“Nel mondo milioni di cristiani continuano a vivere emarginati, in povertà, ma soprattutto discriminati e in pericolo. Dopo due anni di pandemia vogliamo tenere acceso un faro su questa oppressione e aiutare Aiuto alla Chiesa che Soffre Onlus a portare conforto e sostegno ai fedeli di tutto il mondo: in particolare coloro che vivono in Libano, Siria e India“
Per le strade di Beirut si è parlato, con una sottile ironia tragicomica, di “Santa Closed”. L’ultimo Natale in Libano di fatto è stato vissuto così. Tutto chiuso, dai negozi alle grandi catene di distribuzione. Non per la pandemia questa volta, bensì per una “quarantena economica” ben più grave. La crisi finanziaria che sta attanagliando l’intero Paese sta avuto tragiche conseguenze anche nel periodo di festa. E se questo ha rallentato la corsa agli acquisti e ha reso ancor più palese lo stato di necessità in cui versano molte famiglie libanesi, sotto il profilo spirituale per i cristiani libanesi il Natale ha significato difficoltà e preoccupazione.
Difficile anche andare a messa
L’atto religioso per un fedele a Natale è quello di recarsi in Chiesa a mezzanotte. Un rito che certamente anche in Libano, il più cristiano tra i Paesi arabi, è molto sentito. Ma in certi casi sono mancate le più semplici condizioni logistiche per farlo. Basta mettersi nei panni di una famiglia media cristiana libanese per capirne il motivo. A Beirut, come nel resto del Paese, l’erogazione di energia elettrica è garantita soltanto per due ore al giorno. Molte abitazioni hanno luce unicamente grazie ai generatori a diesel. Ma non tutti possono permetterselo. Tante case sono quindi rimaste al buio e in una situazione del genere difficilmente un’intera famiglia lascia la casa nel cuore della tarda serata per andare nella Chiesa più vicina. Se poi il luogo di culto è lontano, non tutti sono nelle condizioni di sacrificare quel poco di benzina a disposizione per prendere un’auto. Chi si è avventurato verso una cattedrale o anche una chiesetta di quartiere, ha attraversato una Beirut buia, spenta, senza luce per strada, senza un popolo pronto ad accogliere il Natale.
Beneficiario: Aiuto alla Chiesa che Soffre ONLUS
Causale: EROGAZIONE LIBERALE – ILGIORNALE PER I CRISTIANI CHE SOFFRONO
IBAN: IT23H0306909606100000077352
BIC/SWIFT: BCITITMM
Per altre informazioni puoi consultare la scheda del progetto
Esempi di una vita quotidiana che possono rendere l’idea di quanto sta accadendo nel Paese dei Cedri. E di quanto la vita dei cristiani da queste parti sia molto più che difficile. Vero che in Libano gli scontri settari sono al momento al rango di “spettri” possibili che aleggiano sul futuro. Ma è altrettanto vero che senza luce e senza cibo è ugualmente impossibile celebrare ogni festa. Il Natale dei libanesi è stato surreale. Secondo le stime della Banca Mondiale, il 77% delle famiglie non hanno abbastanza soldi per comprare cibo. Più dei due terzi della popolazione non ha accesso ai servizi di base. Lo stesso cenone natalizio è rimasto quindi un miraggio. Chi se lo è potuto permettere è stato grazie a parenti giunti da fuori con in tasca soldi liquidi da poter spendere in una delle ultime attività aperte. Un Natale, a sentire molti abitanti di Beirut e delle città a maggioranza cristiane, “cancellato” dalla crisi. La stessa che, del resto, sta spremendo ogni giorno via la vita dall’ex Svizzera del medio oriente.
Le prospettive future
Il Natale però, al netto delle difficoltà nel celebrarlo, è stato anche un momento di preghiera e riflessione. Molti libanesi, anche non cristiani, hanno visto nella ricorrenza e nelle celebrazioni un motivo di speranza, un modo per stringersi idealmente tutti attorno in un momento di così grave crisi. Molte parrocchie hanno avviato raccolte di generi di prima necessità, in tanti hanno risposto. Almeno stando alle testimonianze giunte via social. “C’è stata, specialmente tra i più giovani, una maggiore solidarietà che in passato”, ha dichiarato al telefono Samir, ragazzo rientrato da poco in Italia dopo aver trascorso il Natale in una località vicino Beirut.
Si tratta probabilmente dell’unico barlume di speranza in un Paese devastato, dove oltre al lavoro e ai soldi a mancare è una solida prospettiva. Dovrebbero essere avviate riforme ed essere prese decisioni per ottenere prestiti e permettere almeno la riattivazione delle centrali elettriche e l’acquisto di grano e carburante. Ma lo stallo politico e le tensioni interne stanno vanificando anche la gestione amministrativa ordinaria. I cristiani, al pari di tutti gli altri cittadini libanesi, aspettano. E, per il momento, non possono fare altro che pregare.