La Francia dice stop al “separatismo islamico”: lo fa con il progetto di legge Darmanin-Schiappa, voluto fortemente da Emmanuel Macron fin dall’inizio del 2020, nel tentativo di riportare la religione islamica nell’alveo della legge francese e lontana da velleità politiche. È con il termine “separatismo” che il titolare dell’Eliseo da tempo suole indicare quel coacervo di fenomeni sociali che avrebbe creato una Francia parallela, spesso legata al degrado e all’isolamento delle banlieue, dove i cittadini di fede musulmana continuano a scegliere l’Islam come unica legge e regola di vita, mostrandosi refrattari ai valori secolari della République française.

Il discorso di Macron

Per presentare lo storico provvedimento Macron non ha scelto un luogo a caso, bensì la banlieue di Les Mureaux, una quarantina di chilometri da Parigi, il cui sindaco ha adottato politiche di integrazione di successo. Nel discorso di apertura, che avrebbe dovuto citare le diverse fratture e i differenti “separatismi” che affliggono la Francia contemporanea, il presidente ha scelto di focalizzarsi sull’Islam radicale. L’Islam “oggi vive una crisi in tutto il mondo”, ha tuonato il primo cittadino francese, riferendosi anche alle nuove aspirazioni temporali e politiche che, in molte aree del Pianeta, stanno dettando una linea molto dura in politica estera.

A fargli da eco i due fautori della legge: “Penso che la Francia sia malata di insicurezza. Continuo a pensare che ci siano atti di barbarie e un imbarbarimento di una parte della nostra società», spiega il Ministro Darmanin, mentre la Sottosegretaria Schiappa ha sottolineato come «Negli ultimi tre anni circa 250 luoghi problematici sono stati chiusi, ma rimangono zone grigie. Vediamo che a volte le istituzioni non possono agire in assenza di cornice giuridica. Questa legge ci permetterà di essere più severi”.

I pilastri della riforma

Il testo riforma l’omologa legge del 1905, poi riveduta e corretta appena due anni fa. La legge del 1905 sulla separazione fra Chiesa e Stato è il testo fondatore della laicità alla francese, i cui articoli 1 e 2 (la libertà di culto e il divieto per lo Stato di essere una fonte di finanziamento) restano i principi ispiratori che non verranno meno nel nuovo testo ma messi a nuovo in una Francia che cambia e che spesso, negli ultimi anni, si è piegata sotto i fendenti del terrorismo islamico. Quasi sempre, infatti, si è trattato di giovani francesi ed europei, che hanno covato la propria sete di sangue nei luoghi difficili del Paese dove la voce di Parigi arriva fioca. Proprio per questo, prima dell’approdo in Parlamento, si attendono le proposte e i contributi ulteriori di altri Ministeri (Istruzione, Comunità, Sport, Salute) affinché l’approccio al radicalismo diventi sistemico e passi anche per un mea culpa delle istituzioni: se l’autoghettizzazione è, infatti, un aspetto del problema, Macron ha ammesso in primis, con un “ci siamo costruiti da soli il nostro separatismo”, la completa abdicazione dello Stato in alcune aree.

Presentando la legge sulla separazione, Macron ha indicato i cinque pilastri del nuovo testo. Il primo consiste in un insieme di misure di ordine e di neutralità del servizio pubblico, ricordando ad esempio che spesso i rappresentanti locali sono messi sotto pressione da gruppi o comunità che chiedono a gran voce uno stato di eccezione. Il secondo riguarda le associazioni e le organizzazioni, quei settori della vita associata che sono più facilmente permeabili verso il fondamentalismo. Coloro che sostengono l’Islam radicale identificano questi come gli spazi più efficaci per diffondere idee, fornire servizi che le associazioni laiche o lo Stato non forniscono. Una sorta di welfare islamico che usa il bisogno, l’indigenza e l’assenza di Parigi per riscuotere proseliti. Vi saranno, inoltre, nuove ragioni ammesse per lo scioglimento di associazioni e organizzazioni: tra queste anche l’attentato alla dignità della persona o pressioni fisiche o psicologiche.

Il terzo pilastro si concentra sulla scuola che, nella visione del presidente “deve formare cittadini, non fedeli”. Macron ha annunciato che a partire dal prossimo anno l’istruzione a scuola diventerà obbligatoria per tutti a partire dai tre anni, mentre l’educazione parentale e l’istruzione a domicilio saranno concesse solo in casi gravi e per motivi di salute: questo per sottrarre i più piccoli a qualsiasi forma di costrizione familiare, esercitando un controllo sulla radicalizzazione dei più giovani, con particolare attenzione a bambine e giovani donne. Tuttavia, la proposta di introdurre l’arabo nelle scuole sembrerebbe una delle nuove opzioni praticabili, per favorire lo scambio tra lingue e culture e facilitare l’integrazione.

Il quarto pilastro è stato definito da Macron l’“Islam dei Lumi”. Il presidente sostiene che quando la legge del 1905 fu votata l’Islam non era ancora così presente in Francia. Per questa ragione, nel disegno di Parigi c’è l’idea di aiutare l’Islam francese a strutturarsi come partner della nazione e non come sottogruppo isolato. Da qui scaturisce ancora una sterzata nei confronti della formazione degli imam: stop, dunque, alla formazione del clero islamico in Turchia, Marocco e Algeria e via libera alla formazione di imam francesi con istruzione francese. L’ultimo pilastro mette insieme potenziamento del welfare e deleghe sul territorio: riguarderà il rafforzamento della “presenza repubblicana” con un incremento di risorse in dotazione ai servizi pubblici territoriali in modo da non creare zone grigie in cui il radicalismo possa coltivare il suo seme.

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