“Qui moriremo tutti”

“Qui moriremo tutti”

“La invito a smettere di andare avanti e indietro per la valle facendo fotografie e interviste alla gente. Stia ben attento che potremmo chiedere il suo arresto”. Così terminava la telefonata tra me e il signor Jorge Esteva responsabile delle comunicazioni dell’impresa Barrick Gold. Mi trovo in Repubblica Dominicana e, più precisamente, nel Pueblo Viejo di Cotuì dove, nel 2012, è stata aperta quella che oggi è la miniera più grande del mondo e prima in assoluto in termini di estrazione.

È un sabato mattina, piove a dirotto e, anche se siamo a febbraio, fa caldissimo. Fermo la macchina e scendo per fare alcune fotografie all’acqua del fiume Maguaca. È di color giallo/arancione e puzza tremendamente di zolfoo di qualche prodotto chimico. In pochi minuti gli occhi iniziano a prudermi forte e a lacrimare; la bocca mi si secca a tal punto che sento la mia lingua spessa come se avessi fumato tutto il pacchetto di sigarette. Una via l’altra senza interrompermi. Trovo una casetta di legno e lamiere.

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È azzurra e due uomini mi vengono incontro dandomi il buongiorno. “Da quanto tempo è di questo colore l’acqua del fiume”? chiedo incuriosito. “Dal 2012. Da quando l’impresa Barrick Gold ha iniziato a far funzionare la miniera. Lavano i metalli e tutto lo schifo finisce nel Maguaca”.

Proprio dal 2012, infatti, l’impresa mineraria canadese Barrick Gold ha iniziato a scavare, trivellare, ed estrarre l’oro in quella che per decenni era stata proprietà della Repubblica Dominicana. In quegli anni l’impresa Rosario Dominicana aveva trovato il metallo prezioso nel sottosuolo del Pueblo Viejo di Cotuì ed era riuscita a dare lavoro a migliaia di dominicani. Purtroppo non aveva a disposizione le sofisticate attrezzature e soprattutto i milioni di dollari necessari per continuare il lavoro estrattivo. Così ha dovuto chiudere. “Io ho lavorato per la Rosario”, mi racconta il signor Juan,”lavoravamo con pale e picconi, facevamo esplodere un po’ di dinamite e poi per 10/12 ore al giorno scavavamo a mano”.

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Per la smania del non voler cedere nulla a multinazionali che avrebbero voluto investire in questa straordinaria avventura, le cose si fanno sempre più difficili, tanto che l’azienda ha dovuto chiudere i battenti alla fine degli anni ’90.

Nel 2006 viene indetta una gara d’appalto per far “ripartire”la miniera e, proprio la Barrick Gold, sbaraglia tutti gli avversari. Ci sono voluti sei anni per trasportare tutte le attrezzature necessarie dal Canada e dagli Stati Uniti fino in Repubblica Dominicana. Dal 2012 (anno di inizio dei lavori) ad oggi, i termini di estrazione sono triplicati, facendo balzare la miniera di Cotuì dal quarto posto al primo in assoluto. Ogni due mesi vengono estratti ed esportati dai 7 ai 10mila chilogrammi di oro purissimo.

Tutto questo però ha un costo. Non solo di milioni di dollari, ma anche di migliaia di vite umane. Sono circa 1600 le famiglie che vivono in tre piccole comunità – Naranco, la Pignita, e la Laguna – disposte sulle rive dei due fiumi Maguaca e Jagal.

“Dal 2012 a oggi, sono morte più di duecento persone e migliaia di capi di bestiame come mucche e cavalli”. Mi portano a visitare nell’arco di due settimane molte famiglie vittime della contaminazione ambientale. Molti i bambini che vanno a fare il bagno nei fiumi e che contraggono funghi che portano chiazze come se avessero l’alopecia nei capelli. Molti altri hanno chiazze chiare e scure su tutto il corpo; hanno piaghe purulente; perdita delle unghie di mani e piedi. L’80% delle donne ha infermità vaginali.

In questa zona l’aria è irrespirabile: le piogge acide hanno fatto morire centinaia di coltivazioni di caffè, tabacco e arance. Tutto quello di cui vivevano le 1600 famiglie. “L’acqua è il bene più prezioso al mondo per ogni essere vivente, umano o animale che sia” mi dice la signora Maria. “Noi viviamo con tre bottiglioni di acqua pulita a settimana, con cui dobbiamo lavarci, cucinare, bere, lavare i nostri figli e i vestiti sporchi”, mi spiega il signor Ramon.

Le famiglie hanno costituito un comitato e spesso fanno manifestazioni durante le campagne politiche, oppure marce di protesta per far sapere al presidente Danilo Medina che loro così non possono più vivere. Chiedono a gran voce o di essere trasferiti in altre zone più lontane dalla miniera o, meglio ancora, la chiusura immediata e definitiva di quest’ultima.

Ma sono tutti ben consapevoli che quando ci sono a disposizione milioni di dollari da spendere e centinaia di politici corrotti da comprare, la loro battaglia sarà lunga, dura e con un finale inevitabile: la sconfitta su tutti i fronti. “Facciamo un appello al Papa, alle Nazioni Unite e alle Onlus di tutto il mondo: facciano qualcosa per aiutarci altrimenti moriremo tutti”. Sul loro sito i signori dell’impresa Barrick Gold parlano di rispetto dell’ambiente e dei diritti umani. Dicono che stanno cercando di purificare i fiumi e riforestare quello che l’impresa Rosario Dominicana aveva distrutto e inquinato. Ma quello che ho visto con i miei occhi è un disastro ambientale orribile, destinato a provocare ancora centinaia o migliaia di vittime, e che inevitabilmente arriverà a distruggere e inquinare gran parte dell’isola caraibica, che da “paradiso turistico” sta sprofondando lentamente e inesorabilmente verso un vero e proprio “inferno”.