Almeno ottantatre persone sono state uccise in Nigeria dal 31 dicembre. In gran parte per scontri tra pastori di bestiame musulmani e agricoltori cristiani. Queste morti mettono in pericolo gli sforzi del presidente Muhammadu Buhari di portare sicurezza e stabilità in Nigeria, un impegno centrale della sua campagna elettorale nel 2015.
Mandriani musulmani, principalmente del gruppo etnico Fulani, e agricoltori cristiani spesso si scontrano sull’uso della terra nelle parti centrali del paese. Nella regione le differenze religiose e culturali hanno spesso acceso conflitti sanguinari.
A partire dal nuovo anno, il numero di scontri si è intensificato, con oltre 100 morti segnalate negli stati di Benue e Taraba. I combattimenti sono stati particolarmente pesanti nello stato di Benue, dove sono state uccise 80 persone e 80.000 sono stati gli sfollati.
Terve Akase, capo segretario stampa del governatore di Benue, ha precisato: ”Gli attacchi sono avvenuti in villaggi molto remoti”. Come nel vicino stato di Taraba, ad est, almeno 12 persone sono state uccise in attacchi simil in pochi giorni.
Ibrahim Idris, ispettore generale della polizia nigeriana, ha detto che il paese è al sicuro, anche se più polizia è stata dispiegata nello stato di Benue per affrontare le violenze. “Quello per cui dovremmo pregare è che i nigeriani imparino a vivere in pace gli uni con gli altri”, ha affermato Idris.
Truppe armate nigeriane sono state dispiegate in più di 30 dei 36 stati per combattere questo stato di insicurezza. Ciò ha fatto sollevare diverse critiche nei confronti della polizia. A novembre, almeno 30 persone appartenenti a una comunità di allevatori di bestiame, compresi bambini piccoli, sono state uccise in uno scontro nello stato nord-orientale di Adamawa.
L’esercito nigeriano ha troppi fronti da affrontare. Il dispiegamento delle forze in più Stati rischia di sovraccaricare eccessivamente l’esercito. Ha migliaia di truppe che combattono contro Boko Haram nel nord-est. Altre truppe operano nel delta del Niger, ricco di petrolio, dove gruppi indipendentisti chiedono di partecipare alla ricchezza petrolifera.