria.

La variante C del programma attraversa la Moldavia romena, servendo al contempo la base aerea multinazionale Mihail Kogălniceanu nei pressi di Costanza e la città di Bacău, calamita di interessi israeliani (es. Elbit Systems) nel campo dei droni e della componentistica militare. Ma soprattutto attraversa l’infausta “porta di Focșani”, lembo di terra tra i fiumi Danubio e Siret considerato dalla dottrina militare romena come il punto più debole della linea difensiva romena ed euroatlantica. Secondo i comandi militari (e l’esperienza storica) di Bucarest, ipotetiche forze d’invasione russe posizionate sulla costa nord-occidentale del Mar Nero raggiungerebbero la capitale in poco più di 24 ore.

A nord della Polonia (Redzikowo) e a sud della Romania (Deveselu) sono ubicate le due basi missilistiche della Nato Aegis Ashore in grado di garantire la più ampia protezione alla penisola europea. Ufficialmente i lanciatori verticali Mk-41 dello scudo missilistico americano sono presentati come difensivi, ma nella realtà si prestano al doppio impiego. È la stessa compiaciuta casa produttrice (Lokheed Martin) a renderlo noto. La cosa impensierisce parecchio i consiglieri del Cremlino, che sobbalzano all’idea di constatare la presenza di missili da crociera a capacità nucleare stoccati nelle due basi. Mentre lo scudo di Deveselu è già operativo, il gemello di Redzikowo lo sarà solo a fine 2022.

A Łask (Polonia centrale) e a Câmpia Turzii (Transilvania), ben distanti dalle coste per sfuggire agli attacchi aeronavali, sono situate le basi aeree che un domani acquisiranno preminente rilievo strategico per il fianco orientale della Nato. Esse costituiscono i due fuochi dello spazio ellittico del fronte orientale. La base polacca è stata selezionata per ospitare i moderni caccia F35a Lighting II. La base romena già ospita droni Mq-9 Reaper e i lavori di ristrutturazione rappresentano il principale investimento militare statunitense del 2021 nel Vecchio Continente (152 milioni di dollari). Tra i lavori non c’è solo la ristrutturazione dell’esistente, ma anche la realizzazione di un centro di comando – per ora Câmpia Turzii risponde ad Aviano – e la costruzione di un nuovo deposito di munizioni. Il tutto lascia pensare che l’arsenale aggiuntivo possa ospitare bombe atomiche americane per armare i caccia di quinta generazione. Magari provenienti dalla sempre discussa base Nato di İncirlik (Turchia) o, più semplicemente, da Ghedi e Aviano (Italia). Le attività di monitoraggio e di spionaggio aereo potrebbero proliferare nel futuro prossimo, sotto la diretta supervisione di Avril Haines, direttore dell’intelligence a stelle e strisce ed esperta analista nel campo dei droni.

Decollo di un F-16 Usa dalla base romena di Câmpia Turzii

Inoltre la base aerea romeno-statunitense 71 “Emanoil Ionescu” di Câmpia Turzii – ben protetta orograficamente dai Carpazi – potrebbe superare per importanza anche la base aerea multinazionale 57 “Mihail Kogălniceanu” nei pressi del porto di Costanza. Sebbene potenziata, a quest’ultima sarebbe affidato il gravoso compito di assorbire il primo impatto di un’offensiva aeronavale dal Mar Nero, ripartendo più equamente sugli alleati le perdite materiali e umane; mentre alle più protette forze statunitensi spetterebbe il compito di organizzare la riscossa.

La Romania è quindi concepita come piattaforma per una triplice proiezione di potenza: contrasto all’assertività russa, rapido intervento nei Balcani occidentali, dissuasione nell’Egeo in caso di escalation di tensione tra Grecia e Turchia. L’intenzione di costruire una conduttura militare terrestre per idrocarburi che colleghi il porto di Alessandropoli (Grecia) alle basi Nato in Bulgaria e Romania ha come principale scopo quello di garantire i dovuti rifornimenti di carburante militare a Sofia e Bucarest, nel caso in cui Ankara optasse per un blocco dei transiti navali attraverso gli Stretti (Bosforo e Dardanelli). Bypassando la Tracia orientale con un mix logistico terra-mare, gli Stati Uniti neutralizzano la possibile infedeltà della Turchia.

Il grosso degli insediamenti militari americani e alleati è ubicato a ovest dei fiumi Vistola (Polonia) e Prut (Romania/Moldova). Questi due corsi d’acqua delimitano in modo naturale le zone cuscinetto a bassa militarizzazione tra i due blocchi contendenti. Le truppe americane non sono propense a oltrepassarli per almeno tre ragioni: rispettare gli accordi assunti con la morente Unione Sovietica nel 1991 (poco importante); tenere al riparo l’equipaggiamento dalla strumentazione elettromagnetica russa e prevenire danni alla salute delle truppe provocati dai cannoni a microonde (importante); marcare stretto la Germania minacciandola con la “deterrenza negativa” (molto importante).

I missili russi tattici a capacità nucleare dispiegati a Kaliningrad potrebbero colpire Berlino (dista 500 chilometri) in assenza della frapposizione americana e dell’attivazione dello scudo a stelle e strisce. Ricordarlo costantemente al cancelliere tedesco è una formidabile arma diplomatica nella panoplia del Dipartimento di Stato Usa.

Al Pentagono si sta radicando la consapevolezza che un’ulteriore spinta a est comporterebbe la diluizione delle energie e la maggiore indisciplina delle principali potenze europee, Germania in primis. Non vi è nulla di strategico nell’overstretching (sovraestensione). È questa la ragione per la quale vale la pena investire miliardi di dollari in opere logistiche e strategiche perfettamente in linea su un fronte non troppo ampio e sufficientemente lontano dalla Russia da non provocarne la reazione nucleare, ma abbastanza vicino alla Germania da contenerne le ambizioni. Il grosso della fanteria alleata e statunitense è e sarà dispiegato a Poznán (Polonia) e Craiova (Romania): nelle retrovie rispetto al fronte russo, ma in posizione ottimale per effettuare pressioni politiche (o interventi militari) verso la Germania e i Balcani occidentali.

L’asse Danzica-Costanza corre in modo (quasi) parallelo all’asse Kaliningrad-Tiraspol, cioè alla vera linea rossa a cui allude sovente il presidente russo Vladimir Putin. E non deve stupire che la presenza militare americana in Ucraina si attesti al centro di addestramento di Yavoriv vicino a Leopoli (Ucraina occidentale): essa giace sulla linea Danzica-Costanza in un punto quasi mediano. Secondo il capo di Stato russo, i soldati americani lì dovrebbero rimanere. L’accerchiamento moscovita a nord dell’Ucraina (presenza militare in Bielorussia) e il monopolio navale russo nel Mar Nero inibiscono qualsiasi massiccia concentrazione di truppe americane nell’Ucraina centro-orientale. Nessun generale assennato sarebbe lieto di condurre o stazionare le proprie truppe in quella che si presenta come un’enorme sacca priva di elementi orografici difensivi.

Gli investimenti infrastrutturali americani e del Fondo I3m hanno il fine strategico di compattare le nazioni alleate a ridosso dell’istmo d’Europa. Mantenere fervido lo spauracchio russo è una misura ottimale per affossare le ambizioni di potenziali competitori degli Stati Uniti nell’appendice occidentale del Vecchio Continente. Il disaccoppiamento economico, strategico e culturale tra le due sfere di influenza lungo l’istmo d’Europa diviene di giorno in giorno più evidente. Il definitivo allontanamento della Bielorussia dalle ammalianti sirene occidentali e il suo ritorno sotto l’ala protettiva della Russia ne è un chiaro esempio. Così come lo è la rottura diplomatica con Mosca dei paesi slavi appartenenti al Trimarium.