Santa Sofia continuerà ad essere il cuore pulsante ed il simbolo della cristianità ortodossa, meta di pellegrinaggio da tutto il mondo e geograficamente localizzata tra Occidente e Oriente. Ma non si tratterà della stessa Santa Sofia di Istanbul, che è stata riconvertita in moschea lo scorso 10 luglio, quanto di una nuova costruzione che vedrà luce in Siria nei prossimi anni.

La Siria è un Paese che non conosce pace da quasi un decennio, dapprima vittima di uno scontro fratricida e in seguito martoriata da una guerra con l’autoproclamato Stato islamico, perciò è apparsa sin da subito il teatro perfetto in cui far sorgere un luogo destinato ad essere un ponte tra fedi e civiltà in un’epoca caratterizzata dalla costruzione di muri e barriere.

Avviati i cantieri

Nella giornata del 5 settembre, secondo quanto riportato dal portale di informazione Al Masdar News, con sede in Libano ma noto per essere un megafono della famiglia Assad, sono ufficialmente iniziati i lavori di costruzione della nuova chiesa: la posa della prima pietra è avvenuta. Alla cerimonia hanno preso parte delegazioni del governo siriano, del governo russo e della chiesa ortodossa siriaca.

Sulla pietra fondante è stata inciso il seguente messaggio, destinato ad essere trasmesso alla posteriorità: “Durante il regno del presidente Bashar Hafez Al-Assad, presidente della Repubblica Araba di Siria, [con] la benedizione di Nicolas Baalbaki, vescovo di Hama, e dei suoi subordinati, e [con] la benedizione della Federazione Russa, rappresentata dal comandante delle forze russe operanti nella Repubblica Araba di Siria, il generale Alexander Yuryevich Chaiko, è stata posta la pietra fondante della Chiesa di Santa Sofia, presentata da Nabel Shafiq Alabdalla in ricordo dei martiri di Al Skeilbiyyeh, della Siria e dei suoi alleati, e come tributo alla Grande Santa Sofia”.

Si legge ancora che “questo passo è stato supportato e benedetto dai capi religiosi cristiano-ortodossi sia in Siria che in Russia, che lo hanno considerato un gesto di solidarietà con la madre chiesa di Santa Sofia e come una garanzia che il presidente turco non riuscirà a cancellare i tratti di questo (luogo di culto) nella lista dell’Unesco, che ha avuto un impatto globale e ha giocato un ruolo centrale nella storia cristiana per 1500 anni”.

Il luogo di culto, pensato per fungere da ponte in un’epoca di muri, sorgerà ad Al Skeilbiyyeh, una città a maggioranza greco-ortodossa sita nella parte occidentale del governatorato di Hama, nella Siria centrale, ed è stato annunciato al pubblico mondiale il 29 luglio, all’indomani della riconversione in moschea di Santa Sofia, avvenuta il 10 dello stesso mese al termine di un breve ma intenso braccio di ferro diplomatico che ha visto la Turchia scontrarsi con diversi governi occidentali e con le chiese ortodosse dell’Europa orientale.

La celerità con cui è stato dato avvio ai cantieri sembra essere l’indizio che la nuova chiesa vedrà realmente luce, poiché vi è un interesse concreto e apolitico alla base del progetto, e che l’inaugurazione potrebbe avere luogo in tempi brevi.

Il progetto

La piccola Santa Sofia sorgerà ad Al Skeilbiyyeh, una città a maggioranza greco-ortodossa sita nel governatorato di Hama, nella Siria centrale, e verrà realizzata con capitale siriano e russo. Pensata per essere una chiesa in grado di ricordare la basilica che per secoli è stata il simbolo della cristianità ortodossa, diventando poi il sigillo dell’islam e dell’impero ottomano dopo la cattura di Costantinopoli, la sua costruzione è stata svelata al pubblico il 29 luglio dal governo siriano.

Il credito dell’intera operazione è di Nabel Alabdalla, il capo della Forza di difesa nazionale, che ha presentato l’idea al governo, al contingente russo in loco e, ovviamente, alla chiesa greco-ortodossa, ottenendo un riscontro positivo da ognuno dei tre. Una volta ricevuto l’appoggio finanziario del governo e del Cremlino, oltre che la benedizione del vescovo metropolita dell’arcidiocesi greco-ortodossa di Hama, Nicolas Baalbaki, Alabdalla ha elaborato in tempi rapidissimi un piano di costruzione grazie alla collaborazione di architetti russi, dopo di che ha donato un proprio terreno: il terreno sul quale sta venendo costruita la futura cattedrale.

Alabdalla, con questo gesto, vuole mostrare al mondo che una coesistenza tra cristianesimo e islam è possibile e che, per ogni politico impegnato a strumentalizzare la religione e a sventolare la bandiera dello scontro di civiltà per fini elettorali, vi sarà sempre qualcuno disposto a lottare nel nome del dialogo tra fedi e civiltà. Non vi era e non vi è luogo migliore della Siria per un simile gesto: dilaniata fino a ieri dal fondamentalismo omicida e terroristico dello Stato Islamico, oggi è pronta a rinascere e a riconquistare l’antico e storico ruolo di paradiso interconfessionale.

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