A Cuba la religione potrebbe riuscire laddove non hanno avuto successo l’embargo, le operazioni ibride ed anche i tentativi militari, come il celebre sbarco nella baia dei porci: ossia rovesciare il comunismo. Non sarà, però, il cattolicesimo a guidare il cambiamento rivoluzionario, quanto l’evangelicalismo che, lentamente, sta conquistando interi strati della società e, a parte l’interesse nelle battaglie culturali, è anche caratterizzato da un elemento: l’ostilità verso il regime rivoluzionario.
I numeri di un mutamento silenzioso
L’America latina ha cessato di essere il “continente cattolicissimo” per eccellenza da almeno un ventennio e, anzi, si appresta a diventare a maggioranza protestante nei prossimi decenni. La de-cattolicizzazione è già una realtà in Honduras, Guatemala, Cile e Paraguay, e sta procedendo a ritmi serrati soprattutto in Brasile, che fra il 2040 ed il 2050 potrebbe trasformarsi nella nuova terra promessa dell’evangelicalismo.
Si tratta di una rivoluzione che porta con sé, chiaramente, anche conseguenze profonde dai punti di vista politico e culturale, essendo gli evangelici portatori di visioni del mondo nettamente divergenti da quelle dei cattolici e che fungono da corollario spirituale ideale della sempreverde dottrina Monroe.
Con la fine delle persecuzioni religiose sancita da Fidel Castro nel dopo-guerra fredda, il cristianesimo è tornato a svolgere un ruolo centrale nella società cubana, le chiese più antiche sono state restaurate e nuove sono state costruite, cattoliche, protestanti ed ortodosse. Ogni confessione può vantare una comunità florida e vivace, ma una in particolare sta risaltando per l’attivismo sociale e l’esposizione nella politica: quella evangelica.
Dagli anni ’80 ad oggi le confessioni appartenenti alla galassia protestante sono passate dall’essere virtualmente inesistenti ad essere seguite dal 10% della popolazione. Nell’isola proliferano le chiese dei pentecostali, degli avventisti, dei testimoni di Geova, il cui proselitismo ed esposizione pubblica sono di gran superiori a quelli dell’istituzione cattolica.
Durante la campagna per la riforma costituzionale di quest’anno, i predicatori protestanti hanno guidato il fronte conservatore nella battaglia culturale sui diritti lgbt, giocando un ruolo fondamentale nell’impedire che la nuova carta potesse aprire al riconoscimento dei matrimoni omosessuali. I leader delle chiese hanno organizzato una campagna anti-lgbt imponente basata su comizi e dibattiti pubblici, tappezzamento delle strade di manifesti e cartelloni, quasi-monopolio mediatico, lobbismo sulla classe politica.
Politici e ricercatori concordano: l’ascesa dell’evangelicalismo è stata ed è eterodiretta da Washington con l’obiettivo di plasmare il paese dall’interno e facilitare la transizione democratica. Alla tremenda crisi economica che ha colpito il paese dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica ha fatto seguito l’arrivo di gruppi di predicatori statunitensi che, Bibbie a parte, sarebbero stati carichi di denaro e beni basici come cibo, vestiti, detergenti, che sono stati utilizzati per avvicinare e convertire gli strati più poveri della popolazione.
Le chiese godono di un’incredibile dotazione in termini di capitale ed il denaro viene gestito meticolosamente, diviso per progetti o investito. Questa gestione delle comunità secondo un modus operandi da impresa ha consentito ai predicatori di accrescere la loro visibilità ed il loro potere, seguendo uno schema che ricorda molto quello brasiliano.
Evangelici contro il governo
Da alcuni anni le chiese operanti nell’isola hanno palesato l’ambizione di voler dar vita ad una “alleanza evangelica” che riunisca e tuteli gli interessi della crescente comunità religiosa, ma la recente morsa inaugurata dal governo sta ostacolando la realizzazione del progetto. Sebbene il conservatorismo sociale sia in parte sostenuto dall’ideologia di partito, aumenta la diffidenza verso gli evangelici fra i vertici del paese, che sono sempre più ritenuti una quinta colonna degli Stati Uniti anche per via del loro crescente attivismo antigovernativo in forma di appelli internazionali, flash-mob, denunce sui media e inviti alla mobilitazione.
Si tratta di un’ipotesi corroborata anche dall’inchiesta del giornalista Tracey Eaton, che ha pubblicato una lista di progetti all’estero finanziati dalle amministrazioni Obama e Trump e dalla quale emerge il forte interesse per la promozione dell’evangelicalismo a Cuba. Dalla Casa Bianca sarebbero stati stanziati circa due milioni e 300mila dollari fra il 2009 ed il 2017 per supportare le attività dell’Evangelical Christian Humanitarian Outreach for Cuba.
Questa organizzazione, che ufficialmente si occupa di combattere la povertà e aiutare le chiese operanti nell’isola, è stata fondata da Teo Babùn. L’uomo, proveniente da una ricca famiglia di esuli ed anti-castristi, è oggi impegnato nella diffusione del pentecostalismo e dei valori democratici non soltanto a Cuba, ma in tutta l’America centrale.
Le sue attività non sono passate inosservate e a febbraio di quest’anno Granma, il quotidiano ufficiale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cubano, gli ha dedicato un servizio approfondito, accusandolo di portare avanti un’agenda segreta mirante a destabilizzare il regime rivoluzionario sotto la falsa bandiera della libertà religiosa.