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Kirill, patriarca ortodosso della Chiesa di Mosca, era una spia del Kgb? Questa la clamorosa rivelazione di Le Matin Dimanche e Sonntagszeitung, due testate svizzere che hanno compiuto un’inchiesta approfondita su documenti riservati di agenzie di sicurezza occidentali accostando ai servizi di spionaggio sovietici l’attuale Patriarca di Russia, “falco” pro-governo nella guerra in Ucraina.

Proprio in Svizzera Kirill avrebbe operato durante la Guerra fredda sfruttando la neutralità di Berna nel conflitto bipolare che vedeva l’Occidente e Mosca guardarsi in cagnesco nel Vecchio continente. “Mikhailov” sarebbe stata l’identità di Kiril mentre si trovava a Ginevra per rappresentare in prima persona il Patriarcato di Mosca al Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), organo animato dallo spirito del Concilio Vaticano II. Ginevra era città-ponte per la Guerra fredda, la diplomazia bipolare, i punti d’incontro tra l’Europa e l’Est.



Il ruolo di Kirill

L’obiettivo dei sovietici sarebbe stata su quel fronte la spinta ad ammorbidire gli attacchi del Cec all’assenza di libertà religiosa in Unione Sovietica e di mettere in campo attività di lobbying a favore del blocco comunista nella città che avrebbe avuto modo di trasformarsi nella capitale del dialogo bipolare ai tempi di Ronald Reagan e Mikhail Gorbacev.

Kirill non sarebbe stato esclusivamente un agente d’influenza, quanto piuttosto sarebbe rientrato in un gruppo ristretto di uomini e donne “soggetti al controllo del Kgb”, secondo quanto racconta l’inchiesta.

Il Cec ha confermato che i suoi organi “non hanno informazioni” su questo argomento mentre il nipote di Kiril, Mikhail Goundiaev, che oggi ricopre lo stesso ruolo, ricorda ai due quotidiani che lo hanno contattato che lo zio “non era un agente, anche se era soggetto a scrutinio severo” delle sue attività da parte della Lubjanka.

Kirill è un uomo centrale nel sistema di potere di Vladimir Putin. Ha plasmato il ritorno della Chiesa ortodossa al centro dello Stato. Ha promosso, al contempo, un legame stretto tra potere politico e mondo religioso, un nuovo cesaropapismo che in passato ha contribuito alla sinergia tra trono e altare, come nel ruolo giocato per l’avvicinamento al Vaticano, ma negli anni è diventato sempre più a senso unico.

Trasformando Kirill nel “cappellano del Cremlino” prima e soprattutto dopo l’invasione dell’Ucraina. Per il suo sostegno e appoggio alla guerra di Putin è stato inserito nella lista di figure sanzionate nel Regno Unito da giugno 2022. L’Unione Europea non l’ha invece inserito per il ruolo ungherese nel mediare la sua esclusione.

Kirill è peraltro inseribile nell’elenco degli oligarchi per un patrimonio stimato tra i 4 e gli 8 miliardi di euro. “Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, la Chiesa ortodossa ha ricevuto privilegi ufficiali tra cui il diritto di importare alcol e tabacco esenti da dazi”, ha fatto notare Avvenire. “Negli anni in cui Kirill era a capo del dipartimento delle relazioni ecclesiastiche estere, il patriarcato aveva incamerato 75 milioni di dollari all’anno a partire dal 1995. Tra i beni a sua disposizione vi sarebbe una villa a Gelendzhik sul Mar Nero, vicina a quella di Putin, oltre a uno yacht sul quale è stato anche fotografato”. Già gli archivi dell’Unione Sovietica avevano fatto trasparire l’idea di una vicinanza tra Kirill e il Kgb, ma non si aveva conferma della sua destinazione o del ruolo preciso che ricopriva quando aveva iniziato a collaborare.

“Glielo si leggeva in faccia”

L’inchiesta svizzera sembra aggiungere elementi di precisione del ruolo di Kirill nello spionaggio sovietico. Un ruolo di quinta colonna che però non dovrebbe destare scalpore secondo il professor Aldo Giannuli, docente di Storia del mondo contemporaneo all’Università degli Studi di Milano fino al 2022 ed esperto d’intelligence. “Si poteva leggere in faccia a Kirill che fosse vicino al Kgb”, dichiara Giannuli a InsideOver, “e questo è comprensibile anche dal fatto che parla la stessa lingua di Vladimir Putin, anche lui ex spia, sull’Ucraina”.

Del resto, “le ricchezze favolose accumulate da Kirill seguono la scia di molti ex membri degli apparati di sicurezza ascesi a posizioni di potere”, ma al contempo “è chiaro che nei decenni post-Seconda guerra mondiale la Chiesa ortodossa cercasse un punto di dialogo con il potere di Mosca” e che questo abbia aperto a un ruolo più importante dei servizi di sicurezza”.

“La Chiesa ortodossa”, spiega Giannuli, viene “a patti con il potere sovietico nel dicembre 1941, dopo l’invasione tedesca”, quando Stalin riscopre anche l’identità della Santa Russia contro i nazisti, e “da allora cerca un modus vivendi con l’Unione Sovietica”. Logico pensare che “questo rapporto sia andato nelle due direzioni”, con “influenze reciproche ben comprensibili nel mantenimento di basi di potere e privilegi da parte della Chiesa ortodossa russa, ampliatisi dopo la caduta dell’Urss”.

In quest’ottica, “è chiaro che figure come Kirill abbiano funto da ponti tra i due mondi“, dato che in Russia ogni sfera di potere non è mai veramente slegata dal sacro e il sacro è sempre, in un modo o nell’altro, legato a doppio filo con gli apparati politici. Valeva per l’Urss e vale anche per la Russia di Putin. Tra i cui mondi Kirill ha costruito una graduale e inesorabile ascesa.

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