“La Folgore è passione”
Il racconto del graduato scelto Andrea Rossetti

“Seconda volta in Libano. La Folgore è passione”

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(Shama, Libano) Trent’anni, molti dei quali passati nella Folgore. Terza missione all’estero: Libano, Libia e ora di nuovo Libano. Una ragazza e una famiglia che lo aspettano in Italia. Lo sguardo sognante di chi è paracadutista per lavoro, ma con i piedi ben piantati a terra.

Incontriamo Andrea Rossetti, graduato scelto con l’incarico di esploratore paracadutista del Reggimento “Savoia Cavalleria” (3º), nella base di Shama, pochi chilometri a nord del confine tra Israele e Libano. Per lui, è la seconda volta in Libano. La prima volta nel 2017, sempre nel contingente italiano di Unifil. Sei anni dopo è di nuovo qui, nel settore ovest, membro di quella forza di contrapposizione attualmente a guida Folgore che vigila sulla difficile tregua armata tra i due Stati.

Il lavoro di Andrea si concentra sulla pianificazione, sull’assetto e sulla gestione delle pattuglie. Dopo aver ricevuto l’incarico, si passa al controllo di orari e percorsi, dei mezzi, del loro carico, degli uomini. Procedure standardizzate a cui segue il briefing del comandante per valutare le specificità della missione. Poi si parte: o a nord di Al Mansouri o a sud lungo la Blue Line, la linea di separazione tra Libano e Israele sorvegliata dalle Nazioni Unite e che nel settore ovest è a guida italiana.

Andrea ci mostra la foto che porta sempre con sé in tasca

Andrea racconta il suo lavoro con le parole di chi ormai la considera una “semplice” routine. Ma il suo, come quello di tutti i suoi colleghi, è un lavoro complesso, in cui anche un solo errore può costare caro: verso sé stessi, verso la propria squadra, ma anche verso la propria forza armate e il proprio Paese, ospiti di una realtà delicata e fragile. “Quando sei lì, in pattuglia, sei con il tuo equipaggio ma sei anche solo. Se ti capita qualcosa, sei tu il responsabile e devi sapertela cavare grazie all’addestramento, ricordandoti che ogni errore non ricade solo su di te, ma anche su cosa rappresenti”. È per evitare di trovarsi impreparati che i militari italiani iniziano il loro addestramento per il teatro operativo ben prima della partenza. “Devi avere per forza una preparazione teorica e pratica, a 360 gradi” ci spiega Andrea, ribadendo che quello che si impara sul luogo in cui si opera e su come gestire il lavoro di tutti i giorni è fondamentale. Una preparazione che non si ferma all’addestramento ma che è costante: l’esperienza è fatta di azioni quotidiane che fanno crescere sia a livello umano che professionale.

“Quando torni da una missione, da qualsiasi missione, cresci molto. Ti confronti con una realtà diversa, sei lontano dal tuo nucleo di affetti, dal tuo Paese. Quando sei qui – continua Andrea – il tuo team diventa una ‘microfamiglia’, sei 24 ore insieme alla tua squadra e ti confronti su tutto”. Una famiglia che per Andrea significa anche il paracadute e il basco amaranto (momentaneamente celeste Unifil) come segni distintivi. “La Folgore è passione” dice il militare, che per un certo periodo della sua vita, inconsapevolmente, rischiava di non poter farne parte. “Avevo lasciato la scuola, pensavo di fare altro. Poi ho scoperto di volere essere paracadutista, ma mi serviva terminare gli studi. Mi sono riscritto a scuola, ho fatto tutto. E ora sono da 10 anni in brigata”. Un messaggio che vale anche per tanti ragazzi che disinteressati o disillusi pensano di non avere bisogno di completare il percorso scolastico.

In patria, a Roma e a Grosseto, lo aspettano genitori e compagna. Al papà e alla mamma ha deciso di dire le cose all’ultimo: “Lo faccio sempre per non farli preoccupare. Sia quando parto in missione sia quando mi lancio col paracadute. Preferisco dirglielo a cose fatte”, scherza. Andrea a questo punto apre una tasca e prende in mano la foto: è quella della sua ragazza: “La porto sempre con me, ormai è un po’ sgualcita ma è in tasca con me dalla prima missione e me la tengo stretta”.