Nella foto di gruppo davanti all’altare i genitori sorridenti stringono tra le braccia i loro piccoli avvolti in abitini di tulle bianco e trina confezionati per l’occasione. Quella immortalata dal fotografo può sembrare una scena comune. Se non fosse che quei tredici neonati, otto maschi e cinque femmine, sono stati appena battezzati nella chiesa caldea di San Giorgio a Telskuf, uno dei luoghi di culto cristiani profanato e distrutto dai jihadisti dell’Isis nella Piana di Ninive, in Iraq.  

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I miliziani islamisti vi avevano fatto irruzione nell’estate del 2014, durante l’invasione dei villaggi cristiani della regione. La furia iconoclasta dei mujaheddin si era abbattuta sugli altari e sulle statue della Vergine, decapitate e date alle fiamme. Ma ora barbarie, morte e distruzione restano soltanto un ricordo, seppur terribile. L’8 dicembre scorso i sacerdoti sono tornati a celebrare la Messa sull’altare sfregiato dagli islamisti e riportato a nuova vita grazie all’impegno di numerosi benefattori. E quello che poco più di un anno fa si presentava come un villaggio spettrale, con le strade vuote fiancheggiate da palazzi ridotti in macerie, ora può tornare a sperare. La speranza, a Telskuf, ha il volto di quei tredici bimbi in fasce, il cui battesimo è stato celebrato nel giorno dell’Epifania. Sono loro “la nostra risposta alla violenza subita”, ha detto all’agenzia di stampa Sir, padre Salar Kajo, parroco caldeo del villaggio cristiano della Piana di Ninive.

“Volevano distruggere la nostra fede, questa è la nostra risposta”, continua fiero il sacerdote, che nell’omelia ha sottolineato come “queste creature siano un vero segno di rinnovamento per tutti”. Devastata dall’odio settario, Telskuf si è quindi vestita a festa per accogliere nella propria comunità i tredici piccoli. E ora i suoi abitanti sono determinati a “ricostruire tutto ciò che la violenza cieca dello Stato Islamico ha distrutto”. “La vita per noi è fede, croce, sofferenza, ma adesso anche molta speranza”, ha assicurato il religioso sentito dal Sir.

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In occasione della riconsacrazione della chiesa di San Giorgio, lo scorso dicembre, l’arcivescovo caldeo di Erbil, monsignor Bashar Matti Warda, aveva auspicato che la riapertura del luogo sacro potesse rappresentare “un potente incentivo per il ritorno dei cristiani” a Telskuf e in tutta la regione. Sono ancora migliaia, infatti, quelli sfollati nella capitale del Kurdistan iracheno che aspettano di poter fare ritorno alle proprie abitazioni distrutte dalla ferocia dell’Isis.

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