Il parlamento della repubblica del Montenegro ed il governo guidato da Milo Djukanovic porteranno nelle aule di discussione un progetto di legge sulle “libertà di religione e sui diritti legali delle organizzazioni religiose“. Il disegno di legge prevede, tra le altre cose il censimento delle strutture dedicate ai culti religiosi, cui organizzazioni ecclesiastiche dovranno fornire adeguata documentazione relativa ai diritti di proprietà dell’immobile. Nel caso gli immobili non risultino in possesso delle comunità da prima dell’unificazione con la corona jugoslava del 1918, essi dovranno tornare nelle mani dello Stato e, se sfruttati a titolo religioso, obbligherà le comunità a riconoscere l’affitto per i locali utilizzati.
Fedeli e Fronte Democratico difendono la Chiesa
I fedeli ortodossi del Montenegro sono scesi in strada per protestare contro il disegno di legge proposto dal partito democratico socialista di Djukanovic, sostenendo che la mossa sia un chiaro attacco alla loro comunità. Le proteste maggiori si sono riscontrate nella giornata di giovedì 26, con i fedeli di Podgorica in protesta davanti al parlamento nazionale e che nella giornata di venerdì 27 hanno portato agli arresti di 18 esponenti del Fronte democratico, partito di opposizione della repubblica balcanica e fortemente legati alla confessione serba. Le accuse riguardano il l’episodio del “finto esplosivo” per cercare di dissuadere il parlamento montenegrino dalla discussione della proposta di legge, approvata comunque nella giornata di venerdì 27 dal gruppo parlamentare di Djukanovic.
Secondo quanto dichiarato da Igor Yakimchuk e riportato dall’agenzia di stampa Nova la natura della legge non porterà a nessun miglioramento delle libertà confessionali, danneggiando soltanto l’equilibrio politico interno del Paese. A causa dell’opera di difesa dei valori tradizionali portata da sempre in campo dalla Chiesa serbo-ortodossa che adesso rischia di venir meno, il Paese – sempre secondo il patriarca russo – rischia di cadere nelle mani delle influenze estere senza avere adeguati filtri interni.
Scontro Stato-Chiesa
Con i suoi 66 monasteri, la Chiesa ortodossa serba rappresenta la più grande comunità di fedeli del Paese, pari ad oltre il 70% della popolazione. Nonostante la legge sia estesa anche alle altre religioni monoteiste (principalmente Islam e Cristianesimo), il numero maggiore di disordini si è presentato all’interno della comunità di maggioranza. Data la difficoltà nel reperimento della documentazione a causa dei conflitti che hanno interessato i Balcani nel secolo scorso, la maggioranza delle chiese montenegrine è a rischio confisca da parte dello Stato. Il massimo rappresentate dell’organizzazione religiosa nel Paese ha già dichiarato la volontà di far ricorso agli organi di giustizia internazionali, se necessario.
All’origine della mossa parlamentare, secondo i fedeli ortodossi, ci sarebbe l’avversione reciproca tra la fede di maggioranza e l’apparato statale del Paese. Nonostante la separazione dalla Serbia sia avvenuta in modo pacifico, l’unità spirituale tra i due Paesi ha reso molto forti i legami della popolazione con Belgrado, osteggiando le misure di apertura verso l’Unione europea portate avanti dalla politica negli ultimi anni. Le comunità ortodosse si sono sempre distinte per il loro forte attaccamento alla tradizione jugoslava.
La differente visione futura del Paese sarebbe dunque alla base dello scontro tra i potere temporale e quello spirituale del Montenegro, destinato a continuare per tutto l’iter parlamentare della proposta di legge. Nonostante le promesse da parte di Djukanovic di non aver intenzione di confiscare le proprietà delle confessioni, le parole del presidente non sono servite a calmare gli animi dei manifestanti, che hanno occupato le strade della capitale montenegrina. Le proteste e le accuse che interesseranno la scena politica del Montenegro rischiano di diventare una grossa gatta da pelare per Djukanovic; soprattutto adesso che si sta paventando la possibilità di entrare nell’Unione europea.