Come ogni Paese dell’Europa occidentale in cui ha avuto luogo l’arrivo con conseguente attecchimento ed espansione dell’islam, in Germania, periodicamente, moschee, minareti e muezzin animano il dibattito pubblico su quanto spazio occorra dare a questa fede nella società (e nella politica) e su quale potrebbe essere il futuro religioso della locomotiva d’Europa.
La questione dei muezzin
Il futuro della Germania potrebbe non appartenere alla religione di Martino Lutero ma a quella di Maometto, i numeri parlano chiaro: mentre protestanti e cattolici si riducono di anno in anno, e la stragrande maggioranza di coloro che continuano a definirsi cristiani lo sono soltanto in maniera nominale, ovvero credono ma non praticano, la popolazione musulmana è in aumento costante da diversi decenni e con essa crescono il numero delle moschee sul suolo tedesco.
A proposito di quest’ultimo punto, è degno di nota che in Germania si trovi la moschea più grande del Vecchio Continente, quella di Colonia, finanziata con capitale turco e inaugurata da Recep Tayyip Erdogan, e che si registri la presenza più fitta ed elevata di moschee dell’Europa occidentale: 2.750 quelle regolari; segue la Francia con circa 2.200.
L’incremento repentino delle moschee sul suolo tedesco, passate dall’essere virtualmente zero a toccare quota 3mila nei prossimi anni, sta avendo degli effetti sul paesaggio urbano di numerose città, che presentano uno stile architettonico molto più variegato e “islameggiante” che in passato, soprattutto quando le moschee sono affiancate dai minareti, e sullo stile di vita degli stessi tedeschi. Le comunità musulmane, dalle piccole città alle metropoli, negli ultimi tempi sono in fermento per via della questione dei muezzini, gli addetti al richiamo alla preghiera (adhan).
Il muezzin, o muezzino, è colui che dall’alto del minareto richiama i fedeli musulmani alla preghiera cinque volte tra notte e giorno, ed è un ruolo tanto importante quanto attraente. Il richiamo alla preghiera dai minareti è una situazione che divide al Germania da diversi anni: in alcune città è consentito una volta al giorno, di venerdì, mentre in altre è possibile tre volte.
Complice la pandemia, che ha costretto i luoghi di culto a chiudere le porte ai fedeli, alle moschee è stata accordata maggiore libertà di manovra e i muezzini hanno iniziato a salmodiare tre volte al giorno in numerose città – avvalendosi per la prima volta degli altoparlanti – riscuotendo un grande interesse ma riaprendo anche il dibattito pubblico su quale e quanto spazio vada dato ad una religione che è, sì, in crescita, ma rappresenta ancora una minoranza.
Come riporta Italia Oggi, Tutto è nato nella città di Oer-Erkenschwick, nella Renania settentrionale-Vestfalia, dove una coppia ha citato in giudizio la moschea locale per inquinamento acustico causa adhan. Il tribunale amministrativo ha accolto la richiesta in primo grado, salvo poi dare ragione ai titolari del luogo di culto perché “la coppia abita a un chilometro dalla moschea, il rumore dovrebbe essere sopportabile”.
Sullo sfondo del caso di Oer-Erkenschwick, le principali moschee di Germania da alcuni mesi hanno iniziato una pittoresca gara all’adhan più melodico e dolce all’orecchio, scegliendo con maggiore discrezione il proprio muezzino e caricando il richiamo alla preghiera sui propri canali ufficiali in rete, da Facebook a YouTube.
Il caso più eloquente è stato rappresentato dall’adhan trasmesso con l’altoparlante dalla moschea centrale di Duisburg, anch’esso avvenuto nel corso della pandemia, che si è rivelato un evento-simbolo per la comunità islamica tedesca e ha riscosso un enorme e inaspettato successo in termini di impatto emotivo sui presenti, tedeschi e non, e sugli internauti.
Il cristianesimo si ritira, l’islam avanza
Il 26 giugno è stato pubblicato il rapporto annuale sulla condizione del cattolicesimo in Germania da parte della Conferenza Episcopale Tedesca. A colpire maggiormente è che ogni singolo dato analizzato e preso in considerazione, dalla somministrazione dei sacramenti alla partecipazione alle messe, è in diminuzione rispetto agli anni precedenti. Nel 2019, 272.771 persone hanno deciso di abbandonare deliberatamente la chiesa cattolica, in aumento significativo rispetto alle 216.078 del 2018.
Nel complesso, aggiungendo i decessi agli abbandoni volontari dei fedeli, la comunità cattolica tedesca si è ristretta dello 0.5% in un solo anno: la percentuale sul totale della popolazione è diminuita dal 27.7% del 2018 al 27.2% del 2019, ovvero da 23 milioni di persone a 22 milioni e 600mila. I numeri sono ancora più impressionanti se si considera che, esattamente dieci anni fa, i cattolici rappresentavano il 30% della popolazione totale.
La crisi di fede non è limitata alla chiesa cattolica perché sta travolgendo ugualmente anche le chiese protestanti. Nel 2019, la Chiesa Protestante Tedesca ha registrato la fuga di 270mila fedeli, il 22% in più rispetto all’anno precedente, per un totale di 427mila persone in meno (includendo i decessi). Numeri simili sono stati forniti dalla Chiesa Evangelica di Germania, che raggruppa 20 sigle del mondo protestante, i cui membri sono diminuiti da 21 milioni e 140mila a 20 milioni e 700mila, dal 2018 al 2019; un calo di 440mila unità.
La situazione nel mondo islamico è invece radicalmente diversa. Secondo il Pew Research Center, fra il 2010 ed il 2016, i musulmani ufficialmente censiti sono aumentati da 3 milioni e 300mila a quasi 5 milioni, incrementando la propria esposizione percentuale sul totale della popolazione dal 4.1% al 6.1%. Anche in assenza di ondate migratorie da aree a composizione islamica, si prevede un aumento di tale percentuale all’8.7% entro il 2050, ossia 6 milioni di persone. In presenza di flussi migratori continui e regolari, come accaduto negli anni recenti, entro metà secolo i musulmani potrebbero invece rappresentare dal 10.8% al 19.7% della popolazione; in termini numerici si tratterebbe di una cifra compresa fra 8 milioni e 500mila e 17 milioni e 500mila di persone.
I tre scenari formulati dal Pew, per quanto verosimili, potrebbero presentare delle cifre sottostimate. Un rapporto della Conferenza Islamica Tedesca pubblicato nel 2012 sosteneva che, in quell’anno, i fedeli musulmani nel paese sarebbero stati il 7% della popolazione totale, ovvero 5 milioni e 600mila. I dati dell’ente potrebbero essere più realistici per un semplice motivo: non utilizzano come unico metro di rilevazione i censimenti e i dati sull’immigrazione, ma tengono in considerazione anche le conversioni.
Ogni anno, migliaia di tedeschi disincantati dal cristianesimo decidono di pronunciare la shahada, la testimonianza di fede con cui si formalizza l’adesione all’islam, e la loro esistenza è tanto palese per le organizzazioni islamiche che ignorata dalle autorità federali. Pur in assenza di cifre ufficiali sul fenomeno, si stima che i tedeschi rinati nell’islam possano essere più di 100mila.
Il futuro di Berlino non appartiene a Lutero
La trasformazione religiosa della Germania, la culla del protestantesimo e della rifioritura del cattolicesimo nel secondo dopoguerra, è una realtà di cui occorre prendere atto. Numeri sui fedeli a parte, altrettanto eloquenti sono i dati sulle chiese che chiudono i battenti e sulle moschee che proliferano. Fra il 1996 ed il 2016, la Germania ha perduto più di 3mila parrocchie, scese da 13.329 a 10.280.
Mentre la realtà cristiana si restringe, fra emorragia di membri, calo di vocazioni al sacerdozio e chiese che chiudono, il panorama islamico si allarga. Anche in questo caso, numeri sui praticanti a parte, un quadro fedele della situazione può essere fornito volgendo lo sguardo sulla proliferazione delle moschee. Contrariamente alle controparti cattoliche e protestanti, i luoghi di culto islamici crescono e, nell’ultimo quarantennio, sono passati dall’essere virtualmente inesistenti all’essere verosimilmente 2.750.
Sulla base della presenza o meno di immigrazione dai paesi musulmani, che fino ad oggi sono stati il principale bacino di reclutamento di manodopera per il mercato tedesco, e dando per duratura la tendenza della scristianizzazione, l’islam potrebbe aspirare a consolidare il proprio ruolo di terza grande religione del paese o a diventare la prima. In entrambi i casi, una cosa è certa: il futuro della Germania non appartiene al cristianesimo.