Il silenzio dell’Europa sulle drammatiche vicissitudini dei cristiani è stato sempre evidente. Forse perché nell’immaginario collettivo del Vecchio Continentale le persecuzioni contro i cristiani sono finite durante l’impero romano prima che il cristianesimo diventasse religione di Stato? O forse perché l’Europa ha completamente smarrito la sua anima cristiana? In questo contesto di “disorientamento” il caso di Asia Bibi si è rivelato fortemente emblematico. La donna accusata di blasfemia per 10 anni, ha trovato asilo in Canada mentre l’Europa rimaneva silente.
L’incubo di Asia Bibi
Il credo religioso di Asia Naurīn Bibi ha rappresentato una certezza fondamentale della sua vita, al punto da ritrovarsi catapultata in una situazione che mai avrebbe potuto immaginare nemmeno con la più spiccata fantasia. Nell’ormai lontano giugno del 2009 hanno avuto inizio dieci lunghi anni di sofferenza in nome della libertà religiosa. Con cinque figli da crescere e mantenere assieme al marito Ashiq Masih, Asia era una lavoratrice agricola del Pakistanimbattutasi un giorno in un diverbio con delle donne musulmane che volevano impedirle di prendere l’acqua per come le era stato ordinato per portare avanti il lavoro nei campi. Asia, secondo le altre donne, non doveva mettere le mani sul recipiente in quanto cristiana. Pochi giorni dopo le stesse protagoniste del diverbio hanno denunciato ad Asia alle autorità locali affermando che in quello scontro lei avrebbe offeso Maometto. Da qui ha avuto inizio il calvario della vittima.
Picchiata, stuprata e arrestata senza alcuna prova, nel 2010 è stata emessa nei suoi confronti la sentenza di condanna a morte per blasfemia da un tribunale del distretto di Nankana . Anni di soprusi, vissuti dentro una piccola cella in condizioni fisiche e psichiche assolutamente precarie superate solo grazie allo spirito di fede che non ha mai abbandonato Asia. Nel 2014 l’ Alta Corte di Lahore ha confermato la pena capitale per la carcerata. Nel 2015 è aperto il primo spiraglio di luce per la Bibi: la Corte Suprema ha infatti sospeso la pena capitale. La sentenza di assoluzione definitiva per insufficienza di prove è stata emessa 3 anni dopo: Asia Bibi veniva assolta perché il fatto non era stato commesso.
Il silenzio dell’Europa su Asia Bibi
Promotrice della tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, l’Europa però non è mai intervenuta sul caso di Asia Bibi. A nulla sono valsi i continui appelli lanciati in ogni parte del mondo dai personaggi di maggior rilievo nello scenario internazionale: la questione sembrava essere solo un problema di carattere personale della sola Asia e della sua famiglia. Il fatto che la donna al termine del processo si sia trasferita in Canada assieme al marito e alle due figlie sotto falso nome è l’emblema di questa assenza.
Dubbi che non ha una spiegazione: “L’assenza di reazione dell’Europa – afferma l’avvocato Elisabetta Aldrovandi su InsideOver – è preoccupante e inspiegabile, poiché riflette una debolezza a livello di politica internazionale che, anche per la collocazione geografica del Vecchio Continente , non ci possiamo permettere. E mi chiedo quale sia il motivo di questo atteggiamento neutrale, di cui sarebbe opportuno fornire spiegazioni ufficiali”.
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“La storia di Asia Bibi – prosegue l’avvocato Aldrovandi – è terrificante e al contempo emblematica del fatto che esistono ancora Stati in cui la libertà religiosa è solo formale, e in cui basta nominare invano il dio della religione” ufficiale “per essere condannati a morte “. L’esperienza di Asia Bibi è la storia di tante persone che, come lei, devono patire pene e sofferenze pur di proteggere il proprio credo religioso. Persecuzioni , accuse e condanne che non hanno motivo di esistere:” Il problema, a mio avviso – continua Elisabetta Aldrovandi – non era che Asia Bibi avesse o no offeso Maometto, ma la reazione giudiziaria e sociale contro chi si permette di farlo, che giustifica torture e trattamenti disumani contro persone che, in realtà, non hanno commesso nessun crimine nel senso in cui questo termine va inteso. E che in ogni caso mai possono essere giustificati, neppure contro il peggiore dei delinquenti. Su questo comportamento e questa mentalità – conclude – tutta la comunità internazionale dovrebbe intervenire, perché Asia Bibi non è l’unica ad aver subito queste ingiustizie e si è salvata soltanto perché è riuscita a fuggire in Canada ”.
Il contesto pakistano
C’è un episodio, all’interno della vicenda di Asia Bibi, che meglio di ogni altro elemento può esprimere l’arco sociale e politico in cui tutto è avvenuto. Si tratta, in particolare, dell’omicidio di Salmaan Taseer . Musulmano ma profondamente legato a valori laici, Taseer era governatore della regione pakistana del Punjab quando nel 2010 è stato uno dei primi rappresentanti politici pakistani ad andare a trovare in carcere Asia Bibi. Questo gesto gli è valsa la condanna a morte da parte degli estremisti islamici: il 4 gennaio 2011 Mumtaz Qadri , una delle sue guardie del corpo, ha ucciso il governatoreassumendo come movente proprio la sua visita ad Asia Bibi e la sua contrarietà alla legge contro la blasfemia. Sta proprio qui la delicatezza della situazione pakistana, la cui società è perennemente in bilico tra le aspirazioni verso la costituzione di uno Stato moderno e le pressioni sempre più pesanti impresse dagli estremisti.
Una fragilità che ha origini molto lontane, risalenti al momento stesso della nascita del Pakistan. Ali Jinnah, padre della Patria, era affascinato dall’ideologia di Ataturk, fondatore della moderna Turchia, e dalla possibilità di coniugare Islam e laicità. Quando nel 1947 ha dato vita al nuovo Stato pakistano, retto proprio dalla necessità di garantire agli indiani musulmani una propria Patria, ha sempre immaginato un Paese in grado di accogliere le minoranze religiose. Ma a distanza di decenni, le ideologie più radicali hanno coinvolto strati sempre più larghi della società. Il concetto stesso di Patria islamica è stato estremizzato e strumentalizzato dalle fazioni fondamentaliste. E oggi chi in Pakistan difende le minoranze rischia di essere perseguitato al pari dei cristiani stessi. I giudici che nel 2018 hanno definitivamente assolto Asia Bibi vivono sotto scorta. Chi ha dato ragione alla donna cristiana, teme ogni giorno per la sua vita.
“Libertà di culto violata nel silenzio del resto del mondo”
La liberazione di Asia Bibi per i cristiani pakistani e per il Pakistan stesso può considerare una vittoria a metà. Perché se è vero che oggi la donna ha potuto riprendere in mano la sua vita, è anche vero che la situazione dei cristiani e delle minoranze da allora non è migliorata. I nodi venuti al pettine con quella vicenda sono ancora spine molto dolorose poste costantemente sui fianchi della società pakistana. Asia Bibi non ha subito soprusi e violenze soltanto in quanto donna, ma anche in quanto cristiana. Dopo di lei però, altre donne e altri uomini hanno subito la stessa sorte: “Sicuramente il fatto che Asia Bibi fosse una donna e vivesse in un ambiente rurale non l’ha aiutata – sostiene Elisabetta Aldrovandi – data la forte disuguaglianza tra uomo e donna , istituzionalmente riconosciuta, ancora sussistente in quella parte del mondo.
In questo contesto, lo stesso avvocato ha ricordato un altro episodio simile di cui al momento si parla molto poco, quello cioè di Asif Pervaiz : “Quest’uomo di 37 anni è in carcere dal 2013 – ricorda Aldrovandi – ed è stato condannato a morte per blasfemia in quanto si sarebbe rifiutato di convertirsi all’Islam come imposto dal suo datore di lavoro ”. La stessa accusa che riguardava Asia Bibi, la stessa sorte da cui la donna è riuscita a fuggire soltanto dopo anni di violenze in carcere: “Si tratta – ha concluso l’avvocato – di una situazione di gravissima lesione della libertà e dei diritti umani perpetrata” da anni nei confronti di uomini e donne, nel silenzio inaccettabile del resto del mondo ”. Per Asif, vieni per migliaia di cristiani in Pakistan, anche questo Natale trascorrerà tra paura e terrore. Il tutto nell’indifferenza da parte dei Paesi europei.