“Nel mondo milioni di cristiani continuano a vivere emarginati, in povertà, ma soprattutto discriminati e in pericolo. Dopo due anni di pandemia vogliamo tenere acceso un faro su questa oppressione e aiutare Aiuto alla Chiesa che Soffre Onlus a portare conforto e sostegno ai fedeli di tutto il mondo: in particolare coloro che vivono in Libano, Siria e India

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A spaventare in Libano è sempre stata la violenza. Durante e dopo la guerra civile che ha funestato il Paese dal 1975 al 1990, le fazioni o i gruppi terroristici attivi nel territorio non hanno mancato di far sentire la propria presenza. Ma adesso a spaventare di più è la crisi economica. La quale sta colpendo tutti. Dai cristiani ai musulmani, dai membri del ceto medio di Beirut fino ai contadini della valle della Beqqa. Da anni il Libano non ha una vera stabilità politica, i vari governi al potere non hanno attuato riforme. Oggi, complici anche le conseguenze dell’esplosione del porto della capitale del 4 agosto 2020, mancano le materie prime. Dal carburante fino alla farina e alle medicine. Le riserve statali sono molto limitate e non ci sono soldi per acquistare ciò che serve. Il risultato è quello di un fallimento sociale, prima ancora che economico e politico. In un contesto del genere la comunità cristiana è messa a dura prova. Sono sempre di più i cristiani libanesi pronti a fare le valigie per vivere meglio altrove.

L’allarme del patriarca Joseph III

In Libano sono presenti diverse comunità cristiane. Del resto il Paese dei cedri nel mondo arabo è quello dove è più alta la presenza cristiana. Almeno il 35 o 40% dei cittadini si professa cristiano, anche se non è possibile sapere con esattezza i numeri in quanto anche un semplice censimento in Libano potrebbe aggiungere ulteriori problemi. Oltre i maroniti e i cattolici, ci sono anche le chiese patriarcali fedeli al Papa. Tra queste è da annoverare la Chiesa cattolica sira. A ottobre il patriarca siriaco Ignatius Joseph III Younan, parlando con alcuni rappresentanti dell’associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre, è stato lapidario: “Temiamo la fine dei cristiani in Libano”. Una paura basata non tanto e non solo sulle recenti tensioni politiche, molto gravi e in grado di culminare in scontri armati per le strade di Beirut, quanto sulla crisi economica in atto. “Qualora questa crisi continui – è il pensiero del patriarca – temiamo sia la fine dei cristiani in Libano e in tutto il vicino Oriente nel giro di pochi anni. Normalmente quando i cristiani partono, come è successo in Iraq, Siria e Turchia, non tornano”.

Beneficiario: Aiuto alla Chiesa che Soffre ONLUS
Causale: EROGAZIONE LIBERALE – ILGIORNALE PER I CRISTIANI CHE SOFFRONO
IBAN: IT23H0306909606100000077352
BIC/SWIFT: BCITITMM
Per altre informazioni puoi consultare la scheda del progetto

I numeri parlano chiaro. Ad ottobre è emerso un dato inquietante da parte della Banca Mondiale. In particolare, almeno l’80% della popolazione vivrebbe oggi al di sotto della soglia di povertà. Tutto è partito con il collasso del sistema bancario, unico punto fermo dell’economia libanese. Le riserve all’interno delle banche sono andate progressivamente assottigliandosi, mentre dall’altro lato la spesa pubblica ha subito un’accelerazione anche per l’arrivo di 1.5 milioni di profughi dalla vicina Siria. Il debito nel 2020 ha sforato il tetto del 170%, lo Stato non è stato più in grado di pagare creditori e fornitori. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e l’esplosione del porto di Beirut ha dato il colpo di grazia a un’economia già stremata. Senza carburante, senza elettricità (la corrente viene erogata, se tutto va bene, due ore al giorno e molte famiglie hanno luce solo grazie ai generatori a diesel), il sistema non può ripartire. Per cui oggi ai libanesi non manca solo pane e benzina, alla gran parte dei cittadini manca anche una prospettiva futura. Le aziende stanno chiudendo, gli impiegati pubblici rischiano di non avere più stipendi, la povertà in questo contesto è destinata ad aumentare.

La crisi economica potrebbe fare più danni del terrorismo

In un contesto del genere, chi può scappa. E, come detto dal patriarca Joseph III, chi scappa poi difficilmente torna. Dal Libano in tanti stanno provando a fuggire. I sunniti, così come gli sciiti. E ovviamente i cristiani. Il capitolo riguardante la comunità cristiana è più doloroso. In medio oriente le chiese da circa un decennio stanno subendo gravi persecuzioni. Il terrorismo prima e l’avvento dell’Isis tra Siria e Iraq poi hanno determinato un grave ridimensionamento della presenza cristiana nella regione. Il Libano sembrava un’oasi tranquilla. Qui i maroniti ancora oggi costituiscono la comunità religiosa più numerosa. Ma si è iniziato a fuggire anche da qui, dal Paese arabo “culla” della cristianità in medio oriente. Costretti da una situazione insostenibile, sempre più famiglie stanno cercando riparo altrove, soprattutto in Europa. Quello che in tanti anni il terrorismo non è riuscito a fare in Libano, lo sta facendo la crisi economica. Con danni forse ancora maggiori.

Perché la “persecuzione” è latente e non evidente. Non ci sono attentati o miliziani inneggianti alla jihad a far scappare i cristiani. Le comunità si stanno lentamente svuotando in silenzio, giorno dopo giorno, con l’avanzare del disastro sociale in cui è piombato il Libano. L’atteggiamento dell’occidente non aiuta. In Europa in pochi si stanno accorgendo delle difficoltà dei cristiani. Dopo l’esplosione di Beirut, sono stati irrisori gli aiuti. La stessa ricostruzione di molti storici quartieri cristiani della capitale, distrutti dalla deflagrazione, sta procedendo a rilento e con poche risorse arrivate dal Vecchio Continente. La crisi economica sta mettendo a dura prova le comunità libanesi. Se anche da queste parti il cristianesimo dovesse spegnersi, in medio oriente lo spazio per le chiese è destinato a diventare sempre più ridotto.

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