“Nel mondo milioni di cristiani continuano a vivere emarginati, in povertà, ma soprattutto discriminati e in pericolo. Dopo due anni di pandemia vogliamo tenere acceso un faro su questa oppressione e aiutare Aiuto alla Chiesa che Soffre Onlus a portare conforto e sostegno ai fedeli di tutto il mondo: in particolare coloro che vivono in Libano, Siria e India

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“Non ci sono lebbrosi, solo la lebbra, e si può curare”: questa celebre frase basterebbe, da sola, a dimostrare la profondità della lezione di Madre Teresa di Calcutta, la religiosa albanese che nel subcontinente indiano visse una lunga esperienza di assistenza e carità, di soccorso agli ultimi e di promozione delle esistenze dei più fragili nel quadro di un Paese che, anno dopo anno, scopriva una contraddittoria via verso lo sviluppo.

La Chiesa cattolica venera oggi come santa, a poco meno di venticinque anni dalla morte, la minuta ed energica religiosa albanese che in un’occasione, venendo presentata all’Assemblea Generale dell’Onu come “la donna più potente della terra”  rispose dicendo: “Io sono soltanto una suora che prega. Gesù mette il suo amore nel mio cuore e io vado a portarlo ai poveri di tutto il mondo, ai poveri che incontro”. Non a caso Papa Francesco ha fortemente voluto completare la sua canonizzazione, avvenuta il 4 settembre 2016 nel pieno del Giubileo della Misericordia.

La storia di Madre Teresa, nata nel 1910 a Skopje nell’attuale Macedonia e morta nel 1997, è tra le maggiormente note tra quelle dei santi e dei grandi operatori di carità a noi contemporanei. Ma rappresenta anche il più vivido capitolo del profondo, e spesso celato, legame tra l’India e il cristianesimo. Un legame che è rimasto, a lungo, serbato nell’intimità ma non è mai scomparso, portando a consolidarsi strada facendo una storia millenaria, che risale agli albori stessi della cristianità. Mettendo più volte in luce il ruolo determinante dei cristiani nel promuovere la crescita della società indiana.

Lo dimostra il fatto che ancora nei primi giorni della pandemia di Covid-19, a marzo 2020, le Missionarie della carità, le suore di Madre Teresa, hanno operato nella metropoli indiana dove la santa ha a lungo operato, distribuito cibo e razioni per 40mila famiglie, e destato l’ammirazione dell’arcivescovo, monsignor Thomas D’Souza. Anche nella tempesta della pandemia le Missionarie della carità sono rimaste sulla linea del fronte, operando nel cuore della battaglia in mezzo alle vittime del Covid, tra i poveri e i dimenticati che rischiavano l’insicurezza alimentare di fronte alle minacce del virus e ai disagi della quarantena nazionale. Seguendo, sul campo, l’esempio di Madre Teresa: farsi forza di promozione sociale, strumento di carità contro povertà e disuguaglianze.

Beneficiario: Aiuto alla Chiesa che Soffre ONLUS
Causale: EROGAZIONE LIBERALE – ILGIORNALE PER I CRISTIANI CHE SOFFRONO
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Le Missionarie della Carità a Calcutta hanno iniziato prestando conforto a ogni forma di emarginazione sociale: malati di lebbra, giovani ragazzi madre escluse dalla società, paria, poveri ridotti a soffrire la fame, carcerati, famiglie disagiate. Il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica Vaticana, ha definito Madre Teresa dopo averla conosciuta “una finestra dalla quale Dio si è affacciato e ha sorriso all’umanità ed ha seminato speranza”.

Dalla fondazione dell’ordine nel 1950 alla morte, instancabile, Madre Teresa è diventata un testimone vivente, inconfondibile con il suo sari bianco e azzurro. Come ricordato da Il Sussidiario“con l’espansione dell’Ordine in tutto il mondo, le Missionarie della Carità si ritroveranno in prima fila anche contro la fame e le guerre – la prima casa fuori dall’India risale al 1965, su volontà di Papa Paolo VI”, vedendo la luce a Cocorote, in Venezuela. Fu poi la volta di sedi in Africa, America, Asia ed Europa nel corso degli anni Settanta, Ottanta e Novanta. Nel 1979, inoltre, “fu premiata con il Nobel per la pace per il suo impegno per i più poveri tra i poveri e il suo rispetto per il valore e la dignità di ogni singola persona”. Dall’anno precedente, in Papa Giovanni Paolo II Madre Teresa ebbe un alleato nella promozione della sua battaglia a favore dei dimenticati dei Paesi in via di sviluppo e di tutto il mondo.

Madre Teresa fu figura di taglia mondiale ma seppe identificarsi profondamente con la città di Calcutta e con l’India, che a sua volta seppe ricordare l’operato della sua congregazione. Quando Madre Teresa morì, il 5 settembre 1997, l’India le riservò solenni funerali di Stato, che videro un’enorme folla a cui parteciparono fedeli tutte le religioni, esponenti internazionali, autorità religiose. Nawaz Sharif, primo ministro del Pakistan, allora impegnato nel contenzioso politico con l’India che avrebbe portato alla ripresa dei test atomici negli anni successivi, tributò un omaggio importante alla religiosa di origini albanesi, dichiarando che Madre Teresa era “un raro e unico individuo che ha vissuto a lungo per più alti scopi. La sua lunga vita di devozione alla cura dei poveri, dei malati e degli svantaggiati è stata uno dei più grandi esempi di servizio alla nostra umanità”. Un esempio di unità in un Paese e in una regione dalla lunga storia, complessa e articolata, in cui l’esempio della storia cristiana può fornire una traccia per creare un clima di concordia e convivenza pacifica. Nel nome di chi nell’aiutare gli ultimi non faceva differenza riguardo a storie personali, religione e appartenenza etnica.

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