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La lussuosa isola turistica di Gaya, nel Borneo Malese, è la quintessenza del paradiso tropicale. A soli 15 minuti di barca da Kota Kinabalu – la capitale dello stato orientale malese di Sabah – qui la sua famosa natura selvaggia non esita a manifestare la sua predominanza sugli ospiti umani.
Scimmie maliziose rubano gli occhiali da sole e, a volte – gli addetti mettono in guardia – agguantano anche una bella birra fresca. Maiali barbuti si radunano a pochi metri dal ristorante della spiaggia. Uccelli rari e fauna marina abbondano.
Ma dopo una mezz’ora di escursione nella fitta giungla, la nostra guida è costernata. Troviamo un campo improvvisato e del legno bruciato abbandonati vicino ad un tranquillo ruscello: bracconieri.
“È normale”, ci dice la guida. Arrivano in barca e quasi sempre ripartono prima che i ranger abbiano il tempo di prenderli. È impossibile sapere cosa abbiano cercato. Le scimmie dal naso lungo a proboscide – una specie in pericolo – sono una preda comune, ma a Gaya c’è anche una spettacolare varietà di uccelli, primati, mammiferi esotici, per non parlare anche di legname raro e costoso. Ognuna di queste cose potrebbe essere stato l’obiettivo dei bracconieri. Anche qui, che è una piccola oasi di ecoturismo circondata da resort che rendono molto difficile ormeggiare una barca senza che sia individuata, non c’è modo di sfuggire all’esplosione del commercio illegale di flora e fauna selvatica che avviene nel Sudest asiatico.
La regione dell’Associazione delle nazioni del sud est Asiatico (Asean) ricopre meno del 3% della superficie terrestre, ma arriva al 25% del commercio globale di flora e fauna selvatica. Come fornitore, consumatore e piazza di transito di questo mercato nero in espansione, il Sudest asiatico è uno dei mercati mondiali primari per la cattura, la vendita, il consumo alimentare e la spedizione di specie protette verso paesi di tutto il mondo.
Le prospettive non sono buone. In base alla Commissione europea, il traffico di flora e fauna selvatica ad oggi è la quarta industria illegale più redditizia del mondo, che ammonta a 26 miliardi di dollari all’anno, in crescita. Di gran lunga, la maggior domanda di prodotti di specie a rischio viene dalla Cina, e con la crescita della popolazione e dell’economia di questa superpotenza, cresce anche la domanda di animali rari e protetti.
Le specie rare hanno a lungo avuto un ruolo nella medicina tradizionale cinese, ma le persone normali non sempre avevano i mezzi per comprarle. Oggi, però, la classe media in crescita del paese ha più denaro da spendere. “Il numero di persone con la capacità di acquistare (flora e fauna selvatica), credo sia indiscutibilmente aumentato”, sostiene il Dr Thomas Gray Direttore Scientifico di Wildlife Alliance in Cambogia. Considerando il miglioramento delle infrastrutture nella regione, che rende più veloce e più facile che mai spostare le merci del mercato nero da un posto all’altro, le popolazioni di flora e fauna selvatica del Sud Est Asiatico e la sua biodiversità rischiano la decimazione totale.
Prendiamo il pangolino, un mammifero squamoso che somiglia ad un formichiere ed è l’animale più contrabbandato del mondo. Nel sudest asiatico hanno origine i 10mila o più pangolini catturati ogni anno dai bracconieri per la loro carne e le scaglie, molto ricercate come ingredienti sia nella medicina tradizionale cinese, sia nella produzione di metanfetamina. Tanto ricercate che, infatti, tutte le otto specie di pangolino ora rischiano l’estinzione. Nella prima metà del 2019, più di otto tonnellate di scaglie provenienti da circa 14mila pangolini sono stati sequestrati nella sola Hong Kong.
Nel frattempo, in Thailandia e Laos centinaia di tigri risultano “disperse” ogni anno dalle aree di allevamento, che presumibilmente sono state create per proteggere gli ultimi dei loro esemplari in diminuzione. Le tigri sono molto richieste dalla medicina tradizionale cinese, specialmente per la produzione del vino di ossa di tigre, e c’è un crescente appetito per la loro carne. Gli allevamenti legali di tigri sostengono di allevare i rari felini per alleviare il carico su quelle selvatiche, ma in realtà questo non fa altro che attenuare la riprovazione sul commercio di parti di tigre. Nel 2018 la Cina ha formalmente alleggerito le leggi sull’importazione di prodotti delle tigri, introducendo così in effetti un modo legale per trafficare specie a rischio.
Spesso, il declino di una specie braccata ha un serio effetto a catena sulla salute del suo più ampio ecosistema. L’unico Bucero dall’elmetto si trovava una volta in abbondanza in tutto il Myanmar, Thailandia, Malesia, Singapore, Indonesia e Brunei. Questi uccelli si comportano come “gli agricoltori della foresta”, mangiando semi e poi rigurgitandoli o defecandoli tra gli alberi, contribuendo così a reintegrare la biodiversità su molte miglia quadrate.
Sfortunatamente per il Bucero, il suo teschio è fatto di una sostanza simile all’avorio di elefante, ma più tenero e semplice da intagliare in decori ornamentali. Simbolo di ricchezza in Cina per secoli, il recente aumento della domanda ha causato un drammatico aumento dei livelli di bracconaggio, con questo uccello messo tremendamente a rischio. Questa è una tragedia per la specie, ma anche per le giungle del Sud Est Asiatico. Assommando il 15% della biodiversità mondiale totale, la regione sta soffrendo già una rapida deforestazione. La diminuzione del numero di animali mangiatori di frutta come gli elefanti, i buceri ed i cervi non fa che peggiorare questo impatto negativo sulla foresta e la sua capacità di immagazzinare carbonio.
Da ogni punto di vista, il traffico di specie selvatiche è un disastro. Il declino delle specie e della biodiversità mina ogni prospettiva di sviluppo economico sostenibile di lungo periodo, rendendolo “intrinsecamente non sostenibile” in base al United Nations Office On Drugs And Crime (UNODC). L’impatto duraturo sull’ambiente elimina una risorsa su cui hanno fatto affidamento per generazioni le comunità locali, chiudendo nello stesso tempo la porta ad opportunità potenziali di creazione di lavoro, come lo sviluppo della redditizia industria dell’ecoturismo.
Ma è la prospettiva di un guadagno a breve termine che anima per primi i bracconieri.
“Si può parlare del danno all’ambiente e alle spesso molteplici ripercussioni sugli ecosistemi ed in fine sulle specie selvatiche. Ma questi alti costi di lungo periodo sono spesso ignorati a fronte dell’immediato e significativo guadagno economico” sostiene Vanda Felbab-Brown, membro anziano del Brooking Institute ed autore dell’Extinction Market: Wildlife Trafficking and How to Counter it. (Mercato dell’estinzione: Il Traffico di Specie Selvatiche e Come Contrastarlo).
La triste ma pragmatica realtà, spiega Felbab-Brown, è che la capacità di una persona di nutrire, crescere e vestire i suoi figli, di permettersi cure mediche o portare in ospedale i parenti, prevarrà sempre su ogni altro aspetto. “La conservazione è un lusso che non si possono permettere” lei afferma.
Il contrabbando di specie selvatiche è sicuramente redditizio. Un recente rapporto ha rilevato che il valore di questo commercio è vertiginosamente aumentato del 1.600 % in dieci anni. Un commercio così redditizio è difficile che non sia alla fine notato dalle organizzazioni mafiose.
“Il livello di criminalità organizzata coinvolto in questo traffico è alto”, ha dichiarato il Direttore del Traffico nel Sud Est Asiatico Kanitha Krishnasamy. “Stiamo parlando di individui e gruppi in grado di acquisire, accumulare, imballare, immagazzinare, trasportare, distribuire e redistribuire nei vari continenti, con molti altri passaggi intermedi di questa catena commerciale. Sarebbe un’impresa impossibile senza una macchina ben organizzata in funzione”.
Infatti, man mano che le leggi hanno cominciato a considerare più seriamente il contrabbando di specie selvatiche, il coinvolgimento di gruppi criminali – specialmente i cinesi – è diventata una necessità logistica. Lo dichiara il Dr.Daan Van Uhm, Assistant Professor al Willem Pompe Institute for Criminal Law and Criminology dell’Università di Utrecht. Infatti, egli dice, ci sono prove che i contrabbandieri di specie selvatiche ed i trafficanti di droga hanno cominciato a lavorare insieme per contrabbandare prodotti di alto valore in Cina.
La collaborazione con i cartelli di trafficanti di droga significa adottare il loro approccio al business, con conseguenze tremende per le foreste e per le specie in pericolo. Come spiega Felbab-Brown, un’organizzazione criminale che traffica cocaina si aspetta di perdere il 60% dei suoi carichi a causa dei controlli delle autorità. Per prevenire tutto questo, semplicemente essi ordinano il 60% di cocaina in più dagli agricoltori che li riforniscono. Quando questa regola viene applicata al traffico di specie selvatiche, però, lo stesso approccio ai rifornimenti ha conseguenze catastrofiche.
“Se si considera che nel contrabbando di scaglie di pangolino si perdono il 50% delle spedizioni perché il 50% dei carichi sarà scoperto e sequestrato, allora si ordina di uccidere il 50% in più di pangolini”, afferma. Chiaramente, un approccio che si concentra solo sui sequestri e non abbastanza sullo smantellamento dei cartelli stessi, è destinato a rendere il problema anche peggiore.
Un altro problema è che i turisti cinesi e la loro diffusione porta di frequente con loro la domanda. A Sihanoukville, una città di mare della Cambogia ora dominate da gruppi criminali e piena di casinò di proprietà cinese, la quantità di avorio in vendita è 11 volte di più di quanto era solo pochi anni fa.
“Nello stesso momento, il numero di turisti cinesi è raddoppiato” spiega il Dr.Gray. “Queste probabilmente non sono coincidenze, in particolare quando si vede anche che il bando dell’avorio in Cina sta forse spostando alcuni dei suoi mercati verso paesi con regole meno restrittive del Sud Est dell’Asia, in particolare Cambogia, Myanmar e Laos”.
I cartelli del crimine organizzato non solo usano Sihanoukville come mercato per l’avorio ma anche come nodo di transito. Il sequestro record di 3,2 tonnellate di avorio dal Mozambico nel 2018 ha dimostrato tutta la sbalorditiva espansione del traffico.
“Abbiamo chiaramente osservato che l’incremento della presenza di cittadini cinesi è associata a significativi incrementi del bracconaggio e del consumo di specie selvatiche” sostiene Felbab-Brown.
Un altro chiaro esempio è dato dalla Zona Economica Speciale del Triangolo D’Oro tra Laos, Myanmar e Thailandia – e dalle città di confine come Boten (in Laos) e Mong La (in Myanmar). Una joint-venture da molti miliardi di dollari tra il governo Laotiano e la mega corporazione Kings Roman Group, di Hong Kong. Qui tutto è cinese: la lingua, la valuta ed anche l’orario.
L’organizzazione era, ufficialmente, tesa a promuovere investimenti in un angolo remoto del Laos del Nord. Centri commerciali, aree industriali ed anche un aeroporto internazionale facevano parte delle proposte dell’iniziativa per incrementare la crescita economica nella provincia di Bokeo nel nord ovest. Ed invece è stata trasformata in un parco giochi per visitatori cinesi che desiderano giocare d’azzardo, frequentare prostitute nei molti nuovi centri massaggi della città, mangiare animali in via di estinzione e comprare liberamente pelli di tigre e zanne di elefante in liberi mercati all’aperto. Oggi è diventato uno dei luoghi di transito principali nel mondo per il traffico di specie selvatiche.
“Il traffico di specie selvatiche sta fiorendo senza nessuna attività di contrasto da parte delle forze dell’ordine nell’area”, dice Van Uhm. “Così, in sostanza, potreste comprare piuttosto facilmente qualsiasi cosa vogliate. Da un corno di rinoceronte all’avorio, al bucero”.
Anche collegamenti di basso livello rendono ovunque semplice alimentare la domanda. Van Uhm descrive come gli abitanti di villaggi in Myanmar, Laos e Thailandia hanno sviluppato contatti con intermediari cinesi coinvolti nel traffico, contribuendo a fare da ponte tra i bracconieri e gli acquirenti finali. E spiega: “Alcuni cinesi si sono trasferiti in altri paesi del Sudest dell’Asia e da lì hanno posto le basi dei loro traffici illegali, con piccoli negozi come drogherie e di oggetti per la casa come copertura”.
Felbab-Brown concorda: “Abbiamo visto moltissime volte che dovunque le attività di cinesi incrementano la loro presenza, c’è un aumento di bracconaggio e contrabbando di particolari animali locali verso la Cina e l’Est dell’Asia” afferma.
Ed ancora, come parte dell’iniziativa della Via della Seta, Pechino sta investendo miliardi nel Sud Est Asiatico con progetti di ferrovie, ponti e grandi infrastrutture. Questo inevitabilmente incoraggerà il business della soddisfazione dei gusti dei cinesi, inclusi i commerci illegali di specie selvatiche. Nel frattempo, la crescente influenza della Cina nella regione, rende i governi dei paesi più piccoli riluttanti a criticare il comportamento dei suoi emissari.
I cartelli criminali globali senza dubbio giocano un ruolo enorme nel traffico di specie selvatiche, ma molti esperti sono cauti nel prendere un approccio punitivo.
“C’è una tendenza al fallimento nelle politiche relative alle forze dell’ordine ed all’addestramento di tipo militare”, spiega la Prof. Rosaleen Duffy, un’esperta in traffico e bracconaggio di specie selvatiche dell’Università di Sheffield. “Queste non affrontano gli aspetti delle disuguaglianze e povertà che potrebbero indirizzare le persone all’economia del bracconaggio”. Sarebbe molto più utile, afferma, trattare il tema come un problema di sviluppo, lavorando sul ridurre la domanda e predisporre livelli di vita sostenibili.
Duffy sottolinea che i fallimenti che conquistano l’attenzione non tengono in considerazione le attività di scala minore, meglio divulgati con l’istruzione. “Si potrebbe avere un commerciante di piante davvero entusiasta, che vende la sua merce su eBay”, dice. “Il venditore può così spedire la merce illegale, senza neanche sapere che sta commettendo un reato”. L’impatto a catena può essere molto dannoso per l’ambiente, ma non riceve attenzione dalle agenzie governative.
La Prof. Tanya Wyatt, una Green Criminologist all’Università di Northumbria ed esperta di commercio di specie selvatiche, è più cinica. “È un problema di finanziamenti”, dice. “Se sei vittima del crimine organizzato o combatti il terrorismo, ci sono più possibilità di ricevere finanziamenti”.
Difficile da discutere. Il governo Britannico ha investito più di 23 milioni di sterline in 75 progetti per combattere il commercio illegale di specie selvatiche dal 2013. Solo 14 di questi progetti, del valore di 4.4 milioni di sterline, sono stati destinati a ridurre la domanda, all’impegno delle comunità ed a mezzi di sostentamento alternativi. Il resto è stato prevalentemente concentrato verso il contrasto al crimine organizzato nel traffico, rivolgendosi contro i bracconieri, le reti di contrabbando ed il riciclaggio, ed inoltre fornendo addestramento e potenziamento delle capacità alle forze dell’ordine.
Un altro problema è che le leggi intese ad inibire il bracconaggio sono spesso ignorate dalle comunità locali, che guardano ad esse – non senza una giustificazione – come ad un retaggio del colonialismo. Come Duffy puntualizza, molte leggi che vietano alle comunità locali di usare le specie selvatiche locali furono create inizialmente a beneficio dei cacciatori europei. Queste leggi devono essere urgentemente riviste per affrontare i problemi sociali ed ecologici oggi sul campo.
Infine, molto come nella Guerra globale alle droghe, ignorare i fattori guida e fissarsi semplicemente sulle imposizioni è come combattere una battaglia già persa.
“Non c’è alcun dubbio che in USA hanno grandissimi incentivi e grandissime motivazioni a bloccare il traffico di droghe negli Stati Uniti”, dice Felbab-Brown. “hanno destinato cifre altissime, nell’ordine dei $40 miliardi di dollari all’anno in questo sforzo. È un paese con grandi risorse ed il cento per cento di motivazioni per conseguire questo scopo. Eppure, il rifornimento di droghe verso gli Stati Uniti non è calato”.
Ad oggi, gli sforzi verso la proibizione sono stati deludenti. La Cina ha vietato l’importazione di prodotti di avorio nel 2017, ma mentre la domanda si è quasi dimezzata, resta ancora a livelli insostenibili. Peggio ancora, non ha fermato i bracconieri dall’uccidere gli elefanti (semplicemente usano altre parti dell’animale). Vanda Felbab-Brown spiega che i trafficanti hanno cominciato a produrre gioielli fatti con sangue, pelle e grasso di elefante, producendo con successo un “capriccio” in Cina che prima non esisteva. Questa è una cattiva notizia specialmente per le popolazioni a rischio degli elefanti asiatici in tutto il Sudest asiatico. Dato che questi non sempre hanno le zanne, erano in genere soggetti a caccia meno dei loro cugini Africani, ma ora sono a rischio nello stesso modo.
Alcuni conservazionisti credono che fornendo vie legali per comprare specie selvatiche a rischio sia l’unico modo per abbattere il bracconaggio. Se severamente regolati, la caccia sostenibile di specie a rischio e l’allevamento di animali rari molto richiesti offrono due possibili alternative al bando totale.
Altri temono che questa zona grigia nasconde o legittima anche le attività di mercato nero. In presenza di prodotti illegali e consentiti fianco a fianco si crea confusione e si manda un messaggio sbagliato ai consumatori. Il certificato di origine potrebbe essere falso, regalando ai trafficanti un modo per trasportare e vendere parti di animali in pericolo nell’impunità.
“Quando si entra in quest’area grigia ci sono tante scappatoie per il riciclaggio e la corruzione”, dice Wyatt. “Penso che questo sia il maggior problema. Quando un settore legale dell’allevamento si trova in un luogo dove c’è corruzione, non funzionerà mai”.
La corruzione è così comune che anche i centri di allevamento che dichiarano di esistere a scopi conservativi sono spesso trovati a macellare i loro animali per profitto. La Environmental Investigation Agency con sede a Londra stima che il 38% delle parti di tigre ed animali vivi sequestrati provengono da allevamenti legali di tigri. Quando il famigerato “Tiger Temple”, un’attrazione turistica in Thailandia gestita da monaci, fu chiusa nel 2016, i funzionari trovarono 40 cuccioli ammassati in un freezer, altri 20 conservati in barattoli e 1.600 oggetti fatti con pelle, ossa e denti di tigre.
Van Uhm descrive una visita in un allevamento di tigri nel nord della Cina in cui dei vini di ossa di tigre erano venduti liberamente da centinaia a migliaia di euro a bottiglia. “Lo pubblicizzano come Vino di ossa di tigre, ma è etichettato in latino come contenente ‘leone’”, racconta. L’errore di etichettatura era fatto intenzionalmente per confondere le forze dell’ordine, ma coloro che lavoravano nell’allevamento insistevano che era vero.
Malgrado i consumatori cinesi siano senza dubbio i più dannosi, demonizzarli non è di aiuto. Questo in parte perché anche l’Unione europea e gli Stati Uniti sono, come dice Wyatt, “assolutamente grandi consumatori di specie selvatiche che dovrebbero tenere in ordine le loro case”, ma anche perché il problema non può essere affrontato senza il loro coinvolgimento e il loro consenso. Il traffico illegale di specie selvatiche può avere termine solo se i bracconieri hanno modi migliori per guadagnarsi da vivere e quando la richiesta per le loro prede termina.
Finora i compratori cinesi sono stati lasciati al di fuori del discorso. Come puntualizza il Dr. Gray, “dobbiamo impiegare più cinesi nelle ong che si occupano di conservazione in Cambogia per poter adeguatamente intervenire sul mercato Cinese che senza dubbio prevale nel commercio di specie selvatiche”.
Può esserci un’altra e ben più impellente ragione perché i compratori si fermino e prendano nota. Sembra che il traffico illegale di specie selvatiche abbia ora innescato una importante crisi sanitaria internazionale.
Per anni gli esperti in malattie hanno messo in guardia che il crescente contatto tra esseri umani, bestiame e specie selvatiche rischia di esporci a milioni di batteri e virus sconosciuti contro i quali il nostro sistema immunitario è del tutto impreparato. Quando questi si spostano dalle specie selvatiche al corpo umano, possono mutare in “malattie da zoonosi” potenzialmente letali, come l’ebola e la Sars.
In Cina, i pangolini catturati in natura sono spesso venduti vivi in mercati all’aperto – incluso l’ormai famoso mercato di Wuhan, che si crede sia stato l’origine dell’epidemia di Coronavirus che ha ucciso finora quasi 3mila persone. Malgrado siano spacciati per prodotti medicinali, le ultime ricerche mostrano che questi pangolini sono probabilmente i portatori del virus che hanno fatto da tramite tra i pipistrelli e gli uomini, portando alla chiusura totale di una delle più importanti città industriali della Cina e più di 30mila casi di infezione nel resto della Cina ed oltre.
Chiaramente, trasportare specie selvatiche in posti dove non dovrebbero trovarsi, potrebbe avere conseguenze disastrose, come anche far capire ai compratori che proprio loro possono avere un impatto molto maggiore nel porre termine a questo commercio rispetto ad una manciata di condanne.